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Google Governo

Perché Google slinguazza il governo Meloni

Che cosa ha scritto Diego Ciulli, Head of Government Affairs and Public Policy di Google Italy, a proposito della lettera inviata a Bruxelles dal sottosegretario con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, sull'ipotesi dell'introduzione di una "Internet tax"

 

Google applaude alla mossa del governo Meloni riguardo il Fair Share, ovvero il contributo equo di tutti gli attori digitali di cui si dibatte nell’Unione europea.

Da tempo gli operatori Telco vogliono dividere i costi del lancio del 5G nell’Ue con le Big Tech, che delle reti sono i principali utilizzatori. Ma per i giganti del web, fornitori di contenuti (come appunto Big G), anziché di “fair share” si dovrebbe parlare piuttosto di “Internet tax” o “commissioni di rete”, visto che di tariffe si tratta.

All’inizio dell’estate la Commissione europea ha chiuso la consultazione pubblica che include una proposta secondo cui le grandi aziende tecnologiche dovrebbero contribuire ai costi delle infrastrutture nella misura in cui generano traffico sulle reti. L’iniziativa è diventata ormai nota come “fair share”, basata sul principio del senders pay, secondo cui chi invia traffico deve pagare per le reti.

In precedenza, l’Italia aveva spinto con Francia e Spagna per accelerare un’iniziativa a livello Ue, guidata dal commissario per il mercato interno Thierry Breton, per far sì che i più importanti generatori di traffico come Google e Netflix contribuissero al costo delle infrastrutture digitali, riferiva a giugno El Pais.

Tuttavia, all’inizio di agosto, il sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti (nella foto) ha inviato una lettera indirizzata all’esecutivo di Bruxelles in cui ha delineato la posizione ufficiale di Roma sul dibattito europeo riguardo l’introduzione di una Internet tax, come riportato da Repubblica.

“Ad oggi qualunque decisione è prematura, servono informazioni approfondite. Si rischia una spirale di prezzi più alti”, ha messo nero su bianco Butti chiedendo quindi di rinviare qualsiasi tipo di iniziativa in attesa di prove e dati certi.

E proprio ieri è arrivato il plauso alla presa di posizione del governo Meloni da parte di un rappresentante di Google, che di questa Internet tax sarebbe uno dei principali destinatari.

Ecco tutti i dettagli.

LA MISSIVA DEL SOTTOSEGRETARIO BUTTI INDIRIZZATA AL COMMISSARIO EUROPEO BRETON

“Qualsiasi proposta così com’è è prematura”, ha scritto il sottosegretario Alessio Butti (Fratelli d’Italia) direttamente al commissario Ue Breton, che dovrebbe presentare una proposta sul fair share il prossimo ottobre.

Già a giugno, il sottosegretario all’Innovazione aveva dichiarato che “si tratta di una questione estremamente complessa e per questo auspichiamo che qualunque proposta in via di definizione in sede europea possa essere sostenuta da un’attenta analisi dei costi e dei benefici, affinché si valutino in modo approfondito gli impatti delle misure sullo sviluppo di Internet, oltre che sulla trasformazione digitale di imprese e Pubblica amministrazione”.

Ora però, con la lettera datata il 4 agosto, l’esponente del governo Meloni frena la Commissione europea spiegando che “un contributo diretto da parte dei fornitori di contenuti rischia di creare una situazione in cui gli operatori di telecomunicazioni utilizzano il loro potere di mercato e la loro posizione sul fronte dell’accesso dei clienti”.

SECONDO BUTTI DALL’INTERNET TAX EFFETTI NEGATIVI

Nella missiva indirizzata a Bruxelles, ripresa da Repubblica, Butti sottolinea che oggi “i contenuti dei giganti della Rete (il calcio, le serie tv, i film) spingono le persone ad abbonarsi alla fibra ottica. E più aumentano gli allacci e gli abbonamenti alla fibra, più questi colossi sono incoraggiati a creare nuovi contenuti. La situazione, insomma, è virtuosa e vantaggiosa per tutti gli attori in campo”.

Al contrario una Internet Tax – scaricata sulle spalle dei colossi dell’economia digitale – secondo Butti produrrebbe una serie di effetti negativi.

Secondo  la tesi sostenuta da Butti e riassunta da Repubblica, “Amazon Prime, Apple Tv, Disney+, Netflix – se obbligate a finanziare lo sviluppo tecnologico del web – certo limiterebbero la creazione di contenuti editoriali (come film e serie), contenuti anche europei. Non solo. Sarebbero anche tentate di aumentare il costo degli abbonamenti alle loro piattaforme, rovesciando sull’uomo della strada il peso della Internet Tax”.

Pertanto l’intero processo di digitalizzazione risulterebbe frenato. “Ed è illogico – puntualizza Butti – tassare proprio ciò che vogliamo promuovere maggiormente, ovvero il digitale”.

I NUMERI SNOCCIOLATI DA BRUXELLES NON CORRETTI SECONDO IL GOVERNO ITALIANO

Ha inoltre aggiunto Butti: “Chiediamo che la Commissione Europea indaghi mostrando prove e dati prima di proporre qualsiasi nuova misura cui attualmente ci opporremmo”.

“Uno studio, appena pubblicato dalla Commissione (a supporto delle sue tesi), contiene numeri relativi all’Italia che non sono corretti e immagino che questo possa valere anche per gli altri Paesi. Faccio notare che non siamo mai stati consultati al riguardo per la verifica delle informazioni contenute” ha specificato il sottosegretario.

LA POSIZIONE DI DIEGO CIULLI (GOOGLE ITALIA)

E a esultare per la nuova presa di posizione del governo Meloni sul dibattito in corso in Ue è Diego Ciulli, Head of Government Affairs and Public Policy di Google Italy.

“E così, mentre stavamo tutti in vacanza, il Sottosegretario Alessio Butti ha inviato una lettera alla Commissione Europea contro la proposta di una tassa su internet”, ha esordito Ciulli sul suo profilo Linkedin.

Secondo il manager di Google Italy, quella di Butti “è una presa di posizione in linea con l’interesse nazionale: da noi ingentissime risorse pubbliche sono già state investite per costruire la rete, e una tassa su internet inevitabilmente andrebbe a colpire l’industria creativa italiana e a rallentare la digitalizzazione complessiva del paese”.

Non solo, per Ciulli “con questa mossa l’Italia assume di fatto anche la leadership dei paesi contrari alla proposta della Commissione, e dopo tantissimi anni torna ad avere un ruolo attivo e autonomo sulle politiche dell’innovazione Europea. Insomma, è una cosa importante”.

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