Si fa incandescente la partita per il Polo Strategico nazionale (Psn), destinato a ospitare il cloud della Pa.
Il 7 settembre il ministro per la Transizione digitale, Vittorio Colao, ha confermato che sul Psn non ci sarà una gara ma un partneriato pubblico-privato.
Tra Polo Strategico Nazionale e migrazione dell’intera Pubblica Amministrazione nel cloud, il governo ha stanziato 1,9 miliardi di euro nell’ambito del Pnrr.
Al momento la cordata più accreditata a realizzare e gestire l’infrastruttura cloud è quella formata da Cdp e Tim con Leonardo e Sogei.
Come sintetizza oggi il Fatto quotidiano “il governo ha deciso di avviare un bando, accogliere proposte, però dietro le quinte fa di tutto per far prevalere solo una cordata: quella formata da Cassa Depositi e Prestiti in asse con Tim e con la partecipazione di Sogei, in huose del Tesoro, e Leonardo, l’ex Finmeccanica”.
Si confermano dunque le indiscrezioni del quotidiano Repubblica che la scorsa settimana ha scritto: “Le altre due cordate, Fincantieri-Amazon e Poligrafico-Fastweb potrebbero naufragare perché si mormora che il Mef stia cercando di scoraggiare altre società pubbliche a fare concorrenza allo squadrone in cui militano Cdp, Tim, Sogei e Leonardo”.
“Quindi il Tesoro ha deciso quali aziende partecipate o controllate direttamente o indirettamente dallo Stato possono candidarsi per il Cloud della Pubblica amministrazione”, aveva chiosato Gianluca Zappa su Start.
Una selezione che fa borbottare sia Fastweb sia il Consorzio Italia Cloud. Quest’ultimo include 6 società italiane (Seeweb, ETH, Netalia, Infordata, Sourcesense, Babyloncloud) e a inizio agosto aveva presentato la propria manifestazione d’interesse per il progetto Psn ma senza partner esteri.
Tutti i dettagli.
LA SCELTA DEL PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO
Lo scorso 7 settembre il ministro dell’Innovazione Colao ha citato espressamente una gara in Ppp per il cloud nazionale.
“In sintesi funziona così: — spiega il Fatto Quotidiano — per partecipare, i privati devono allearsi con una società “sottoposta a controllo, vigilanza e monitoraggio pubblico”.
UN PSN A CONTROLLO PUBBLICO
Una volta costituto, il Polo sarà a controllo pubblico — questo l’auspicio del ministro — anche perché la struttura avrà inizialmente la Pubblica Amministrazione come suo principale cliente.
Ma lo Stato non ne avrà il 100 per cento “perché — ha aggiunto Colao — non voglio perdere il contributo di soggetti privati esterni”.
LE ALLEANZE DELLE PARTECIPATE ITALIANE CON LE BIG TECH USA
E fino a maggio le maggiori aziende italiane avevano scelto di allearsi proprio con i colossi statunitensi del mercato cloud.
A maggio il tandem Tim-Google si preparava a concorrere con Leonardo-Microsoft e Fincantieri-Amazon per la gara annunciata dal ministro Colao per la gestione del Polo Strategico nazionale.
Tuttavia, ora le aziende americane “devono restare un passo indietro ma non escluse”, precisava già a fine luglio Riccardo Luna su Repubblica.
A CAUSA DELLO SPETTRO DEL CLOUD ACT
Sempre lo scorso 7 settembre, il ministro per l’Innovazione tecnologica ha precisato che il progetto “non è aperto ai paesi extra Ue, come ad esempio la Cina”.
Tuttavia, i timori del governo non riguardano solo aziende cinesi. L’esecutivo è cauto anche nei confronti di un ruolo troppo predominante dei colossi americani a causa del Cloud Act. Negli Stati Uniti vige infatti il “Cloud Act” dal 2018. Quest’ultimo può consentire alla giustizia o ai servizi di intelligence americani di accedere in alcuni casi ai dati ospitati al di fuori degli Stati Uniti.
“Vediamo cosa arriva come proposta, ma c’è una certa propensione per tenere il controllo da parte dello Stato, in forma magari flessibile” aveva specificato il ministro Colao.
IL DIETROFRONT DEL GOVERNO
“Il governo, però, è andato perfino oltre, diventando giocatore e arbitro della partita” ha evidenziato il Fatto quotidiano.
“Ci attendiamo che arrivi una proposta e se ci piacerà verrà valutata da una serie di soggetti, poi la potremo comunque pubblicare — aveva spiegato Colao — il criterio di scelta non sarà chi è l’azionista ma chi ha le competenze per farlo”. E invece è andata al contrario” rimarca il Fatto.
