L’Italia temporeggia sul programma Tempest, il sistema di combattimento aereo del futuro d’iniziativa britannica a cui hanno aderito il nostro paese e la Svezia nel 2019.
La scorsa settimana la Difesa ha pubblicato il Dpp (Documento programmatico pluriennale) per il triennio 2020-2022 il quale non contiene una prima tranche di finanziamenti per il Tempest.
A differenza dei partner inglese e svedese, l’Italia non ha definito ancora quale finanziamento assegnare al nuovo programma.
“E questo è evidentemente indispensabile per concordare con i partner il livello e il contenuto del nostro coinvolgimento tecnologico e industriale”, aveva evidenziato nei giorni scorsi Michele Nones, vice-presidente dell’Istituto Affari Internazionali in un intervento in cui auspicava un impegno del nostro governo in tempi brevi.
IL PROGRAMMA TEMPEST
Il Regno Unito ha già impegnato 2 miliardi di sterline per il programma lanciato nel 2018, che punta a iniziare la produzione entro il 2025, con consegna del sistema aereo da combattimento entro il 2035. Il caccia stealth di sesta generazione dovrebbe sostituire l’Eurofighter Typhoon dal 2040.
Lo scorso 22 luglio le industrie di Italia, Regno Unito e Svezia hanno dato il via ad una collaborazione trilaterale nell’ambito del progetto.
LE INDUSTRIE COINVOLTE
Le tre industrie nazionali comprendono le principali società di difesa del Regno Unito (BAE Systems, Leonardo Uk, Rolls Royce e Mbda Uk), Italia (Leonardo Italia, Elettronica, Avio Aero e Mbda Italia) e Svezia (Saab e Gkn Aerospace Sweden).
L’INVESTIMENTO DELLA SVEDESE SAAB
Contemporaneamente all’annuncio della partnership trilaterale, la svedese Saab ha rivelato un investimento iniziale da 50 milioni di sterline e la creazione di un nuovo centro ‘Future combat air systems’ nel Regno Unito.
COSA STA FACENDO IL REGNO UNITO
Tornando al Regno Unito, verso la fine dell’anno il team che lavora su Tempest presenterà una bozza di business case al governo Johnson. Nel frattempo, Bae Systems ha pubblicato due settimane fa i primi risultati di PwC sul potenziale contributo economico del programma Tempest nei prossimi 30 anni.
Il programma sosterrà circa 20.000 posti di lavoro e fornirà 25,3 miliardi di sterline in valore all’economia britannica entro il 2050, secondo le stime iniziali che faranno parte di un caso aziendale di massima che sarà consegnato al governo entro la fine dell’anno. Lo ha riportato il Financial Times.
Il gigante della difesa del Regno Unito spera infatti che il business case contribuisca a sbloccare un ulteriore impegno per il progetto. Anche se la spesa per la difesa è sotto la pressione della pandemia di coronavirus, come ricorda il Ft.
Ricordiamo infatti che nelle prossime settimane dovrebbe essere pubblicata la Strategic Defence and Security Review del Regno Unito. Secondo i resoconti dei media, la Difesa britannica potrebbe acquistare solo la metà dei 138 caccia F-35B Lightning II che il paese ha pianificato di acquistare in modo da spostare le risorse economiche a favore del progetto Tempest.
Tornando allo schema di business case, questo valuterà tre opzioni: proseguire con Tempest; essere un partner junior in un programma internazionale; o semplicemente acquistare un caccia pronto all’uso. Secondo il Ft, il governo dovrebbe rendere nota la sua preferenza nei prossimi mesi, rilasciando i finanziamenti per la fase successiva.
IL COMMENTO DEGLI ESPERTI
In conclusione, impegni iniziali di finanziamento sia dal Regno Unito sia dalla Svezia, manca soltanto l’Italia.
“Nel Dpp della Difesa 2020 il Tempest resta tra i programmi prioritari privi di finanziamento”, ha sottolineato Pietro Batacchi, direttore di Rid: “Tutto è rimandato dunque al prossimo anno, quando è auspicabile possa materializzarsi una prima misura dell’impegno economico dell’Italia”.
Dal Dpp “risalta in negativo il mancato stanziamento di un finanziamento iniziale, anche minimo, per il programma Tempest cui l’Italia ha aderito a settembre 2019”, sottolineano Ottavia Credi e Alessandro Marrone dello Iai.
“Il nostro Paese resta dunque indietro non solo rispetto al Regno Unito — precisa Batacchi — che per il programma ha stanziato 2 miliardi di sterline fino al 2025, ma anche rispetto alla Svezia, che si è già impegnata con i primi 63 milioni di euro. In questo modo, però, l’Italia rischia di vedere diminuire la sua capacità di influenzare i requisiti e si indebolisce nell’ottica delle future negoziazioni sulla suddivisione delle quote industriali”.