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Google Iris

Google spegne il progetto Iris e si tira fuori dal mondo dei visori?

Google tira la cinghia e annulla il device Iris. Come con Stadia, destinato a confluire in Playables, anche qui porterà avanti lo sviluppo del software senza hardware

Con la battuta d’arresto del metaverso, Google sembra ormai decisa a tirarsi fuori da tutti gli investimenti a esso collegati, anche perché occorrerà focalizzare l’attenzione sullo sviluppo degli algoritmi di IA per potenziare il proprio motore di ricerca nell’ormai imminente sfida contro il Bing di Microsoft potenziato con ChatGpt. Dopo la chiusura del progetto Google Glass, già notevolmente ridimensionato rispetto ai piani iniziali, ecco che accantona anche Iris, paio di occhiali AR che nelle intenzioni sarebbe dovuto arrivare sul mercato entro il 2024.

GOOGLE LASCIA GLI IRIS NEL CASSETTO

La strategia di Mountain View sembra comunque essere più raffinata di un drastico taglio all’unità. Come con il nuovo e misterioso progetto videoludico Playables, che di fatto raccoglie l’eredità del defunto Stadia, ma in maniera più economica, senza console plasticose di mezzo, sfruttando la piattaforma già esistente di YouTube, anche con Iris Google pare intenzionata a perseguire la medesima via.

DA DEVICE AD APP DA VENDERE SU LICENZA?

Secondo Business Insider, infatti, accantonate le ambizioni sul fronte hardware, Google continuerà lo sviluppo del software, così da renderlo compatibile per i dispositivi Android. In tal modo, il programma diventerà una app per l’AR, una piattaforma da concedere in licenza ai produttori di terze parti.

A tal proposito, si ricorda che in piena pandemia il colosso di Mountain View ha finalizzato l’acquisizione di North (si parla per una cifra intorno ai 180 milioni di dollari), startup canadese specializzata nello sviluppo di questa tipologia di dispositivi, come, Focals, occhiali smart con supporto ad Amazon Alexa, display olografico e varie funzioni di Realtà Aumentata in grado di sovrapporre informazioni al campo visivo di chi lo indossa. L’acquisizione, peraltro, aveva bloccato lo sviluppo di Focals 2.0, segno che la startup era subito stata messa al lavoro su un progetto made in Google.

I MASSICCI LICENZIAMENTI IN GOOGLE

Del resto, Mountain View è alle prese con una seria ottimizzazione aziendale, a fronte dei diversi reparti (metaverso e visori, ma anche videogames su tutti) che non hanno portato i risultati sperati e dei forti investimenti in R&D lato IA.

Alphabet ha annunciato tagli per circa 12.000 lavoratori, pari al 6% della forza lavoro impiegata a livello globale. Quelli residenti negli Stati Uniti hanno già ricevuto la comunicazione di fine rapporto via email, altrove accadrà a breve con le modalità previste.

LE ALTRE IDEE SBAGLIATE DI GOOGLE

Gli occhiali Iris sono solo l’ultimo progetto che Google ha deciso di accantonare all’improvviso. La storia del colosso di Mountain View è costellata di progetti abortiti o terminati all’improvviso. Il più eclatante è senz’altro Google+, al secolo Google Buzz (ma si sarebbe dovuto chiamare Google Me) ovvero il tentativo di Mountain View di sconfinare nel campo social presidiato da Menlo Park.

Molto efficacemente il New York Times all’inizio del 2014 la descrisse “La città fantasma” di Internet. E dire che i presupposti per sfondare c’erano tutti, a iniziare dal fatto che chiunque avesse un account a Gmail o a qualunque altro servizio si ritrovasse coattamente utente di quella piattaforma mai decollata.

CHI RICORDA NEXUS Q O ARA?

Già dimenticato anche Nexus Q, dispositivo dalla forma sferica elegante che oggi definiremmo una Alexa ante litteram, pescando contenuti nel cloud per interagire con dispositivi connessi come casse, smartphone e tablet. Rivivrà come Chromecast. Ricordiamo che Google Chromecast audio fu chiuso nel 2019. Andrò male pure ad Ara, l’incursione di Big G nel campo smartphone.

E poi ci fu anche un nonno del metaverso: Lively, estensione di Gmail che permetteva agli iscritti al servizio di posta di conversare tra loro per mezzo dei propri avatar: la beta durò appena da luglio a dicembre del 2008.

Precorreva i tempi pure Google Health che rappresentava un enorme cloud medico: uscì nel 2008 e durò nemmeno quattro anni: forse meglio così visto che difficilmente avrebbe passato le maglie della Gdpr europea.

Non andò meglio a Wave, una specie di Slack (messaggistica professionale per uffici) sparito nel giro di un anno, Picasa, software di foto ritocco chiuso nel 2016 e nemmeno ad Allo, software di messaggistica che sfruttava l’intelligenza artificiale per rispondere, chiuso nel 2019; fallito Google Video la compagnia fece finta di nulla acquisendo YouTube.

GOOGLE SPEGNE STADIA

Google Video ha avuto formalmente una vita più lunga, dal 2005 al 2012. In realtà è stata piuttosto breve, perché meno di due anni dopo il suo lancio Big G avrebbe comprato YouTube. Il “Tubo” ha inghiottito Google Video, che prima ha sospeso il caricamento di contenuti (nel 2011) e poi ha chiuso l’attività. E poi ovviamente abbiamo Google Stadia, deceduta all’inizio di quest’anno.

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