Il sistema di riconoscimento facciale Sari “non è in uso in ambito dell’attività della direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere e non ha ambiti diversificati a seconda dei soggetti (cittadini italiani, migranti ecc…) bensì un sistema che a regime funzionerà in modo indifferenziato a supporto delle attività investigative”.
Lo ha chiarito il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, in un question time alla Camera, in risposta all’interrogazione dei deputati dem Enrico Borghi e Filippo Sensi.
Negli ultimi anni l’utilizzo della tecnologia di riconoscimento facciale da parte delle forze di polizia (e le relative implicazioni in fatto di privacy e tutela dei dati personali) anima un dibattito non solo all’estero, ma anche in Italia.
Tanto che il Pd aveva presentato già l’anno scorso un’interrogazione parlamentare per chiedere al Viminale alcuni chiarimenti sull’utilizzo del software Sari, il sistema automatico di riconoscimento delle immagini.
Ecco tutti i dettagli sulle nuove delucidazioni fornite dal ministero dell’Interno.
L’INTERROGAZIONE DEL DEPUTATO FILIPPO SENSI
Come si legge nell’interrogazione firmata dal deputato Pd, Filippo Sensi, “secondo un’indagine della testata giornalistica IrpiMedia, il Ministero dell’Interno sarebbe intenzionato a sviluppare questo sistema per utilizzare il riconoscimento facciale in tempo reale sui migranti: «sistema tattico per monitorare le operazioni di sbarco e tutte le varie tipologie di attività illegali correlate, videoriprenderle ed identificare i soggetti coinvolti»; la stessa indagine sostiene l’esistenza di un progetto, esteso questo a tutti i cittadini, il sistema Sari Real-Time, pensato a «supporto di operazioni di controllo del territorio in occasione di eventi e/o manifestazioni» in tempo reale”.
I CHIARIMENTO DEL MINISTRO LAMORGESE SUL SISTEMA DI RICONOSCIMENTO FACCIALE
Lamorgese ha ricordato che il ministero dell’Interno “ha avviato un progetto finalizzato a introdurre un sistema automatico a riconoscimento immagini (Sari) allo scopo di garantire un efficace supporto alle attività istituzionali volte alla repressione dei reati e alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Il sistema Sari è composto da due componenti indipendenti. La prima Sari Enterprise e la seconda Sari Real Time”. (Qui l’approfondimento di Start sull’azienda che ha fornito il sofware Sari al Viminale)
COME FUNZIONA SARI ENTERPRISE
Sara Enterprise è entrato in esercizio nel settembre 2018 a seguito del parere positivo del Garante per la protezione dei dati personali. Consente di risalire all’identità di un individuo mediante il confronto dei volti rispetto a una lista di candidati selezionati tra tutte le foto segnaletiche presenti nella Banca dati Afis di identificazione delle impronte digitali. Lamorgese ha evidenziato che Sari Enterprise è un software che può essere utilizzato esclusivamente da operatori della Polizia di Stato e dell’Arma dei carabinieri, previa specifica formazione e abilitazione.
Le immagini sono acquisite sia dagli uffici di Polizia (che svolgono le indagini relative a un procedimento penale) sia dal servizio di cooperazione internazionale di polizia e della direzione centrale della polizia criminale.
I DATI PRESENTI NELLA BANCA AFIS
Come aveva precisato il Viminale l’anno scorso “nella banca dati Afis sono presenti, attualmente, 17.592.769 cartellini fotosegnaletici, acquisiti a norma di legge, corrispondenti a 9.882.490 individui diversi, di cui 2.090.064 si riferiscono a cittadini italiani. Viceversa, il Sari, essendo un software e non una banca dati, non contiene alcun dato”.
IL VIA LIBERA DEL GARANTE DELLA PRIVACY SU SARI ENTERPRISE
“Sul fronte della tutela della riservatezza, — ha ricordato Lamrgose — il Garante ha ritenuto che non configuri un trattamento nuovo di dati personali bensì solo una nuova modalità di trattamento di dati biometrici nel rispetto delle norme vigenti”.
COS’È SARI REAL TIME
“La seconda componente, ‘Real time’ — ha proseguito Lamorgese — permette invece di acquisire e trasmettere flussi video in contesti operativi differenziati attraverso un sistema multi tecnologico qualora sia necessario confrontare in tempo reale immagini con i volti presenti in una determinata banca dati”.
LA RICHIESTA DI VALUTAZIONE DA PARTE DEL GARANTE PRIVACY
Proprio su questa componente, Realtime, sono tutt’ora in corso interlocuzioni con il Garante privacy che aveva richiesto al Viminale una valutazione d’impatto sulla privacy. Il ministero dell’Interno ha riscontrato la richiesta trasmettendo al Garante il proprio documento di valutazione con il quale sono state poste in luce la specifica finalità del trattamento e le modalità di acquisizione, conservazione e cancellazione dei dati acquisiti.
Lamorgese ha precisato quindi che in attesa delle determinazioni dell’authority, la componente real time del sistema non è in uso.
UNA MORATORIA IN ATTESA DI MAGGIORE REGOLAMENTAZIONE?
In conclusione, il ministro dell’Interno ha precisato come viene usato il sistema di riconoscimento facciale in Italia ma non ha risposto alla domanda se non ritenga invece opportuno una moratoria in attesa di una migliore definizione della normativa in materia di privacy.
Come si legge nell’interrogazione parlamentare, infatti, “la risoluzione del Parlamento europeo del 20 gennaio 2021 sull’intelligenza artificiale ha invitato la Commissione europea a prendere in considerazione l’introduzione di una moratoria sull’utilizzo di tali sistemi da parte delle autorità dello Stato […] fino a quando le norme tecniche non saranno considerate pienamente conformi ai diritti fondamentali e non vi saranno rigorose garanzie contro gli utilizzi impropri in grado di assicurare la necessità e la proporzionalità dell’utilizzo di tali tecnologie”.