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Huawei SudAfrica Golden Power 5g

5G, tutti gli inghippi del golden power contro Huawei. Report I-Com

Ecco le perplessità sul Golden Power per il 5G espresse nel report a cura di I-com

Il 5G stravolgerà le nostre vite. Cambierà il nostro lavoro, il modo di chiedere e prestare soccorso, cambierà il modo di fare le diagnosi e tanto, tanto altro. Si tratta di una tecnologia strategica per il futuro del Paese.

E proprio perché strategica il Governo Conte 1, quello giallo-verde per intenderci, ha pensato di estendere il Golden Power al 5G. Si tratta di uno strumento normativo che potrebbe escludere dalla corsa al 5G in Italia soggetti extra-Ue ritenuti poco affidabili, come Huawei. E’ lo strumento giusto? A provare a dare una risposta è il report “Sviluppo del 5G tra competitività e sicurezza nazionale” a firma I-com, Istituto per la Competitività.

NON SERVE GOLDEN POWER SUL 5G

Entriamo subito nel merito della questione. Il 5G non è lo strumento giusto per normare la sicurezza dello sviluppo del 5G: si presta bene alle acquisizioni e ai trasferimenti di pacchetti azionari; ma come pensato oggi, risulta difficile applicarlo per verificare gli apparati. “Se il golden power è particolarmente adatto al trasferimento di pacchetti azionari, la sua applicazione risulta decisamente più difficile nel caso del processo di verifica degli apparati, che di fatto è dilatato nel tempo”, si legge nel report I-Com.

UN PROTOCOLLO DI CERTIFICAZIONE: ECCO LA SOLUZIONE

Una soluzione migliore, in questo senso, potrebbe essere, ipotizza l’Istituto presieduto da Stefano da Empoli, “un protocollo di certificazione, che non si applichi a un singolo momento temporale, dietro notifica, ma continuativamente, da parte di un ente certificatore” che potrebbe essere “verosimilmente, il nascente Centro di Valutazione e Certificazione Nazionale del MiSE, possibilmente coinvolgendo anche i vendor e gli stessi operatori di rete”, che applichi “procedure che siano pragmatiche e allo stesso tempo neutrali rispetto agli elementi competitivi, in modo da garantire la rapidità di esecuzione così come l’apertura e l’efficienza del mercato”.

GOLDEN POWER: NON GARANTISCE SICUREZZA

E ancora. Sempre secondo l’analisi effettuata da I-Com, il Golden Power non garantisce al sistema italiano e quindi all’Italia la sicurezza tanto auspicata. Non basta, infatti, optare per una soluzione che limiti i soli Paesi extra europei.

“La scelta, evidentemente riconducibile a considerazioni di carattere geopolitico – sostiene I-Com – rischia di non risultare efficace in termini di sicurezza, non essendo a priori escludibile una minaccia a opera delle altre imprese (o di loro fornitori/clienti), tenendo anche conto che diversi tra i principali player operanti a vario titolo nell’ampia filiera, a partire dagli operatori tlc, sono partecipati o addirittura filiali di soggetti basati al di fuori dell’Unione europea”.

FRENA SVILUPPO ED INVESTIMENTI

E ancora. La bozza di decreto legge sul Golden Power, mai convertita, prevedeva anche un’estensione dei tempi in cui il Presidente del Consiglio avrebbe potuto esercitare il veto, da 15 a 45 giorni. Una soluzione, certo, che permette un’analisi più approfondita della situazione e quindi una scelta finale più ponderata, ma la dilatazione dei tempi “rischia di frenare (tenendo conto anche delle possibili proroghe) quella dinamicità imprenditoriale assolutamente imprescindibile nella realizzazione e nel lancio delle reti 5G”.

“La proliferazione delle procedure e l’allungamento delle tempistiche per le verifiche possono ostacolare l’implementazione delle nuove reti da parte degli operatori che hanno investito somme molto ingenti per aggiudicarsi i diritti d’uso delle frequenze destinate al 5G e disincentivare ancora una volta le imprese straniere a investire in Italia, ritardando così il godimento, da parte dell’intero sistema Paese, dei benefici socio-economici connessi all’implementazione del 5G”, spiega I-Com.

