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Gli influencer fanno i furbetti in tutta Europa

Secondo un'indagine della Commissione europea solo un influencer su cinque indica agli utenti i propri contenuti pubblicitari e nel 72% dei post passati in rassegna non era presente l'indicazione per i prodotti commerciali. Tutti i dettagli

 

Il caso Ferragni ha fatto scuola e ora anche l’Unione europea passa al vaglio le malefatte degli influencer. La Commissione Ue e le autorità nazionali per la tutela dei consumatori di 22 Stati membri, della Norvegia e dell’Islanda hanno controllati i post di 576 influencer pubblicati sulle principali piattaforme di social media e hanno scoperto che solo in rari casi le loro attività pubblicitarie erano rese note come richiesto dalla normativa Ue sui consumatori.

QUELLO CHE GLI INFLUENCER NON DICONO

Dallo screening dei profili esaminati è emerso che il 97% ha pubblicato post con contenuti commerciali, ma solo il 20% li ha sistematicamente segnalati come pubblicità. In particolare, il 38% di loro non ha utilizzato le etichette della piattaforma che servono a rivelare i contenuti commerciali (per esempio, l’opzione “partnership a pagamento” su Instagram), ma ha usato diciture diverse, come “collaborazione” (16%), “partnership” (15%) o ringraziamenti generici al marchio partner (11%).

Il 40% degli influencer, inoltre, ha promosso i propri prodotti, servizi o marchi e il 60% di questi non ha divulgato in modo coerente, o del tutto, la pubblicità.

Il report afferma poi che nel 40% dei casi è stata resa visibile l’informativa durante l’intera comunicazione commerciale.

Infine, il 78% degli influencer verificati esercitava un’attività commerciale, ma solo il 36% era registrato come commerciante a livello nazionale e il 30% non ha fornito alcun dato aziendale sui propri post, come l’indirizzo e-mail, la ragione sociale, l’indirizzo postale o il numero di registrazione.

SOCIAL UTILIZZATI E TIPO DI ATTIVITÀ

Diversi influencer erano attivi su varie piattaforme: 572 avevano post su Instagram, 334 su TikTok, 224 su YouTube, 202 su Facebook, 82 su X (ex Twitter), 52 su Snapchat e 28 su Twitch.

I principali settori di attività interessati sono, in ordine decrescente, moda, stile di vita, bellezza, cibo, viaggi e fitness/sport. 119 di loro sono stati considerati promotori di attività non salutari o pericolose, come cibo spazzatura, bevande alcoliche, trattamenti medici o estetici, gioco d’azzardo o servizi finanziari come il cripto trading.

Tra gli influencer esaminati, 82 avevano oltre 1 milione di follower, 301 oltre 100.000 e 73 tra 5.000 e 100.000.

I RISULTATI DELL’INDAGINE UE SUGLI INFLUENCER

A seguito dell’indagine sono stati quindi selezionati per ulteriori approfondimenti 358 influencer. Le autorità nazionali, fa sapere la Commissione Ue, li contatteranno per chiedere loro di rispettare le regole in vigore e, se necessario, potranno essere intraprese ulteriori azioni di controllo, in conformità con le procedure nazionali.

La Commissione ha inoltre aggiunto che analizzerà i risultati dell’indagine anche alla luce degli obblighi legali delle piattaforme ai sensi del Digital Services Act (Dsa), la legge sui servizi digitali che, tra l’altro, entrerà in vigore in tutta l’Ue per tutte le piattaforme online dal 17 febbraio 2024 e non più solo per colossi quali Instagram, TikTok, Youtube, Facebook, X e Snapchat.

COSA CAMBIA CON IL DIGITAL SERVICES ACT

Nato con l’obiettivo di armonizzare gli obblighi per tutte le piattaforme online nell’Ue e per rafforzare la sicurezza e l’affidabilità dello spazio online, il Dsa prevede che gli influencer che caricano contenuti debbano dichiarare se in essi ci sono comunicazioni commerciali.

Inoltre, coloro che si qualificano come commercianti devono fornire informazioni per garantire la loro tracciabilità prima di utilizzare una piattaforma online per promuovere o offrire i loro prodotti o servizi.

IL DIGITAL FAIRNESS CHECK

Quanto emerso dall’indagine confluirà anche nel Digital fairness fitness check sul diritto dei consumatori dell’Ue, lanciato dalla Commissione Ue la scorsa primavera e il cui obiettivo è valutare i problemi che i consumatori devono affrontare nei mercati digitali e determinare se la normativa Ue applicabile è sufficiente a garantire un livello elevato di protezione dei consumatori o se necessita di modifiche mirate per affrontare meglio questi problemi.

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