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Telco Big Tech

5G, ecco come Tim, Vodafone e non solo battono cassa a Google, Apple, Meta e Amazon

Le telco hanno elaborato una proposta per addebitare a Big Tech il lancio del 5G nell'Ue. I grandi operatori di rete vogliono dividere i costi con le imprese Over-The-Top, fornitori di contenuti che delle reti sono i principali utilizzatori. Fatti, numeri e approfondimenti

È battaglia tra operatori Telco e Big Tech sul “fair share”, ovvero il contributo equo di tutti gli attori digitali.

I primi vogliono infatti dividere i costi del lancio del 5G nell’Ue con i secondi, che delle reti sono i principali utilizzatori. Ma per i fornitori di contenuti anziché di “fair share” si dovrebbe parlare piuttosto di “commissioni di rete”, visto che di tariffe si tratta.

Nello specifico, i gruppi tech che rappresentano più del 5% del picco medio di traffico internet di un provider di telecomunicazioni dovrebbero finanziare il lancio del 5G e della banda larga in Europa.

È questo il succo della proposta delle associazioni Etno e Gsma del settore tlc inviata alla Commissione europea, che a febbraio ha lanciato una consultazione pubblica nell’ambito del Connectivity Package, conclusasi il 19 maggio. Gsma e Etno rappresentano oltre 160 operatori fissi e mobili europei fra cui Deutsche Telekom, Orange, Telefonica, Tim e Vodafone.

Quindi l’industria tlc chiede a Bruxelles di addebitare i costi delle infrastrutture a Google, Apple, Meta, Amazon, Netflix e TikTok.

Nel frattempo, nel nostro paese è iniziato il 17 maggio, presso il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio, il secondo ciclo di incontri one-to-one tra il sottosegretario con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, gli operatori delle telecomunicazioni e le imprese Over-The-Top per sviluppare una posizione politica condivisa proprio sul tema del “fair share”.

Tutti i dettagli.

LA CONSULTAZIONE AVVIATA DA BRUXELLES

Come ha ricordato di recente il Corriere della sera, in occasione del lancio della consultazione pubblica, il commissario europeo per il Mercato Interno, Thierry Breton, ha dichiarato di non vedere la questione come «una scelta binaria tra chi fornisce le reti oggi e chi le alimenta con il traffico». «Per me la vera sfida è fare in modo che entro il 2030 i nostri concittadini e le imprese nelle nostre strade in tutta l’Ue abbiano accesso a una connettività Gigabit veloce, affidabile e ad alta capacità di dati – aveva spiegato Breton – E per questo abbiamo bisogno delle reti di connettività, le autostrade del futuro. Questa è la visione. Non si tratta di stabilire se un interesse personale debba prevalere su un altro».

LA PROPOSTA DELLE TELCO SULLA DIVISIONE DEI COSTI CON BIG TECH

E alla vigilia della conclusione della consultazione pubblica, la proposta degli gli operatori di telecomunicazioni è arrivata.

Se da anni le big telco hanno fatto pressioni affinché le principali società tecnologiche aiutassero a pagare il conto per il lancio del 5G e della banda larga, affermando che creano una parte enorme del traffico Internet della regione, questa è la prima volta che hanno cercato di definire una soglia per chi dovrebbe pagare, spiega Reuters.

“Proponiamo una soglia chiara per garantire che solo i grandi generatori di traffico, che hanno un impatto sostanziale sulle reti degli operatori, rientrino nell’ambito di applicazione”, si legge nel paper messo a punto da Gsma e Etno. “I grandi generatori di traffico sarebbero solo quelle aziende che rappresentano oltre il 5% del traffico medio annuo di un operatore nelle ore di punta misurato a livello di singola rete”, prosegue la proposta.

I COSTI DELLE INFRASTRUTTURE

Secondo gli operatori europei è ingiusto spendere decine di miliardi di euro ogni anno in infrastrutture per tenere il passo con il traffico in crescita mentre una manciata di grandi fornitori di contenuti ottiene il pubblico e parte delle entrate.

Nella prima metà del 2022, Google, Netflix, Facebook, Microsoft, Apple e Amazon hanno generato quasi la metà del traffico Internet, secondo un rapporto della società canadese di applicazioni e intelligence di rete Sandvine.

