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Lockheed Martin Italia

F-35B, gli scazzi Aeronautica-Marina e il caso Grottaglie

L'analisi di Luigi Tancredi, pilota dell’Aeronautica Militare per 14 anni, per Ares Difesa

 

Devo fare alcune premesse.

Quello che scrivo è il frutto del pensiero maturato in base alla mia esperienza di pilota dell’Aeronautica Militare per 14 anni e delle numerose conoscenze che ho nell’ambito dei piloti militari in Italia.

Lo dico subito, credo che la disputa, tristissima, sull’F35-B non avrà un esito positivo per nessuno, né per lo Stato, né per il contribuente.

Cominciamo col dire che l’organica dell’Aeronautica è un’anomalia nel contesto delle Forze Armate poiché il quadro combattente è quasi del tutto formato dal quadro dirigente.

Per la Marina la situazione è diversa, ha una distribuzione del quadro combattente più standard con Ufficiali, Sottufficiali e truppa proporzionali. In questo quadro i velivoli non sono affatto al centro, ma sono solo uno dei tanti sistemi d’arma che compongono la forza navale.

A mio avviso, parlando di trattamento amministrativo i ridicoli stipendi, comparati agli altri Paesi occidentali ed europei, hanno un peso notevole nella vicenda. Essendo infatti le buste paga composte anche da indennità, alcune volte assurde, si creano situazioni paradossali dove un Comandante di nave militare magari prende meno di un pilota imbarcato sulla sua stessa nave. Vi assicuro che sono dinamiche reali molto tristi che finiscono per influire. Questo per dire che la comunità piloti militari in Marina soffre di una considerazione minore a quella che dovrebbe avere.

Molti anni fa, fine anni ’90, la Marina decise di non brevettare più i suoi piloti militari presso le scuole dell’Aeronautica. Pertanto, i piloti militari della Marina, e quindi della Guardia Costiera-Capitaneria di Porto, da anni si brevettano presso le scuole US Navy.

Avvicinandoci al contesto aeronavale, nello specifico dell’ala fissa, i piloti di AV8+ seguono un iter molto complesso e decisamente interessante che culmina con un imbarco di diversi mesi su una nave della US Navy all’interno di un Gruppo Volo USMC; tradotto vuol dire accumulare un bagaglio mostruoso di esperienza. Il pilota di AV8+ è quindi completo al rientro in Italia e deve solo transitare nelle operazioni della Marina che sono poi molto simili a quelle US Navy.

L’AV8+ per anni è stato di gran lunga il miglior caccia in Italia, allorquando fu acquistato nei primi anni ’90. Quando in Aeronautica i Generali ancora parlavano delle salite ripide dei 104 e la politica acquistò senza cognizione di causa il Tornado ADV, una flotta che fu un fallimento totale, la Marina aveva un caccia moderno, multiruolo reale, perfettamente integrato nel sistema d’arma. Per me non è un problema ammetterlo, per molti in Aeronautica lo è stato. Certo, subsonico e magari non performante, ma efficace e, soprattutto, moderno. Ma questa leadership assoluta era limitata a 16 velivoli, più due biposto da conversione operativa (il requisito originario richiedeva 22 velivoli tra monoposto e biposto) ed ebbe un costo mostruoso per la Marina. Pian piano, si fece il grande errore già compiuto in Aeronautica a fine anni ’80 inizio ’90, ovverosia tagliare sulle ore volo, ridurre gli eventi addestrativi, usare l’aereo più da terra che imbarcato. È ovvio che se hai una sola nave portaerei non si possono eseguire rotazioni e quando ci sono le grandi manutenzioni gli aerei rimangono a terra.

