L’ultimo smartphone di Huawei, il Mate 60 Pro, è forse la prova che l’industria cinese dei chip, nonostante le restrizioni occidentali, sta progredendo.
La Cina infatti non possiede capacità di progettazione e produzione di semiconduttori avanzati, ed è dipendente dalle importazioni. Ma i controlli alle vendite imposti mesi fa dagli Stati Uniti (e poi dal Giappone e dai Paesi Bassi) le stanno complicando l’accesso alle tecnologie basilari per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, ad esempio: senza microchip all’avanguardia, insomma, il progresso digitale e industriale di Pechino potrebbe risentirne negativamente.
IL CHIP KIRIN 9000S DI SMIC
Il chip Kirin 9000s contenuto nel nuovo smartphone di Huawei utilizza un processore avanzato a sette nanometri fabbricato in Cina da SMIC, la più grande società cinese di semiconduttori. Lo ha rivelato Bloomberg, visto che Huawei – che ha commercializzato il Mate 60 Pro la settimana scorsa – non aveva fornito le specifiche tecniche. Che SMIC avesse raggiunto questa generazione di semiconduttori, comunque, era già noto.
LE RESTRIZIONI AMERICANE
Il 1 settembre scorso il quotidiano cinese in lingua inglese China Daily, legato al Partito comunista, aveva scritto che “c’è speranza che le aziende cinesi riescano a superare le sanzioni e le restrizioni del governo statunitense sulla fornitura di chip” e mettere in commercio smartphone con connettività 5G dotati di semiconduttori realizzati in Cina.
Ma è troppo presto per cantare vittoria. In assenza della tecnologia straniera, le aziende cinesi potrebbero avere grosse difficoltà ad andare oltre i sette nanometri, meno avanguardistici e performanti dei dispositivi da quattro nanometri presenti negli ultimi iPhone di Apple, ad esempio.
I controlli alle esportazioni statunitensi, ai quali hanno aderito il Giappone e i Paesi Bassi, hanno proprio l’obiettivo di limitare le capacità della Cina di sviluppare microchip avanzati, che sono fondamentali tanto per il progresso economico e industriale quanto per lo sviluppo militare.
LE AZIENDE CINESI FANNO SCORTA DI CHIP AMERICANI
Temendo che il governo americano possa imporre ulteriori restrizioni, le principali società tecnologiche cinesi si sono affrettate a comprare microchip ad alte prestazioni di NVIDIA, una delle più importanti aziende di semiconduttori al mondo: ha sede a Santa Clara, in California. Baidu, ByteDance, Tencent e Alibaba hanno ordinato da NVIDIA processori per un valore complessivo di 5 miliardi di dollari.
Non è chiaro invece – sottolinea Quartz – l’approccio di Huawei. Il fatto che il Mate 60 Pro sia andato sold out in poco tempo fa pensare che la disponibilità del processore avanzato di SMIC sia limitata. Oppure Huawei potrebbe aver attinto alle scorte di chip realizzati dalla compagnia taiwanese TSMC, la più importante del settore, e acquistati prima del settembre 2020, quando gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni su Huawei per impedirle l’accesso a questi dispositivi.