Come riassunto da Politico, per le telco europee non è sostenibile poiché il traffico aumenta e significa che faranno fatica a fare gli investimenti necessari per l’obiettivo digitale dell’Ue di connettere 45 milioni di europei alla banda larga gigabit e al 5G entro il 2030. Come ricordano Gsma e Etno nel loro paper, nel 2021 l’investimento annuo totale delle società di telecomunicazioni europee è stato di 56,3 miliardi di euro”.

Dall’altra parte le aziende Big Tech, o almeno Big Content, affermano che la crescita del traffico non sta andando fuori controllo e che stanno già contribuendo all’infrastruttura. Costringerli a pagare una tariffa consentirebbe agli operatori di telecomunicazioni di addebitare lo stesso servizio sia ai clienti che ai fornitori di contenuti.

LA POSIZIONE DI META

Intanto, una delle big tech si è esposta immediatamente sul tema. Meta, la società fondata da Mark Zuckerberg proprietaria di Facebook, Instagram e WhatsApp, ha esortato Bruxelles a respingere qualsiasi proposta di addebitare a Big Tech costi di rete aggiuntivi.

In un post sul blog, Markus Reinisch, vicepresidente di Meta per le politiche pubbliche per l’Europa, ha descritto le potenziali tariffe come “un’elemosina del settore privato per operatori di telecomunicazioni selezionati” che disincentiverebbe l’innovazione e gli investimenti e distorcerebbe la concorrenza. “Esortiamo la Commissione a considerare le prove, ad ascoltare la gamma di organizzazioni che hanno espresso preoccupazioni e ad abbandonare queste proposte fuorvianti il più rapidamente possibile”, ha concluso il rappresentante di Meta.

COSA SUCCEDERÀ?

La consultazione si è conclusa il 19 maggio. “Tutte le opzioni sono sul tavolo”, aveva sottolineato Breton in occasione dell’avvio della consultazione. Non è chiaro quale delle diverse opzioni la Commissione potrebbe scegliere per eventuali pagamenti infrastrutturali.

“L’Europa è ancora molto lontana dalla piena copertura del 5G e della fibra e un contributo ragionevole da parte dei giganti della tecnologia sarebbe un aiuto cruciale”, ha affermato a Politico Maarit Palovirta, direttore senior degli affari normativi presso l’Associazione europea degli operatori di rete di telecomunicazioni (ETNO), che ha chiesto un risarcimento da imprese tecnologiche.

Dall’altra parte “Se le società di contenuti devono pagare commissioni aggiuntive alle società di telecomunicazioni incumbent oltre a quanto già investiamo nella fornitura di contenuti, avremo meno investimenti disponibili per i contenuti”, aveva affermato sempre a Politico Giulia Iop, responsabile delle politiche dell’UE presso l’emittente Sky, a nome della VOD Coalition, una coalizione di piattaforme di streaming tra cui Netflix, Paramount e Warner Bros. Discovery.

Inoltre, gli oppositori del “fair share” sostengono anche che la commissione viola anche la neutralità della rete, un concetto sancito dalla legge europea che garantisce che tutto il traffico debba essere trattato allo stesso modo, indipendentemente dalla sua fonte.

AL VIA PRESSO IL DIPARTIMENTO PER LA TRASFORMAZIONE DIGITALE DELLA PDC SECONDO CICLO DI INCONTRI CON OPERATORI E OTT

Infine, in parallelo alla sede europea, nel nostro paese prosegue il confronto con gli operatori telco volto alla definizione di una Revisione della Strategia per la Banda Ultra Larga, proposta dal sottosegretario Butti e approvata all’unanimità nell’ultimo Comitato interministeriale per la transizione digitale. Ieri il sottosegretario ha ascoltato i primi rappresentanti delle imprese Ott, al fine di analizzare le esigenze e le problematiche del settore, raccogliere le valutazioni di tutte le parti, e sviluppare una posizione politica condivisa sul tema del “fair share”. Gli incontri proseguiranno nelle prossime due settimane, secondo quanto riferito dalla nota del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio.

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