A parte qualche missione importante, in cui hanno ben figurato malgrado alcune situazioni limite della Garibaldi, i piloti di AV8+ hanno smesso praticamente di volare ed oggi sono ben al di sotto dello standard minimo Nato che è di 180 ore l’anno (nel 2019 sono state eseguite poco meno di 800 ore di volo dalla linea Harrier). Gli aerei di conseguenza hanno ancora molte ore di volo e sono ancora in discrete condizioni, mi dicono (il velivolo beneficia del programma FMS in base al quale gli aggiornamenti compiuti sulla linea Harrier + dell’USMC sono rilasciati sui velivoli della Marina Militare e dell’Armada Spagnola).

Nel frattempo, l’Aeronautica era uscita da alcune situazioni pazzesche in cui si era messa da sola e ricominciava a far volare i suoi aerei. Pertanto, la linea Tornado ritornava prepotentemente quella di punta e, liberati dell’incubo 104 in tutte le sue infinite ed inutili versioni, si affacciava il Tifone. In questo contesto, in mezzo a mille critiche, giungeva la notizia che l’Italia sarebbe entrata nel programma F-35 da protagonista industriale e militare.

Io ero già in congedo dall’Aeronautica ma la mia sensazione, ormai da esterno, era che non fosse così chiaro a tutti, me compreso, che cosa fosse l’F-35. Non sto qui a spiegarlo, non ne avrei neanche tutte le competenze, ma di sicuro è stata una rivoluzione epocale. Lo dico senza vergogna, io non credevo affatto che la partecipazione italiana nel programma F-35 potesse andare avanti. Ma il Ministero della Difesa poneva la richiesta per le macchine, seguite successivamente dalle note riduzioni. In quel momento di riduzioni, al Ministero della Difesa, s’innescava una “lotta” irreale tra Forze Armate  per la versione F-35B.

Sull’F35-A non c’erano dubbi per sostituire i Tornado ed i Ghibli con un’unica linea. Si parte nel 2016 e nel 2018 il 13° Gruppo di Amendola con i primi F-35A ricevuti raggiunge la IOC ed inizia a montare di allarme su F-35, lasciando i Gruppi su Tifone un po’ spiazzati, trattandosi di una macchina completamente diversa. Il programma viaggia abbastanza spedito, lineare, con investimenti giusti, non senza difficoltà, dovute all’introduzione di una macchina così complessa e per la rimodulazione degli ordini che complica non poco i tempi di passaggio dei Gruppi designati sui nuovi velivoli.

In Marina, invece, quando si parla di pianificazione si hanno dei tempi lunghissimi poiché le navi devono essere pensate anni prima, sviluppate, impostate, costruite e varate e non sono ancora pronte al combattimento. Ci vogliono anni per completare il ciclo. Pertanto, al momento del primo ordine, la Marina aveva una flotta di AV8+ ancora in piena forma e provvedeva ad ordinare la versione F-35B, acquisto obbligato perché non c’era altra alternativa, per equipaggiare la nuova portaeromobili Cavour allora in allestimento.

La richiesta iniziale della Marina era di ventidue velivoli, ridotta a diciotto velivoli (sostituzione degli Harrier Plus e TAV-8B nel rapporto 1 a 1), ed infine ulteriormente portati a quindici (come quelli dell’Aeronautica); la Marina parlava già di una seconda portaeromobili programmata, poi evoluta in nave Trieste, una LHD dotata di un bacino per operazioni anfibie che non è e non sarà mai una portaerei in senso operativo.

È una nave che li può trasferire ed operare, può dare supporto manutentivo ad una linea a terra, ma non la si può considerare affatto come il Cavour. Le prove simulate parlano di 4-6 F35-B più elicotteri con limitate capacità operative nel senso di missioni generabili e relative operazioni manutentive. Diversa è nave Cavour, ma anche in questo caso l’errore, forse lo stesso dell’Aeronautica, è stato quello di non capire bene l’F-35. Cavour ha fatto delle prove con gli AV8+ e ne è uscito che avrebbe potuto gestire 10 di questi velivoli senza limitazioni e con l’adeguato supporto degli elicotteri nelle varie versioni e modelli (SH-101 e SH-90).

