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Intelligenza Artificiale

Google scommette sull’intelligenza artificiale

Google non ha smesso di sognare. Il colosso tecnologico che negli ultimi mesi ha ridotto l’impegno in diversi progetti, ha deciso di investire sull’intelligenza artificiale, lanciando Gradient Ventures, un progetto che mira a rafforzare e ad aiutare attraverso investimenti finanziari start up innovative che operano nel settore. Andiamo per gradi. Cos’è l’intelligenza artificiale Difficile racchiudere in…

Google non ha smesso di sognare. Il colosso tecnologico che negli ultimi mesi ha ridotto l’impegno in diversi progetti, ha deciso di investire sull’intelligenza artificiale, lanciando Gradient Ventures, un progetto che mira a rafforzare e ad aiutare attraverso investimenti finanziari start up innovative che operano nel settore. Andiamo per gradi.

Cos’è l’intelligenza artificiale

Difficile racchiudere in una definizione quello che è l’intelligenza artificiale (AI): il concetto comprende una grande quantità di argomento. Provando a sforzarci un pochino, possiamo dire che l’intelligenza artificiale è quel settore scientifico che si occupa di come creare macchine intelligenti, che possano aiutare ed emulare l’uomo.

Intelligenza artificiale: un mercato in crescita

Cresce il mercato legato all’intelligenza artificiale, stando ai numeri dell’Europa, le imprese che si occupano di cognitive technology e intelligenza artificiale (IA) hanno registrato nei primi mesi del 2017 un aumento dei ricavi del 40% sul 2016, generando introito di oltre 1,5 miliardi di dollari, tali tecnologie fino al 2020 mostreranno un tasso di crescita annuo di oltre il 42%, fino a raggiungere un valore complessivo di 4,3 miliardi di dollari. Lo sostiene l’ultimo aggiornamento della “Worldwide Semiannual Cognitive/Artificial Intelligence Systems Spending Guide” di IDC.

L’Europa occidentale rappresenta il 12,1% di tutta la spesa mondiale sulle tecnologie cognitive e dell’intelligenza artificiale.

Google rafforza investimenti sull’Intelligenza Artificiale

Un nuovo progetto di venture capital firmato Google, tutto indirizzato all sviluppo di tecnologie per l’intelligenza artificiale. Big G ha lanciato infatti Gradient Ventures, un progetto che mira a rafforzare e ad aiutare attraverso investimenti finanziari start up innovative che operano nel settore. Google ha infatti deciso di finanziare imprese nascenti e di aiutare coloro che proporranno i progetti più promettenti in campo tecnologico. I settori di interesse saranno molteplici dalla sanità all’efficienza dei data center. Unico requisito avere un’idea vincente.

Nel portfolio di Gradient Ventures ci sono già quattro start up tra cui Algorithmia, una piattaforma per algoritmi e funzioni destinati ad app “intelligenti”.

Questo nuovo braccio di Google va di pari passo con la nuova era che ci attende, quello che prima era solo fantascienza sta diventando realtà e Big G. ha deciso di farne parte.

L’intelligenza artificiale ha sempre più  responsabilità

Se è vero che no comuni mortali ancora la conosciamo poco, è anche vero che gli esperti di settore contano molto sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale e ad essa affidano compiti sempre più delicati e di maggiore responsabilità. Basti pensare che la tecnologia ad essa connessa può prevedere prima l’insorgere di malattie nell’uomo, può individuare le aree di una città in cui c’è bisogno dell’intervento della polizia e può portare a spasso un uomo.

Secondo un rapporto di Avanade Technology Vision, fornitore di servizi digital e cloud, l’AI ha già dato vita a nuovi modi di interagire e servire.

“L’intelligenza artificiale è pronta a ridisegnare l’esperienza digitale dei consumatori ed è in procinto di diventare l’insieme di tecnologie più importanti da offrire alla forza lavoro”, ha detto Roberto Chinelli, Chief Technology Innovation Officer di Avanade Italy.

“Grazie all’automazione delle attività più semplici o ripetitive, le persone avranno maggior tempo a disposizione e potranno concentrare meglio le proprie risorse mentali su elementi più significativi e a maggior valore aggiunto nel loro lavoro”. Sarà l’AI, dunque, ad occuparsi del supporto, ad organizzare del lavoro, a gestire al meglio il calendario degli appuntamenti.

E l’uomo, cosa farà?

