L’autorità garante della concorrenza del Canada, il Competition Bureau, ha fatto causa a Google per le sue presunte pratiche anticoncorrenziali nel mercato della pubblicità online, un’area che rappresenta da sola più del 50 per cento delle entrate totali della società. Oltre all’imposizione di una multa per violazione delle leggi antitrust canadesi – la somma potrebbe ammontare al 3 per cento del fatturato globale -, l’agenzia punta anche ad obbligare Google a vendere due dei suoi strumenti tecnologici per l’online advertising.
Questi strumenti tecnologici – ad tech tools, in gergo – sono le piattaforme digitali utilizzate per la compravendita di spazi pubblicitari sulle pagine web attraverso delle aste automatiche. Si parla invece di ad tech stack per riferirsi alle singole “parti” che formano il processo di acquisto di pubblicità online.
LA REPLICA
In un comunicato, Google ha detto che la decisione del Canada “ignora l’intensa concorrenza nella quale gli acquirenti e i venditori di spazi pubblicitari hanno ampia scelta […]. I nostri strumenti tecnologici per l’advertising aiutano i siti web e le app a finanziare i loro contenuti e consentono alle aziende di ogni dimensione di raggiungere efficacemente nuovi clienti”. Il motore di ricerca per Internet sviluppato dalla società, Google Search, è infatti il più utilizzato al mondo.
Google avrà quarantacinque giorni di tempo per presentare la sua risposta in tribunale.
GOOGLE HA ABUSATO DELLA SUA POSIZIONE DOMINANTE, DICE L’ANTITRUST DEL CANADA
Il Competition Bureau ha avviato un’indagine su Google nel 2020, concentrandosi inizialmente sul business della ricerca sul web per poi allargarsi ai servizi tecnologici per la pubblicità online. L’autorità ha stabilito che Google è la fornitrice principale di strumenti per l’online advertising in Canada e che “ha abusato della sua posizione dominante attraverso una condotta volta a garantire il mantenimento e il rafforzamento del suo potere di mercato”.
Il Competition Bureau ha spiegato anche che “attraverso una serie di decisioni calcolate, prese nel corso di diversi anni, Google ha escluso i concorrenti e si è radicata al centro della pubblicità online”. Per questo, “il controllo quasi totale di Google sul software pubblicitario è frutto di una progettazione e di una condotta premeditate, piuttosto che di prestazioni competitive superiori o di un caso fortuito”.
INTANTO, NEGLI STATI UNITI…
Negli Stati Uniti ad agosto un giudice federale ha stabilito che la società ha agito illegalmente per mantenere il suo monopolio nella ricerca online: la popolarità di Google Search, cioè, sarebbe dovuta anche al fatto che il motore di ricerca sia impostato come scelta predefinita sui dispositivi di Apple e di Samsung e sui browser come Firefox di Mozilla; Google versa ogni anno cifre miliardarie a queste aziende per continuare a essere l’opzione di default.
Il dipartimento di Giustizia americano ha proposto di obbligare Alphabet (la società madre di Google) a vendere il browser Chrome, il più utilizzato al mondo. Chrome è fondamentale per il business della pubblicità online di Google: potendo infatti tracciare l’attività degli utenti di Chrome su Search, l’azienda è poi in grado di impiegare i dati raccolti per proporre pubblicità mirate sui loro interessi.