IL SISTEMA SANZIONATORIO

E c’è di più. Il decreto legge sul Golden Power prevede un sistema sanzionatorio che potrebbe avere un impatto negativo sulle imprese: “Molto rilevante per l’impatto che poteva esercitare sulle imprese, la disposizione che attribuiva al Governo, nell’esercizio dei poteri speciali, di ingiungere all’impresa acquirente e all’eventuale controparte il ripristino, a proprie spese, della situazione anteriore”, spiega I-Com, aggiungendo: “Quanto al regime sanzionatorio, all’inosservanza degli obblighi di notifica ovvero delle disposizioni contenute nel provvedimento di esercizio dei poteri speciali, la norma ricollegava una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell’operazione e comunque non inferiore all’uno per cento del medesimo valore”. Tali disposizioni potevano essere applicate anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto.

IL DECRETO SULLA SICUREZZA CIBERNETICA

Se il decreto legge sul Golden Power non è stato convertito in legge, ancora, è anche perché all’esame del precedente Governo c’era il disegno di legge sul perimetro di sicurezza nazionale cibernetica licenziato al luglio e poi approvato, con modifiche, dal Consiglio dei Ministri del Governo Conte bis il 18 settembre.

LE NOVITA’ DEL DECRETO SULLA CYBERSECURITY

L’ultima versione dovrebbe introdurre rilevanti novità, come la sostituzione dell’AGID con la Presidenza del Consiglio nello svolgimento delle attività già individuate nel disegno di legge in relazione ai soggetti pubblici; la riduzione, rispettivamente, a quattro e dieci mesi dei termini per individuare le amministrazioni pubbliche, gli enti e gli operatori pubblici e privati che devono entrare a far parte del cosiddetto perimetro cibernetico e per la definizione delle procedure secondo cui i soggetti che fanno capo al perimetro notificano gli incidenti che hanno impatto su reti, sistemi e servizi; l’introduzione di una previsione, all’art. 3, che, da un lato, subordina l’esercizio dei poteri speciali in relazione alle reti, ai sistemi informativi e ai servizi strategici di comunicazione a banda larga basati sulla tecnologia 5G alla previa valutazione degli elementi indicanti la presenza di fattori di vulnerabilità da parte dei centri di valutazione individuati dalla nuova normativa; dall’altro,
consente, anche in caso di contratti già autorizzati con DPCM, di modificare o integrare le misure prescrivendo la sostituzione di apparati e prodotti.

CLIMA DI INCERTEZZA

Proprio l’articolo 3 potrebbe aver effetti su 5G e Golden Power. “Considerato l’orizzonte attuativo
previsto dal decreto (il regolamento deve essere adottato entro 10 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e dall’entrata in vigore dello stesso decorrono ulteriori 60 gg. per valutare se intervenire apponendo nuove prescrizioni o modificando quelle già fissate in contratti già autorizzati) – scrive I-Com – si palesa il rischio, neanche troppo astratto, di creare un clima di generale incertezza in grado di impattare negativamente sugli investimenti e lo sviluppo delle reti 5G. Per questo, appare fondamentale tra le altre misure accelerare l’operatività del CVCN”.

ARMONIZZARE CON EUROPA

La soluzione migliore, in questo senso, sarebbe cercare di muoversi coordinatamente con l’Europa.

È “auspicabile che, pur mantenendo peculiarità a livello nazionale, si cerchi di armonizzare il più possibile la normativa a livello europeo, introducendo specifiche certificazioni e procedure quanto più standardizzate e snelle, in modo da favorire, da un lato, il rapido roll-out di reti che siano sicure e, dall’altro, di traguardare lo sviluppo dell’economia nazionale e dell’intero sistema Paese”, conclude I-Com.

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