Peraltro, la Marina ha dovuto adeguare pesantemente la portaerei Cavour all’impiego dell’F-35B che ha richiesto diverse modifiche anche strutturali nonché l’imbarco del sistema logistico-informatico Alis. La nave, sottoposta ai lavori costati circa 78 mln di euro comprensivi del rifacimento del ponte di volo messo in grado di resistere alle temperature elevate generate dal potente turbogetto del F-35, sarebbe in grado di ospitare fino a 15 F-35B, ma, ovviamente, bisogna calcolare la quota necessaria di elicotteri imbarcati. Quindi, realisticamente si può pensare a 8-10 F35-B, anche se la Marina giura di poterne imbarcare anche 12. Bisogna ricordare che gli elicotteri sono fondamentali e che se imbarchi 12 F35-B su Cavour ti devi portare dietro molte altre navi con la componente elicotteri, considerando l’esiguo numero delle navi in grado di poter imbarcare gli SH-101, senza contare intenzionalmente grandi manutenzioni, aggiornamenti ed altro.

Pertanto, al Ministero della Difesa si cominciava a domandare il perché la Marina volesse 30 F35-B quando ancora gli AV8+ erano in buone condizioni e la capacità reale di impiego fosse di solo 8-10 macchine. Con 15 F35-B puoi avere una corretta rotazione e averne efficienti sempre 8 pronti ad essere imbarcati. Inoltre, nave Cavour, non solo era in ritardo, ma usciva dai cantieri con il ponte volo non omologato per gli F35-B (anche se in realtà, il programma di costruzione del Cavour si era svolto, allorquando il programma F-35 JSF era agli albori e le qualità nonché complicanze dei nuovi velivoli erano solo abbozzate e praticamente sconosciute).

In questo putiferio di numeri inventati e reali va considerato lo scarsissimo approccio della Marina al problema “sistema” F-35. Quando si compra una macchina del genere si deve puntare tutto sulla logistica e sull’adeguamento delle infrastrutture. Non basta mandare qualche pilota e qualche specialista a fare il corso per avere una Combat Ready, come non basta avere un’ancora sull’aereo per dire che la Marina ha gli F35-B operativi. E se il ponte volo di Cavour è stato aggiornato recentemente va detto che a Grottaglie, che non è una base militare ma un aeroporto civile con un distaccamento della Marina, si è fatto finora poco, perché le risorse sono limitate e la priorità l’ha avuto l’adeguamento del Cavour. Peraltro, con la chiusura del programma di ammodernamento del Cavour è previsto che l’area della Marina riceverà una serie di lavori atti ad adeguarla all’impiego degli F-35B anche in termini di sicurezza, potendo investire le risorse necessarie.

Peraltro, su Grottaglie pende un’altra questione non da poco; il Governo, la Difesa, il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, l’Enac e l’Enav hanno individuato ed indicato Grottaglie come sito per installare il primo (e forse unico) Spazioporto italiano per voli sub orbitali (che interessano moltissimo l’Aeronautica).

Bisognerà verificare che tipo di impatto (e se avrà impatto) un’attività del genere sull’attività degli F-35B della Marina e degli F-35B dell’USMC che, probabilmente, continueranno a servirsi della base pugliese come avviene oggi con gli Harrier +; infatti, pochi anni fa gli Stati Uniti hanno finanziato e fatto realizzare a Grottaglie la replica esatta di un ponte di volo di LHA/LHD sulla quale si addestrano i piloti italiani e statunitensi (per l’Italia non è una novità, considerato che a Luni era stato allestita la replica del ponte di volo del Garibaldi per facilitare l’addestramento).

Per risolvere la questione c’è stato un vano tentativo di ripetere la tristissima esperienza Antisom, per cui la Marina ha proposto equipaggi misti con manutenzione ed oneri all’Aeronautica e Operazioni alla Marina. Tentativo fallito sul nascere.