“L’INVITO” DEL MEF AL POLIGRAFICO
“Una preferenza che si esplica, quando le cose si complicano, anche nell’invito a non partecipare inviato per le vie brevi ai potenziali rivali. Nei giorni scorsi, ad esempio, una chiamata partita direttamente dal gabinetto del ministro dell’Economia Daniele Franco è arrivata al Poligrafico dello Stato, che era pronto a partecipare insieme a Fastweb. Il contenuto, a grandi linee, è stato questo: dovete sfilarvi”.
“La Zecca dello Stato – controllata del Tesoro – era prontissima a partecipare in cordata con Fastweb. Il suo azionista ha fatto sapere che non era il caso” ha riportato il Fatto.
LA PROPOSTA IN DUE IPOTESI
“Il Poligrafico proponeva un investimento in tre data center per una spesa di 700 milioni o di 450 milioni con due data center e il potenziamento di quelli più sicuri tra quelli esistenti” riporta il Fatto.
AL CENTRO IL GREEN DATA CENTER DI FOGGIA
Come si legge nel bilancio di sostenibilità 2020 del Poligrafo dello Stato, “tra le attività messe in atto nell’ultimo anno è particolarmente significativo l’avvio operativo del Green Data Center presso lo stabilimento di Foggia, ultimo passo del programma realizzato dal Poligrafico per assicurare la business continuity e il disaster recovery dei servizi digitali erogati. Si è così completata un’infrastruttura tecnologica costituita da tre data center di ultima generazione distribuiti sul territorio nazionale e inseriti dall’Agenzia per l’Italia Digitale nel gruppo di siti tecnologici candidati alla costituzione del Polo Strategico Nazionale, l’infrastruttura pubblica destinata a ospitare i servizi digitali essenziali della Pubblica Amministrazione”.
Dunque la Zecca dello Stato aveva schierato i suoi data center nella proposta con l’operatore telefonico Fastweb.
SFILATASI SOGEI
“In un primo momento era prevista la partecipazione di Sogei, poi sfilatasi a favore dell’altra maxi-cordata cara al ministero dell’Economia” scrive il Fatto.
LA REAZIONE DI FASTWEB
La moral suasion condotta dal Tesoro non è piaciuta a Fastweb.
“C’è il forte rischio di strascichi giudiziari: la società avrebbe infatti chiesto di avere una conferma scritto e non solo “per le vie brevi”, del motivo per cui il partner pubblico si è tirato fuori” ha riportato il quotidiano.
FUORI ANCHE FINCANTIERI
“Anche Fincantieri si è dovuta sfilare, tanto più che è controllata da Cdp” riporta il Fatto. Ricordiamo che in vista della gara per il Polo strategico nazionale Fincantieri — di cui il Mef detiene tramite Cdp il 71% del capitale — aveva stretto intese e partnership commerciali con Aws e Almaviva.
IL RUOLO DEL MEF
Quindi il Mef sta conducendo un ruolo attivo nella partita del Polo Strategico nazionale “decidendo quale partecipata pubblica può concorrere e quale no”.
LA POSIZIONE DEL CONSORZIO ITALIA CLOUD
E questa scelta politica non ha trovato apprezzamento nemmeno nel neo costituito Consorzio Italia Cloud.
“Il nostro Consorzio Italia Cloud è pronto a presentare la propria proposta, ma siamo in attesa che il ministro Colao indichi le linee tecniche necessarie per partecipare alla selezione, linee che dovranno essere indicate dall’Agenzia Nazionale per la Cybersicurezza, ed è per questo che abbiamo espresso per tempo al ministro Colao la nostra manifestazione di interesse”, ha dichiarato il presidente Zunino all’indomani della presentazione di Colao.
A inizio agosto il Consorzio Italia Cloud aveva presentato infatti la propria manifestazione d’interesse per il progetto Psn che ha seguito quella presentata lo scorso 15 luglio dal tandem italiano Almaviva, gruppo attivo in soluzioni per il digitale, e Aruba, società di cloud provider e data center.
LA CORDATA LEONARDO-TIM-CDP-SOGEI
Pare proprio che l’unica cordata ad esser presa in considerazione sarà quella di Tim e Cdp con Leonardo e, forse, Sogei.
“Siamo intensamente coinvolti sul tema della cybersecurity e della sicurezza del cloud – aveva annunciato qualche mese fa l’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo – Stiamo dialogando su più fronti sia con l’operatore nazionale delle telecomunicazioni che con Cdp e stiamo valutando come cooperare su questo fronte”.
Quindi colosso della difesa e aerospazio potrebbe ricoprire un ruolo doppio, non solo nel Cloud della Pa ma anche nell’ambito del cloud della Difesa.
Il Documento programmatico pluriennale (DPP) della Difesa per il triennio 2021-2023 prevede infatti l’avvio di nuovi programmi di interesse interforze e tra questi l’acquisizione di capacità per la condivisione dati basata sul concetto di Defence Cloud. A questo proposito sono previsti 90,7 milioni di euro in quindici anni.