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Bard Google

Provaci ancora, Bard (il chatbot di Google che sfida ChatGpt)

Nella competizione tra Big Tech su chatbot e intelligenza artificiale, Google prova a recuperare terreno con Bard. Ecco come pensa di battere il rivale Microsoft (che ha investito 10 miliardi in ChatGpt) e cosa rischia

 

Dopo la falsa partenza a inizio febbraio, Google ci riprova e per migliorare il suo chatbot Bard chiede aiuto agli utenti. Per ora solo a un numero ristretto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove sarà possibile testare il rivale di ChatGpt, in cui Microsoft ha generosamente investito 10 miliardi di dollari.

IL FLOP INIZIALE DI BARD

Il 6 febbraio scorso, come scriveva Start, Sundar Pichai, Ceo di Google e della società madre Alphabet, annunciava il lancio di Bard, che sarebbe iniziato con il test da parte di pochi fidati per poi essere disponibile al pubblico nelle settimane a venire.

Tuttavia, nel corso della sua presentazione pubblica, Bard ha dato un’informazione sbagliata sul James Webb Space Telescope, il più grande e potente telescopio spaziale, che ha fatto perdere alle azioni di Alphabet il 7% del proprio valore, ovvero oltre 100 miliardi di capitalizzazione di mercato.

GOOGLE CI RIPROVA

Ed eccoci dunque al nuovo annuncio di Google che ieri ha fatto sapere che Bard – definito “un primo esperimento che consente di collaborare con l’intelligenza artificiale (IA) generativa” – verrà testato da un piccolo gruppo di utenti negli Stati Uniti e nel Regno Unito, con l’intenzione di aprirsi in futuro ad altri Paesi e lingue.

LE FUNZIONALITÀ DI BARD

Bard, come ChatGpt, è un chatbot e si basa su un modello di linguaggio di grandi dimensioni (LLM, Large Language Model) in grado di rispondere più o meno a qualsiasi domanda (come risponde è un’altra questione…).

“Potete usare Bard per aumentare la vostra produttività, accelerare le vostre idee e alimentare la vostra curiosità. Potreste chiedere a Bard di darvi dei consigli per raggiungere il vostro obiettivo di leggere più libri quest’anno, di spiegarvi la fisica quantistica in termini semplici o di stimolare la vostra creatività delineando un post per il blog”, si legge nel comunicato che arriva da Mountain View.

GOOGLE METTE LE MANI AVANTI

Nonostante le potenzialità rappresentate da tutti questi strumenti, Google – come OpenAI – ci tiene a precisare che: “Sebbene i LLM siano una tecnologia entusiasmante, non sono privi di difetti. Per esempio, poiché imparano da un’ampia gamma di informazioni che riflettono i pregiudizi e gli stereotipi del mondo reale, questi a volte si manifestano nei loro risultati. E possono fornire informazioni imprecise, fuorvianti o false, pur presentandole con sicurezza”. Le cosiddette “allucinazioni”, cioè delle risposte inventate dagli algoritmi.

Secondo i più critici, come Margaret Mitchell, scienziato capo dell’etica presso la startup Hugging Face ed ex co-capo del team etico di Google, il fatto di lavorare al progetto da anni e presentare ora Bard come un esperimento è “un trucco di pubbliche relazioni che le aziende più grandi usano per raggiungere milioni di clienti e allo stesso tempo sottrarsi alla responsabilità se qualcosa va storto”.

UTENTE AIUTAMI TU

Cosciente dunque dei limiti di Bard, Google si apre e si rivolge agli utenti per migliorare la sua creatura. “Finora abbiamo imparato molto testando Bard e il prossimo passo fondamentale per migliorarlo è ricevere il feedback di più persone […] Utilizziamo il feedback umano e la valutazione per migliorare i nostri sistemi e abbiamo anche inserito dei paletti, come il limite al numero di scambi in un dialogo, per cercare di mantenere le interazioni utili e in tema”.

PERCHÉ TUTTA QUESTA FRETTA?

Ma perché lanciarsi (di nuovo) in questa missione se il prodotto non è del tutto soddisfacente? La pressione generata da OpenAI con il lancio del suo pur imperfetto ChatGpt ha seminato il panico e la frenesia in tutti i competitor: Microsoft, oltre ad aver investito in ChatGpt, ha creato un’interfaccia conversazionale per il suo motore di ricerca Bing; Meta di Zuckerberg ha presentato LLaMA; Baidu ha risposto con Ernie Bot e anche Alibaba sarebbe sul punto di sfoderare la sua IA.

Come scrive Wired, riportando Eli Collins, vicepresidente della ricerca di Google, che lavora su Bard, la ragione di lanciare comunque il chatbot “è il valore dei dati generati dalle interazioni tra le persone e il sistema (che OpenAi e Microsoft hanno già ottenuto dopo il lancio dei loro strumenti IA)”.

“I feedback umani – ha detto Collins – sono una parte molto importante del motivo per cui stiamo lanciando Bard. Vogliamo estenderli oltre quello che abbiamo ottenuto internamente”.

IL RISCHIO DI AUTOCANNIBALIZZAZIONE

Google, tuttavia, osserva il The New Yorker, non può ignorare la “minaccia che l’intelligenza artificiale rappresenta per il modello attuale dell’azienda”. Infatti, se Bing “ci sta accompagnando allegramente nel futuro post-ricerca”, Google, nella sua corsa per raggiungere Microsoft, “deve cercare di evitare di cannibalizzarsi”, cosa che per ora sta facendo tenendo Bard separato da Google Search e definendolo “un’esperienza complementare”.

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