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Privacy, perché il gruppo Gedi è nella bufera per l’accordo con OpenAI

La "partnership strategica" avviata da Gedi con OpenAI resta segreta e, mentre i giornalisti (tenuti all'oscuro di tutto) temono di essere sostituiti dall'intelligenza artificiale (IA), il Garante privacy pizzica di nuovo il gruppo di Elkann, di cui fanno parte Repubblica e La Stampa. Ecco perché

 

L’accordo stretto lo scorso settembre tra OpenAI e Gedi – proprietario, tra gli altri, di Repubblica e La Stampa – è avvolto dal mistero. Anche per i giornalisti che ci lavorano, i quali da mesi cercano di ottenere risposte ma continuano a scontrarsi contro un muro di riservatezza.

Il Garante privacy però, già intervenuto allora, torna adesso a farsi sentire con un avvertimento formale a Gedi e alle società coinvolte nell’accordo perché sarebbero a rischio i dati di milioni di persone.

L’ACCORDO TRA GEDI E OPENAI

A fine settembre, sul palco della “Italian Tech Week” a Torino, John Elkann, amministratore delegato di Exor e ormai ex presidente di Gedi (da cui avrebbe preso le distanze per vendere più facilmente Repubblica), stringeva sorridente la mano di Sam Altman, Ceo di OpenAI, col quale annunciava una “partnership strategica”.

La partnership, però, non è mai stata svelata del tutto. Gedi si è limitata a comunicare che l’accordo renderà “accessibili agli utenti di ChatGPT i contenuti in lingua italiana provenienti dalle autorevoli testate del Gruppo Gedi”. Ovvero darà in pasto all’IA i suoi articoli.

LE (POCHE) PAROLE DI GEDI

“Con questa partnership – faceva sapere il gruppo in un comunicato -, gli utenti di ChatGPT avranno accesso a citazioni, contenuti e link alle pubblicazioni di Gedi, tra cui La Repubblica e La Stampa. La collaborazione permetterà di migliorare la rilevanza e l’accesso ai prodotti di OpenAI, inclusi ChatGPT e il prototipo SearchGPT, per gli utenti in Italia. La partnership offre, inoltre, a entrambe le società nuove opportunità per ulteriori collaborazioni su funzionalità e prodotti basati sull’AI, migliorando il modo in cui i lettori accedono e interagiscono con le notizie in Italia”.

Elkann aveva aggiunto che l’accordo permette inoltre a Gedi “di raggiungere un pubblico internazionale più ampio, grazie alle avanzate capacità di traduzione sviluppate da ChatGPT”.

Insomma, dati in cambio di traffico che ChatGPT dirigerebbe verso le testate Gedi.

IL PRIMO RICHIAMO DEL GARANTE

Immediata la replica del Garante della privacy: “Il Garante per la protezione dei dati personali segue con attenzione gli accordi che RCS MediaGroup e Gedi Gruppo Editoriale avrebbero siglato con OpenAI, azienda che realizza ChatGPT, e si riserva di valutare l’adozione di più specifiche iniziative”.

IL SECONDO RICHIAMO DEL GARANTE

Detto fatto. Oggi è arrivato un avvertimento formale. Poiché gli archivi digitali dei giornali conservano le storie di milioni di persone, con informazioni, dettagli, dati personali anche estremamente delicati, l’Autorità ha evidenziato il rischio che questi, nell’ambito dell’accordo, vengano usati per addestrare l’intelligenza artificiale.

“Se il Gruppo Gedi, in forza dell’accordo firmato lo scorso 24 settembre con OpenAI, comunicasse a quest’ultima i dati personali contenuti nel proprio archivio, potrebbe violare le disposizioni del Regolamento Ue, con tutte le conseguenze anche di carattere sanzionatorio previste dalla normativa”, afferma il Garante.

L’ISTRUTTORIA

Sulla base delle informazioni ricevute nell’ambito dell’istruttoria avviata dall’Autorità, questa “ritiene che le attività di trattamento sono destinate a coinvolgere un grande volume di dati personali, anche di natura particolare e di carattere giudiziario, e che la valutazione d’impatto, svolta dalla società e trasmessa al Garante, non analizzi sufficientemente la base giuridica in forza della quale l’editore potrebbe cedere o licenziare in uso a terzi i dati personali presenti nel proprio archivio a OpenAI, perché li tratti per addestrare i propri algoritmi”.

Il Garante evidenzia, inoltre, “come non appaiano sufficientemente adempiuti gli obblighi informativi e di trasparenza nei confronti degli interessati e che Gedi non sia nelle condizioni di garantire a questi ultimi i diritti loro spettanti ai sensi della disciplina europea sulla privacy, in particolare il diritto di opposizione”.

GIORNALISTI ALL’OSCURO

Oltre alla questione dei dati personali sollevata dal Garante, ci sono i giornalisti che vorrebbero conoscere i termini dell’accordo sia perché si pone il solito problema tra copyright e IA sia perché temono che ChatGPT prenda il loro posto. Cerrina Feroni, vicepresidente del Garante, negli scorsi mesi aveva infatti dichiarato che “l’Intelligenza artificiale generativa nel giornalismo solleva questioni cruciali per l’impatto sulla democrazia, la deontologia, la tutela del diritto d’autore e la diffusione di disinformazione”. E che quindi l’essere umano è indispensabile “per garantire affidabilità, trasparenza e responsabilità”.

Tuttavia, solo qualche settimana fa Professione Reporter riferiva che “i giornalisti dei Comitati di redazione del Gruppo, in un incontro con il Presidente Maurizio Scanavino, hanno chiesto di conoscere i particolari. Sono stati respinti. “Riservatezza aziendale”. Nonostante l’accordo riguardi contenuti realizzati dai giornalisti. I Cdr hanno chiesto anche il riconoscimento economico del lavoro che sarà utilizzato dall’Intelligenza artificiale. Da qui può nascere una vertenza delicata e aspra, su una buona parte del futuro del giornalismo”.

Gedi, dal canto suo, sempre secondo Professione Reporter, nonostante abbia detto che l’IA “entrerà nel sistema editoriale con nuove funzioni che permetteranno di abbozzare titoli, sommari e riassunti dei testi, oltre che le loro traduzioni”, i giornalisti non avrebbero nulla da temere perché “ci sarà sempre un essere umano a dire alla macchina che cosa fare e a dare il via libera per la pubblicazione”.

Al momento però non è dato sapere altro.

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