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Fair share, ecco come Urso sfruculia Google, Amazon, Meta e Netflix

Che cosa ha sostenuto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, al consiglio informale Ue sulle telecomunicazioni su fair share e non solo. Ma nel governo Meloni la linea sul dossier non appare del tutto chiara. Ecco perché

Il governo Meloni appoggia il Fair Share, ovvero il contributo equo di tutti gli attori digitali a finanziare le reti di telecomunicazioni dell’Ue.

“Tutti gli operatori del mercato che traggono vantaggio dalla trasformazione digitale devono contribuire in modo equo e proporzionato ai costi delle infrastrutture, dei servizi e dei beni pubblici, a beneficio di tutte le persone che vivono nell’Ue. È quanto sostenuto ieri dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso (nella foto), al consiglio informale Ue sulle telecomunicazioni tenutosi a Léon, in Spagna.

Da tempo gli operatori Telco vogliono dividere i costi del lancio del 5G nell’Ue con le Big Tech, che delle reti sono i principali utilizzatori, insistendo sul “fair share” ovvero il contributo equo di tutti gli attori digitali. Per i giganti del web come Google, Amazon, Meta e Netflix anziché di “fair share” si dovrebbe parlare piuttosto di “Internet tax” o “commissioni di rete”, visto che di tariffe si tratta.

Dunque l’Italia, tramite le parole del ministro Urso, sostiene la richiesta delle telco come Deutsche Telekom, Orange, Telefonica e Tim alle big tech di contribuire a finanziare le infrastrutture di rete.

Un cambio di passo rispetto alla frenata avvenuta quest’estate per mano del sottosegretario della presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione, Alessio Butti, che con una lettera inviata al commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, in merito alla consultazione avviata sul “fair share” aveva chiesto una moratoria in attesa di un’ulteriore indagine che producesse dati pubblici sul mercato e sugli investimenti più condivisi, come riassunto dal Sole 24 Ore.

Tuttavia, anche il ministro Urso invoca la necessità di “uno studio di settore l’impatto reale della Fair Contribution”.

URSO: ITALIA SOSTIENE FAIR SHARE, MA…

In occasione del Consiglio dei ministri Ue delle telecomunicazioni il 23 e 24 ottobre in Spagna, il governo ha formalizzato la propria posizione sul fair share. “L’Italia prende atto del principio della ‘giusta e proporzionata contribuzione’ di cui alla “Dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali per il decennio digitale” ha dichiarato Urso. “In sostanza, gli operatori del mercato che traggono vantaggio dalla trasformazione digitale devono contribuire ai costi delle infrastrutture e dei servizi”.

Quindi l’esecutivo ha espresso appoggio al contributo diretto da parte dei fornitori di contenuti ai costi delle infrastrutture di rete.

…ALLA LUCE DEI RISULTATI DELLA CONSULTAZIONE PUBBLICA

Allo stesso tempo, il ministro Urso non ha potuto non evidenziare come i risultati della consultazione pubblica europea dimostrano come “ci sia una sostanziale polarizzazione tra gli stakeholder di settore che si attestano su posizioni contrastanti”.

Pertanto, “il tema della fair contribution è chiaramente delicato e di una portata tale che deve essere affrontato a livello europeo di concerto con la Commissione e tutti gli altri Stati Membri, tanto al fine di non creare effetti distorsivi o violazioni del principio di neutralità della rete”.

URGE “ACCURATO STUDIO DI SETTORE”

Dunque, a fronte dei risultati della consultazione pubblica europea, Urso ha sollecitato “un accurato studio di settore, ovvero da una valutazione di impatto ex ante da parte della Commissione che ci aiuti a capire se e quanto l’infrastruttura sia “appesantita” dal sovraccarico dei flussi delle OTT, analizzando così se una misura fair share possa avere un impatto non sperato”.

Le Telco e i grandi generatori di contenuti devono quindi potersi sedere ad un tavolo “con l’unico obiettivo di accelerare ulteriormente lo sviluppo delle nuove reti digitali fisse e mobili virtualizzate e cloud based a banda ultralarga, diffondere contenuti di qualità e garantire livelli di servizio adeguati agli utenti, il tutto senza mai pregiudicare gli investimenti dei campioni nazionali nei settori adiacenti (es. broadcaster) presenti in ciascun Stato Membro” ha spiegato il ministro.

LA POSIZIONE POCO NETTA DEL GOVERNO ITALIANO

Con l’intervento del ministro delle Imprese e del Made in Italy, il nostro paese avrà definitivamente chiarito in seno all’Ue la propria posizione sul fair share?

In precedenza, l’Italia aveva spinto con Francia e Spagna per accelerare un’iniziativa a livello Ue, guidata dal commissario per il mercato interno Thierry Breton, per far sì che i più importanti generatori di traffico come Google e Netflix contribuissero al costo delle infrastrutture digitali, riferiva a giugno El Pais.

Tuttavia, all’inizio di agosto, il sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti ha inviato una lettera indirizzata all’esecutivo di Bruxelles in cui ha delineato la posizione ufficiale di Roma sul dibattito europeo riguardo l’introduzione di una Internet tax, come riportato da Repubblica.

“Ad oggi qualunque decisione è prematura, servono informazioni approfondite. Si rischia una spirale di prezzi più alti”, aveva messo nero su bianco Butti chiedendo quindi di rinviare qualsiasi tipo di iniziativa in attesa di prove e dati certi.

Quel che è certo è che oggi il ministro Urso, ripercorrendo l’appello del sottosegretario Butti, ha richiamato l’esecutivo di Bruxelles sulla necessità — prima di proporre qualsiasi legislazione sul fair share —  di valutare attentamente se e in che misura l’infrastruttura di rete è effettivamente sovraccaricata da contenuti e servizi generati dalle grandi aziende tecnologiche.

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