Poi, sull’esempio dei britannici, con i gruppi misti Royal Navy / Raf, già attivi con l’Harrier, si è provata anche quella via. Ma la Marina, afflitta anche da altre vicende, era molto, molto indietro su tutto. E qui s’infila l’Aeronautica che ha insistito nel requisito di 15 F-35B per operazioni di proiezione da basi avanzate (FOB) non predisposte. Su questo si è innescata la poco edificante vicenda del ritiro degli aerei allestiti dalla Faco di Cameri, con “guerre” epiche tra CSM non più in carica e l’attuale CSMD, con provvedimenti d’imperio presi dal ex Ministro della Difesa per assegnare il secondo (dopo il primo) velivolo alla Marina. Il “fronte” dei marinai sosteneva, infatti, che gli aerei dovevano essere consegnati in via prioritaria alla Marina per permetterle di raggiungere in tempi ragionevoli una massa critica per poter iniziare le operazioni ed affermava chiaramente che le mosse dell’Aeronautica erano volte solo a ritardare i progetti della Marina e finanche a riportare nel suo alveo l’Aviazione di Marina. Tutto ciò sembrava (e sembra a chi scrive) un ritorno alle feroci polemiche che negli anni ottanta del passato secolo precedettero il “varo” della Legge che consentì alla Marina Militare di potersi dotare in autonomia di velivolo di peso superiore ai 1.500 kg.

Nel frattempo i primi due velivoli della Marina hanno raggiunto gli Stati Uniti per permettere la conversione operativa dei piloti e dei tecnici, mentre, dopo l’ennesima “battaglia” l’Aeronautica ha preso in carico il primo F-35B inviandolo ad Amendola insieme ai convenzionali A. Recentemente, l’Arma Azzurra ha voluto dare ampio risalto mediatico ad un’esercitazione di rischieramento dell’unico esemplare B in carico sulla base di Pantelleria con rifornimento in volo ed operazioni dalla pista dell’isola nel Canale di Sicilia.

Ripeto, non ho tutte le competenze necessarie, ma una convivenza operativa tra la Marina all’Aeronautica non è percorribile in quanto non è pensabile che i piloti dell’Aeronautica si possano non solo abilitare ma abituarsi ad operare in ambienti limitati come le portaerei-portaeromobili in dotazione alla Marina. Né, d’altra parte, è presumibile che la Marina sarebbe disponibile a cedere l’operatività dei suoi velivoli all’Aeronautica in un’ipotesi di convivenza “forzata” (l’esempio, per molti osservatori un vero e proprio “scempio” ai danni della Royal Navy che ha perso la componente aerea imbarcata a favore della Raf pur di ottenere la costruzione delle due portaerei Queen Elizabeth e Prince of Wales, è sotto l’occhio di tutti).

D’altra parte, anche la richiesta della Marina di avere in carico tutti i 30 F-35B ordinati dal Paese è oggettivamente sproporzionata perché manca delle risorse, finanziare, tecniche ed umane (piloti e tecnici) per supportare una forza simile nel quadro attuale organico e di bilancio. Per l’AM la priorità, nonostante le piroette mediatiche, non è certo armare un unico e solitario gruppo di F-35B, ma completare al più presto la sostituzione dei vecchi Tornado IDS (sia pure aggiornati) e degli obsoleti (ormai ridotti a pochi esemplari operativi) Ghibli con i più capaci F-35A.

Alla fine, rimane l’amaro in bocca di una vicenda nata male e gestita peggio, con tempi lunghi per vedere operativi gli F-35B in congruo numero della Marina e con un unico gruppo di F-35B dell’Aeronautica che dovrà dare un senso realistico ad un acquisto oggettivamente poco logico (solo la Raf ha acquistato tale velivolo, peraltro, per imbarcarlo sulle portaerei della Royal Navy).

 

(Estratto di un articolo pubblicato su aresdifesa.it)

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