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Perché temo la guerra tecnologica dei fondi sovrani. Parola di Evgeny Morozov

Dove sta andando la tecnologia? Per scoprirlo bisogna guardare al portafogli. Secondo Evgeny Morozov, a soli 30 anni uno dei maggiori esperti delle evoluzioni del web e dell’economia digitale, per avere un’idea del futuro della tecnologia va capito chi lo finanzia. Come ha analizzato recentemente su Le Monde Diplomatique, i soggetti in questione sono cambiati…

Dove sta andando la tecnologia? Per scoprirlo bisogna guardare al portafogli. Secondo Evgeny Morozov, a soli 30 anni uno dei maggiori esperti delle evoluzioni del web e dell’economia digitale, per avere un’idea del futuro della tecnologia va capito chi lo finanzia. Come ha analizzato recentemente su Le Monde Diplomatique, i soggetti in questione sono cambiati negli ultimi tre decenni. Per primo troviamo l’esercito, in seguito le società di venture capital. Oggi assistiamo invece a una nuova pagina scritta da consistenti fondi di investimento, dai bilanci miliardari e spesso legati con i governi.

SOFTBANK (SAMA FUND) DOCET

Per il guru bielorusso il capofila tra questi fondi è senz’altro Vision Fund, del gigante di tlc giapponese SoftBank. Da quando ha chiuso il primo round di investimenti nel maggio scorso, Vision Fund ha investito in 30 società, dal servizio di taxi-sharing Uber al produttore di chip Nvidia fino al portale indiano di e-commerce Flipkart.

In una recente intervista con CNBC, alla domanda quanto e su quante aziende Vision avrebbe investito, il ceo Rajeev Misra ha risposto circa 100 miliardi di dollari tra le 70 e 100 imprese nel campo dell’intelligenza artificiale o della robotica. Finora il fondatore e ceo di SoftBank, Masayoshi Son, l’ha pensata bene adottando un modello semplice: dare vita ad aziende stabili e redditizie come la divisione di telefonia mobile e utilizzarle come garanzia per prendere in prestito più fondi e acquistare società tecnologiche promettenti.

Ma se Masayoshi Son è la mente, di chi è la mano che rimpolpa il portafogli del Vision Fund? Al primo posto c’è l’Arabia Saudita che ha impegnato 45 miliardi di dollari, seguita da Abu Dhabi con 15 miliardi di dollari e presto raggiunte dal Bahrain, secondo un’indiscrezione di Reuters. Secondo Morozov, SoftBank e i suoi partner mirano a guidare l’avanguardia della trasformazione digitale dell’economia globale e controllare i suoi parametri chiave: infrastrutture, dati personali e intelligenza artificiale.

IL CASO DELLA CAUTA NORVEGIA

Tuttavia, non tutti i fondi sovrani operano allo stesso modo precisa l’esperto bielorusso. Il primo della lista nella top ten dei dieci fondi sovrani al mondo stilata dal Sole 24 Ore, è il Norway’s Government Pension Fund Global. Il fondo pensionistico pubblico del ricco paese produttore di petrolio del Nord Europa è stato infatti il primo, nel settembre scorso, a superare la quota di mille miliardi di dollari di asset gestiti. Secondo Morozov il fondo è fin troppo cauto nei suoi investimenti: evita spesso settori problematici e preferisce le società quotate alle start-up. Inoltre, investe solo denaro norvegese.

Come emerge dall’analisi di Morozov, la Norvegia ha beneficiato di un recente boom di titoli tecnologici, in quanto il suo fondo possiede gran parte della Silicon Valley. Ciò ha dato una spinta alla spesa sociale dal momento che i fondi hanno contribuito a ridurre i deficit di bilancio. Tuttavia, questo giro di investimenti ha dato il via a un circolo vizioso per cui il paese diventa sempre più dipendente dai servizi delle imprese tecnologiche che sostiene. Ed ecco allora che c’è poca tecnologia a livello nazionale per soddisfare le esigenze nel cloud computing o nell’intelligenza artificiale secondo Evgeny Morozov.

PAESE CHE VAI, TECNOLOGIA E FONDO CHE TROVI

Il senso di questa dipendenza si palesa nell’analisi di Morozov quando si prendono in considerazione alcuni paesi che non rinunceranno mai alla loro politica nazionale proattiva a favore delle nuove tecnologie, preferendo “coccolare” i propri giganti tecnologici. L’esempio citato è il caso cinese: Pechino ha stanziato oltre 150 miliardi di dollari per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e vuole controllare strettamente i suoi chip, reti e dati e non c’è da aspettarsi che il fondo sovrano investa in società tecnologiche che saranno acquistate dal Bahrain o da Abu Dhabi.

Stessa storia anche per gli Stati Uniti. Non è un caso che il Presidente Trump abbia bloccato la proposta di acquisto dell’americana Qualcomm da parte della rivale Broadcom –  con sede a Singapore –  per motivi di “sicurezza nazionale”. Entrambe le società sono impegnate nella progettazione e nella produzione di microprocessori e altri componenti per computer e reti informatiche. Data la retorica di Donald Trump, è difficile immaginare che Washington stia chiudendo un occhio quando i fondi sovrani stranieri acquisiscono società tecnologiche statunitensi.

La tesi sostenuta da Morozov è che l’espansione di questi fondi in tutto il mondo non riflette un inno alla globalizzazione, bensì uno strumento del nazionalismo economico. Se alcuni investono miliardi in giganti stranieri della tecnologia, chiederanno logicamente di rimuovere gli ostacoli agli investimenti. Si tratta piuttosto di un protezionismo 4.0.

E L’EUROPA?

Mentre la Cina e gli Stati Uniti stanno investendo nelle proprie società tecnologiche, l’Europa è il “tacchino della farsa” per usare le parole dell’esperto bielorusso in quanto ha perso tutta la sua gloria in questo settore. Per tornare al SoftBank dell’inizio, nel Regno Unito il gigante giapponese ha acquisito il produttore di chip ARM e investito nella startup per la realtà virtuale Improbable. Senza dimenticare che ha venduto la sua intelligenza artificiale DeepMind al colosso americano Alphabet.

Conclusione amara per l’Europa nella tesi di Morozov: tra gli impulsi protezionistici della Cina e degli Stati Uniti e la destrezza finanziaria dei paesi del Golfo, il Vecchio continente rischia di pagare il prezzo della sua politica tecnologica. Se sa come vendere auto e occhiali, vendere auto a guida autonoma e occhiali intelligenti sarà un altro paio di giochi.

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