L’automazione e l’Ai faranno quasi tutto. Ma l’uomo allora non servirà più? Ci sono numeri drammatici, infatti, in merito a tutto questo. Uno studio di PricewaterhouseCoopers (Pwc), sostiene infatti che nel 2032 (circa), il 38% dei posti di lavoro disponibili oggi negli Stati Uniti potrebbero essere presi dai robot. In Germania, invece, l’automazione eliminerà il 35% dei posti e in Gran Bretagna il 30%In Giappone “solo” il 21%. La percentuale di penetrazione dei robot in azienda varia, come abbiamo potuto notare, di paese in paese. Il motivo è semplice: si basa sul livello di istruzione medio nei vari territori: più alto è il livello, più sarà difficile la sostituzione con gli automi. I lavori più a rischio automazione, infatti, sono quelli che richiedono un livello inferiore di studio per essere svolti.

I dati ricalcano un po’ quanto già affermato nell’ultimo rapporto del McKinsey Global Institute, in cui si dimostra che ben il 49% delle attività (che producono salari complessivi per annui per 15.8 miliardi di dollari), grazie alle attuali tecnologie, potrebbe essere svolto dai robot. Meno del 5% del totale professioni potrà essere completamente automatizzato e nel 60% dei lavori, il 30% delle attività potranno essere svolte automaticamente da robot.
Forse le prospettive, però, non sono così drammatiche. Durante il World Economic Forum di Davos, in Svizzera, si è parlato tanto di Quarta Rivoluzione Industriale, di automazione e di intelligenza artificiale. Più della metà degli imprenditori presenti ha dichiarato di essere pronto a fare importanti investimenti in tal senso, ma gli stessi imprenditori si dicono pronti a riqualificare il proprio personale interno per far fronte a questa nuova riorganizzazione, senza esser costretti a importanti licenziamenti.

 I progetti su cui Alphabet ha rallentato

googleLa divisione Google droni, dopo aver perso, nel mese di ottobre 2016, il responsabile di progetto Dave Vos, sembra aver fatto un passo indietro sui nuovi progetti. Non solo le assunzioni sono congelate e Alphabet ha bocciato una partnership con il gigante del caffè Starbucks Corp., ma sembrerebbe anche che la casa di Mountain View abbia chiesto ad alcuni dipendenti di cercare lavoro in altre divisioni e settori.

Il taglio del personale, come spiega Bloomberg, fa parte di un piano più grande che dovrebbe aiutare Alphabet a contenere la spesa sui progetti non prioritari, senza dover rinunciare completamente a questi. Certo, resta da vedere se anche con poco personale e poco budget a disposizione, Google riuscirà a trasformare i progetti più sperimentali da scommesse rischiose (e in perdita) a imprese reali e di successo.

La divisione Google droni sembrava dare i suoi fruttiNel mese di Agosto 2016, infatti, il progetto Ala aveva ricevuto l’Ok da parte della Casa Bianca per testare i quadricotteri anche sul fronte delle consegne a domicilio e ,nel mese di settembre, Google aveva annunciato una partnership con Chipotle Mexican Grill Inc. per la consegna di cibo via drone al Virginia Tech.

“Il Progetto Ala ha il potenziale per rivoluzionare il modo in cui le cose vengono spostate nel mondo”, aveva commentato un portavoce della divisione dedicata. Ora, però, la rivoluzione sembra essersi fermata. O quanto meno rallentata. E il fatto che non ci sia ancora un nome per il successore di Dave Vos ne è la testimonianza.

In tempi di revisione di budget, la casa di Mountain View ha deciso di di mettere in pausa il suo progetto per portare la fibra ottica nelle città americane. Google continuerà a offrireconnessione a Internet in otto città americane (Atlanta, Austin, Charlotte, Kansas City, Nashville, Provo, Salt Lake City e The Triangle), e prosegue la programmazione per intervenire a Huntsville, Irvine, San Antonio e Louisville, ma di fermano i piani per portare la fibra a Chicavo sottomarino di Googlecago, Dallas, Jacksonville, Los Angeles, Oklahoma City, Phoenix, Portland, San Diego, San Jose e Tampa. Non solo: il big tecnologico ha deciso di tagliare (o ricollocare) il 9% della forza lavoro che si occupava di internet superveloce.

Anche questa scelta è, come anticipato, dovuta a questioni di budegt. Lo scorso anno quando Google ha riorganizzato le sue divisioni, è stata divisa in due parti ben distinte: una che produce denaro e una che il denaro lo spende. Della prima ne fanno parte il motore di ricerca e Youtube, core business dell’azienda. Della seconda ne fanno parte il famoso laboratorio moonshot, X, la sezioni droni, Nest e Google Fiber.

Federica Maria Casavola

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