Prysmian, azienda italiana che realizza cavi per le telecomunicazioni e per la trasmissione di energia, ha intenzione di chiudere il suo stabilimento di Battipaglia, in Campania, per concentrare gli investimenti all’estero.
Il sito – come riporta Energia Oltre – conta trecento addetti, ma genera ulteriori seicento posti di lavoro indiretti.
COSA DICONO I SINDACATI
I sindacati FILCTEM, FEMCA e UILTEC – si legge sul Sole 24 Ore – affermano che Prysmian è “costretta a privilegiare il territorio d’Oltralpe”, ossia la Francia, “anziché quello nazionale per praticare la propria politica d’investimenti: ben 40 milioni di euro per una realtà industriale che si caratterizzerà con 45 nuovi posti di lavoro, mentre in Italia il sito di Battipaglia rischia la chiusura”.
Le tre sigle spiegano che nel bando nazionale per la fibra ottica mancano “le specifiche di competenza del ministero dell’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione, guidato da Colao. Questo mette di fatto fuori mercato il prodotto specifico realizzato in Italia”.
“Con il bando in questione”, proseguono le organizzazioni sindacali, “il ministero competente non ha ritenuto la fibra ottica come asset strategico e di conseguenza come di una materia che non abbisogna di specifiche tecniche. Una decisione inspiegabile e sbagliata”. La Francia, al contrario, ha indicato nei propri bandi “la fibra Prysmian prodotta in Francia”.
IL RUOLO DI INFRATEL (INVITALIA)
Il “soggetto attuatore” – così viene descritta – dei piani del governo sulla banda larga e ultra-larga è Infratel (Infrastrutture e Telecomunicazioni per l’Italia), società del ministero dello Sviluppo economico e parte del gruppo Invitalia.
I DAZI DELL’UNIONE EUROPEA
Sul finire del 2021 l’Unione europea ha imposto dazi fino al 44 per cento sui cavi in fibra ottica provenienti dalla Cina per bilanciare il dumping praticato da Pechino. Con dumping si intende la vendita all’estero di prodotti a prezzi inferiori a quelli fissati per il mercato interno: una politica generalmente attuata con il sostegno dello stato.
Secondo Bruxelles, tale pratica rischiava di gettare fuori dal mercato comune le aziende europee che realizzano cavi: come Prysmian, appunto, che è peraltro membro dell’associazione industriale europea (EuropaCable) che ha spinto per l’introduzione delle tariffe.
La Cina vale circa il 15 per cento del mercato europeo della fibra ottica.
COSA (NON) HA FATTO L’ITALIA
Secondo Luigi Ulgiati, vice-segretario generale dell’Unione generale del lavoro (UGL), nel bando italiano mancano le specifiche necessarie a tutelare la fibra ottica di produzione nazionale da quella di importazione cinese.
“Ci troviamo a constatare con estremo imbarazzo”, afferma il sindacalista, “che il ministero dell’Innovazione tecnologica, piuttosto che privilegiare nel bando di gara nazionale della fibra ottica un prodotto di elevata ricerca e qualità come quello prodotto negli stabilimenti della FOS (Prysmian spa) di Battipaglia, ha invece optato per una fibra di media o scarsa qualità, importata dalla Cina”.
“Riteniamo”, ha aggiunto, “che la produzione della fibra ottica italiana, debba essere considerata un asset strategico per l’Italia al pari degli altri paesi europei”.
LE DICHIARAZIONI DI PRYSMIAN SULLA FIBRA CINESE
Ad attaccare la fibra ottica cinese era stato anche Valerio Battista, amministratore delegato di Prysmian: la definì “di qualità insufficiente” e “troppo sensibile alla piegatura”, aggiungendo che il segnale trasportatovi potrebbe pertanto “tracimare” o essere “captato da un recettore”.
Oltre alla fattura, Battista contestò anche il prezzo della stesura da parte degli operatori cinesi: meno di quattro dollari a chilometro, all’ingrosso. È un prezzo inferiore al costo di produzione dei cavi di Prysmian.
PRYSMIAN, BATTIPAGLIA E LA FRANCIA
Già lo scorso novembre Battista dichiarò che l’Italia, con le sue politiche in materia di fibra, correva il rischio “di appaltare per intero l’infrastruttura ai cinesi” e di compromettere lo stabilimento di Prysmian a Battipaglia, già in perdita di 10 milioni di euro all’anno.
Invitò dunque le autorità italiane a “copiare il modello francese”. In Francia l’ente che si occupa di telecomunicazioni ha stabilito dei requisiti precisi sulla fibra ottica da utilizzare nella rete nazionale: nello specifico, ha scelto la qualità A2, che non si piega ed è quindi più sicura dai tentativi di incursione. La A2 è il tipo di fibra prodotta anche da Prysmian.
Visto il diverso quadro regolatorio, Battista spiegò che Prysmian aveva programmato degli investimenti in Francia, ma non aveva invece fatto lo stesso in Italia. Il sito di Battipaglia destina al mercato italiano solo 500mila chilometri di fibra sugli 8 milioni prodotti.
I FINANZIAMENTI DALLA BEI
Di recente Prysmian ha ottenuto il perfezionamento di un finanziamento da 35 milioni di euro da parte della Banca europea per gli investimenti (BEI). I soldi andranno a sostenere il piano di ricerca e sviluppo dell’azienda in Europa nel periodo 2021-2024.
Gli sforzi si concentreranno in particolare sui sistemi di gestione delle reti energetiche interrate e sottomarine, sui nuovi materiali per i cavi e sui cavi ibridi per l’energia e le telecomunicazione.