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Google Universal Music

Google e Universal Music le suoneranno ai cantanti con l’intelligenza artificiale?

La possibilità di clonare immagini e voci di personaggi famosi con l’intelligenza artificiale è una grande opportunità per aziende, etichette musicali, case di produzione cinematografiche ma anche una potenziale rovina per gli artisti. Ecco che cosa hanno in mente di fare Google e Universal Music per monetizzare le canzoni generate con l’IA

 

Mentre a Hollywood il mondo del cinema è in rivolta (anche) perché l’intelligenza artificiale (IA) minaccia di sostituire attori e sceneggiatori, Google e Universal Music starebbero negoziando un accordo che prevede la concessione delle licenze sulle melodie e sulle voci degli artisti per la musica generata artificialmente, i cosiddetti “deepfake”.

L’IA TRAVOLGE TUTTI

I festival del cinema rischiano di andare deserti. Negli Stati Uniti, infatti, oltre a chiedere un nuovo contratto, attori e sceneggiatori incrociano le braccia perché produttori e registi si dicono pronti a sostituirli con l’intelligenza artificiale. Una semplice scansione, in particolare degli attori meno noti e delle comparse, permetterebbe loro di clonarli e poterli riutilizzare potenzialmente per l’eternità, senza consenso o ulteriore remunerazione se non per quell’unica giornata in cui viene “rubata” la loro immagine.

Ma da tempo anche i cantanti stanno facendo i conti con l’intelligenza artificiale. Solo pochi mesi fa Spotify ha rimosso decine di migliaia di brani generati con l’IA e una canzone in cui si sentivano le voci di artisti popolari come Drake e The Weeknd era diventata virale sui social senza che nessuno di loro l’avesse mai cantata. Era infatti il prodotto di un creator che attraverso l’IA aveva clonato le loro voci con un software di simulazione, ovviamente senza chiedere il consenso. Inoltre, la didascalia che accompagnava il brano su YouTube – “E questo è solo l’inizio” – di certo non rassicurava gli artisti.

A CHE GIOCO GIOCANO UNIVERSAL MUSIC E GOOGLE?

Alla fine a far rimuovere la canzone per violazione del copyright era stata proprio la Universal Music, che produce tra gli altri lo stesso Drake. “La voce di un artista è spesso la parte più preziosa del suo sostentamento e del suo personaggio pubblico, e rubarla, a prescindere dai mezzi, è sbagliato”, ha dichiarato durante un’audizione di fronte ai legislatori statunitensi il mese scorso Jeffrey Harleston, consigliere generale dell’etichetta.

Inoltre, in aprile, come scriveva il Financial Times, la Universal Music, che controlla circa un terzo del mercato musicale mondiale, aveva esortato le piattaforme di streaming a impedire che i servizi di intelligenza artificiale effettuassero lo scraping dei loro brani senza autorizzazione o pagamento e aveva chiesto a Spotify e Apple di tagliare l’accesso al suo catalogo musicale agli sviluppatori che lo utilizzano per addestrare l’IA.

Google, invece, a inizio anno aveva presentato un software musicale alimentato dall’intelligenza artificiale in grado di generare brani a partire da descrizioni testuali, un po’ come già accade con le immagini. Sebbene avesse dichiarato di non avere “alcun piano” in merito al rilascio del programma a livello commerciale e gli autori avessero fatto notare criticità quali la potenziale violazione del copyright, a maggio il colosso di Mountain View ha reso disponibile al pubblico MusicLM, dichiarando di aver lavorato in collaborazione con gli artisti per svilupparlo.

MONETIZZARE È LA PAROLA D’ORDINE

Come è chiaro da tempo, quella dell’IA è un’opportunità irresistibile. Costi quel che costi. E due giganti come Google e Universal Music difficilmente non proveranno a coglierla. Ecco perché, stando al Financial Times, che per primo ha dato la notizia, le società sarebbero in trattativa per concedere in licenza le melodie e le voci degli artisti per canzoni generate dall’intelligenza artificiale.

Le discussioni, ancora in una fase iniziale, secondo quando dichiarato da fonti al corrente del dossier, “mirano a creare una partnership per un settore che è alle prese con le implicazioni della nuova tecnologia IA”. Il lancio dell’iniziativa non dovrebbe essere imminente, “ma l’obiettivo – afferma il FT – è quello di sviluppare uno strumento che consenta ai fan di creare legittimamente questi brani e di pagare i proprietari dei diritti d’autore”.

Gli artisti avrebbero la possibilità di scegliere se aderire o meno.

LA STESSA RIVOLUZIONE DI YOUTUBE?

La questione del copyright con l’avvento di grandi novità tecnologiche non è nuova. Non a caso, come riporta il quotidiano britannico, i dirigenti del settore musicale paragonano l’ascesa delle canzoni generate dall’intelligenza artificiale ai primi tempi di YouTube.

Infatti, quando gli utenti hanno iniziato a utilizzare la piattaforma di proprietà di Google si sono scatenati a inserire canzoni famose nei video che creavano e l’industria musicale ha dovuto combattere per anni per la violazione del copyright fino a quando le due parti hanno stabilito che YouTube pagasse circa 2 miliardi di dollari all’anno.

Ora la nuova sfida per Google è quella di rimanere al passo nella competizione dell’IA dato che Microsoft, il suo principale competitor, ha investito 10 miliardi di dollari in OpenAI, leader nel settore con ChatGPT, che è già stato integrato nel motore di ricerca Bing e nel software di produttività di Microsoft.

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