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Huawei e 5G, la Germania come l’Italia fa marameo a Trump

Che cosa prevede la normativa in cantiere in Germania sul 5G. Tutti i dettagli

 

La Germania sta mettendo a punto regole sulle reti mobili 5G che non escluderanno le tecnologie Huawei. E’ quello che scrive Reuters.

“Non stiamo prendendo una decisione preventiva per vietare qualsiasi attore o società”, ha detto il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert in una conferenza stampa a Berlino lunedì.

Gli Stati Uniti hanno esercitato pressioni sugli alleati occidentali per escludere il colosso cinese Huawei, il principale fornitore di apparecchiature per telecomunicazioni con una quota di mercato globale del 28%, affermando che le sue attrezzature contenevano “backdoor” che avrebbero permesso alla Cina di spiare altri paesi.

Con la decisione di Berlino in cantiere, “Deutsche Telekom, Vodafone, e Telefonica Deutschland – i tre operatori coinvolti nella partita – dovranno applicare standard di sicurezza avanzati negli elementi critici della rete, secondo il nuovo regolamento. I fornitori, da parte loro, dovranno essere “bollinati” come affidabili passando una serie di test di certificazione che, stando alle prime indiscrezioni, dovrebbero essere effettuato dall’autorità tedesca per la sicurezza informatica, l’Ufficio federale per la sicurezza delle informazioni”, ha scritto il Corriere delle Comunicazioni.

D’altronde uno studio della società di consulenza EY commissionato da Huawei ha ipotizzato gli extra costi per gli operatori attivi in Italia in caso di ban contro il gruppo cinese. Mettere al bando le cinesi avrebbe un extra-costo per gli operatori di circa 4-5 miliardi di euro, secondo stime EY. Con ricadute anche sui costi finali per il consumatore: “In Italia il ritardo che si introdurrebbe rispetto a uno scenario “no ban” è stimato dagli stessi operatori in 12-18 mesi e gli extra-costi ad essi associati in almeno 4-5€ mld aggiuntivi, difficilmente ammortizzabili in tempi brevi, visti i livelli complessivi degli investimenti che gli operatori devono affrontare”, hanno messo per iscritto gli analisti di EY (qui il report integrale nell’approfondimento di Start). Un ingaggio, quello di EY da parte di Huawei, criticato dalla rivista Formiche di Paolo Messa, già direttore generale del Centro studi americani e attuale direttore Relazioni Istituzionali Italia di Leonardo, definita da Dagospiala macchina editoriale più apprezzata a Washington”.

Eppure anche altri centri studi non hanno auspicato il ban in Italia per Huawei. E’ il caso di I-Com presieduto da Stefano Da Empoli, che invece ha stimmatizzato altri aspetti della normativa in fieri in Italia.

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