Intel, una delle più importanti società di semiconduttori al mondo, con sede in California, ha fatto sapere che nel 2023 la sua divisione manifatturiera ha riportato perdite operative da 7 miliardi di dollari. È un brutto colpo per l’azienda, che da qualche anno ha iniziato a concentrarsi di più sul segmento della produzione fisica dei microchip – e non solo su quello della progettazione, o design – con l’obiettivo di recuperare le quote di mercato perse nei confronti della sudcoreana Samsung Electronics e della taiwanese TSMC, che domina questo settore specifico.
IL CROLLO DELLA DIVISIONE MANIFATTURIERA DI INTEL
Nel 2023 l’unità manifatturiera di Intel (indicata in gergo come foundry, da “fonderia”, cioè la fabbrica di chip) ha riportato perdite operative da 7 miliardi di dollari: si tratta di un risultato ben più negativo di quello del 2022, quando le perdite erano ammontate a 5,2 miliardi.
Nel 2023 la divisione ha registrato entrate per 18,9 miliardi di dollari, contro i 27,4 miliardi dell’anno precedente.
LE PREVISIONI (NEGATIVE) PER IL 2024
L’amministratore delegato Pat Gelsinger ha anticipato agli investitori che il 2024 sarà l’anno peggiore, in quanto a perdite operative, per la divisione manifatturiera di Intel, che si prevede raggiungerà il pareggio operativo intorno al 2027.
LE RAGIONI DELLA PERDITA
Gelsinger ha spiegato le ragioni delle grosse perdite riportate nel 2023: ha ammesso che sono state anche la conseguenza delle scelte sbagliate fatte dall’azienda. Ad esempio, un anno fa Intel ha deciso di non utilizzare i macchinari di litografia ultravioletta estrema (EUV: un processo molto sofisticato che consente di produrre semiconduttori su scale ridottissime) della società olandese ASML. I macchinari di ASML sono molto costosi – possono superare i 150 milioni di dollari l’uno -, ma Gelsinger ha riconosciuto che sono più efficienti rispetto agli apparecchi di chip-making meno avanzati.
Anche a seguito di alcuni errori di valutazione, Intel ha esternalizzato circa il 30 per cento dei wafer (le “fette” di materiale semiconduttore necessarie alla produzione di chip) ad aziende esterne che lavorano su contratto, come la già citata TSMC. Gelsinger ha detto di voler abbassare la quota dell’outsourcing al 20 per cento.
LE PROSSIME MOSSE DI INTEL
Intel ha fatto sapere di essere passata all’utilizzo di macchinari EUV, che andranno a coprire un numero sempre maggiore di esigenze produttive mano a mano che gli apparecchi più vecchi verranno eliminati.
Gelsinger ha voluto tracciare una linea di separazione tra il periodo pre-EUV e quello post-EUV. “Nell’era post-EUV”, ha detto, “vediamo che ora siamo molto competitivi in termini di prezzo, prestazioni e di ritorno alla leadership. Nell’era pre-EUV abbiamo sostenuto molti costi e non eravamo competitivi”.
L’azienda ha in programma investimenti da 100 miliardi di dollari per la costruzione o l’espansione di fabbriche di microchip in quattro stati degli Stati Uniti (Arizona, Ohio, New Mexico e Oregon). La spesa è sostenuta dal governo americano, che a fine marzo ha messo a punto per Intel un pacchetto di aiuti da 20 miliardi di dollari, tra sovvenzioni e prestiti.