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Google Copyright

Oltre a Bing e Google c’è di più. Viaggio nei motori di ricerca alternativi

Per chi non vuole utilizzare i motori principali che si contendono il mercato, le alternative a Google e a Bing non si contano. Anche se grattando la superficie si scopre che i motori di ricerca che avversano Mountain View sono potenziati da Microsoft...

Agli albori di Internet era stata ipotizzata la neutralità della Rete. Prima che con Il metaverso si volesse fare di Internet un luogo speculare a quello fisico, scienziati, filosofi e politici si sono battuti perché il Web restasse un “non luogo”. E come tutti i non luoghi non avrebbe dovuto presentare vie e piazze. Perché le vie, si sa, portano alle piazze e nelle piazze trovano dimora i ricchi, che scalzano i poveri allontanandoli sempre più in periferia. Vale nel mondo reale, vale per i siti.

PRINCIPI DISATTESI

Secondo la definizione più nota, quella cioè di Tim Wu, professore universitario e avvocato americano: “l’idea è che una rete informativa pubblica massimamente utile aspiri a trattare tutti i contenuti, siti e piattaforme allo stesso modo”.

Non si può dire che tale principio sia rimasto vigente a lungo: Facebook, TikTok, Youtube, Amazon sono infatti siti sulla via principale. E poi c’è una piazza da cui tutte le strade (e le ricerche) si irradiano: Google. Anzi, è interessante notare come negli anni proprio Google abbia provato a dare al principio un significato del tutto nuovo che non la facesse sentire in difetto:  “la network neutrality è il principio per cui gli utenti di Internet dovrebbero avere il controllo su cosa possono vedere e quali applicazioni vogliono usare su internet”.

Molti browser persino impostano il motore di ricerca statunitense come pagina principale. Con l’avvento delle IA e il colpaccio che Microsoft ha fatto con OpenAi, Bing potrebbe diventare un degno concorrente. Ma parliamo sempre di solo due colossi a contendersi la scena. Esistono alternative?

LE ALTERNATIVE A BING E A GOOGLE

Sì, negli anni ai piedi di Google è germinato un sottobosco di offerte che in pochi nerd però conoscono. Alcuni sono software oggettivamente validi, su è stato adombrato il rischio profilazione (come se le grandi realtà non chiedessero dati in cambio dell’utilizzo dei loro servizi), altri ancora si appoggiano comunque a Google o a Bing.

Come uno dei più noti, visto anche il periodo storico, ovvero Ecosia, gestito dall’omonima software house, una ex startup con sede a Berlino fondata da Christian Kroll. È riuscito a finire al centro dell’attenzione perché la no profit che gestisce promette di piantare alberi a ogni utilizzo, con 45 ricerche in media si pone a dimora una nuova piantina. Dall’azienda sostengono di averne già piantate circa 187milioni (ma quando guarderete sulla home page saranno già cresciuti, visto che il counter non smette di salire), finanziando le operazioni di piantumazione con gran parte del ricavato pubblicitario.

I NANEROTTOLI CONTRO GOOLGE, POTENZIATI DA BING

Un altro motore di ricerca che si appoggia a Bing è DuckDuckGo, utilizzato soprattutto dai “fissati con la privacy” dato che promette di non condividere alcun tipo di dato, nemmeno gli indirizzi IP criptati. Prima di esplorarlo, è interessante ricordare che nel 2021, mentre il mondo era ancora alle prese con la pandemia (dunque le ricerche sul web erano aumentate esponenzialmente), DuckDuckGo ed Ecosia, assieme a Qwant e Lilo, fecero fronte comune a Bruxelles in chiave anti-Google (ma ovviamente non anti-Bing)  inviando una lettera aperta ai legislatori dell’Unione europea per esortandoli ad affrontare il continuo dominio del mercato del gigante della tecnologia.

COSA OFFRE LA CONCORRENZA

Tornando invece a DuckDuckGo è un motore di ricerca statunitense che, essendo usato da circa 80milioni di utenti, detiene oramai circa il 2,5% del mercato. Che pare poca roba, ma era più o meno la percentuale in cui era crollato Microsoft prima di implementare ChatGpt in Bing.

È stato creato ed è tutt’ora guidato da Gabriel Weinberg recentemente finito sui giornali di settori per essere tornato a sparare palle incatenate in direzione di Mountain View. Weinberg ha dichiarato di aver contattato alcune compagnie per proporre DuckDuckGo (potenziato con gli algoritmi di OpenAi di Bing) come opzione predefinita nei dispositivi venduti, riscontrando “molto interesse”. Tuttavia, queste società non sarebbero riuscite a sottrarsi ai ben più profittevoli accordi con Google: “Alla fine abbiamo deciso, dopo tre anni di tentativi, che si trattava di un esercizio donchisciottesco a causa dei contratti”, ha amaramente affermato l’imprenditore.

ANCHE I FRANCESI PROVANO A MUOVERSI

Tornando nella vecchia Europa e restando sul tema della attenzione per la privacy degli utenti, un player che seppur tra mille difficoltà è andato via via affermandosi è Qwant della omonima startup innovativa francese fondata da Jean-Manuel Rozan e da Éric Leandri, andato via in modo polemico. Lo conoscono in pochi, conta 6 milioni di utenti mensili localizzati soprattutto al di là delle Alpi, e in Italia se ne parlò più per il fatto che Beppe Grillo ne scrisse sul suo blog. È sostenuto da Caisse des dépôts e dal gruppo tedesco Axel Springer.

L’ITALIA CONFINATA AL WEB 1.0

In tema privacy, altri motori da tenere d’occhio sono SearX, Mojeek, Wolfram Alpha, Startpage, Disconnect Search, MetaGer e Swisscows. E dato che in apertura sono stati evocati tempi di una Internet che non esiste più, chiudiamo la rassegna con una uguale dose di nostalgia, ricordando che nell’era del Web 1.0 il nostro Paese sfidava le startup statunitensi che di lì a poco si sarebbero imposte sulla scena con Virgilio, portale Web italiano di proprietà di Italiaonline, fondato nel 1996 da Matrix S.p.A. come motore di ricerca.

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