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Cook Apple

Ecco come Apple ha fatto infuriare Meta (Facebook) e Spotify

Spotify e Meta hanno sollevato polemiche contro Apple a causa di presunte pratiche anticoncorrenziali intese a rafforzare l'attività di Apple a spese delle proprie

Scontro tra titani tecnologici: Spotify e Meta (società che fa capo a Facebook, Instagram e WhatsApp) pronti a dare battaglia ad Apple.

Martedì scorso la piattaforma di streaming musicale svedese ha accusato il colosso di Cupertino di ostacolare la sua nascente attività di audiolibri. “Apple continua a concedersi vantaggi sleali ad ogni passo” ha dichiarato Spotify su un post sul blog, poco prima della pubblicazione della trimestrale.

Nel frattempo, lunedì il produttore di iPhone ha aggiornato le sue linee guida sull’App Store con modifiche che influiscono ancora una volta sull’attività pubblicitaria di Facebook.

Immediata la critica della società di Mark Zuckeberg: “Apple continua ad evolvere le sue politiche per far crescere la propria attività, riducendo al contempo gli altri nell’economia digitale” ha dichiarato un portavoce di Meta a The Verge.

Questa è solo l’ultima polemica di aziende come Meta che ritengono che il colosso di Cupertino abbia troppo potere sulla distribuzione mobile e sulle regole in continua evoluzione dell’App Store di Apple, che è l’unico modo per installare app su un iPhone. “Il contraccolpo del settore nei confronti di Apple è in aumento poiché il gigante della tecnologia spinge per fare più soldi dai suoi servizi software, come App Store, Apple Music, iCloud, Apple News, Apple TV+ e Apple Pay” commenta Axios. Si stima infatti che il negozio Apple generi circa 24 miliardi di dollari di vendite annuali solo dalle commissioni del 30% che raccoglie.

Nel frattempo, oltre alle proteste delle big tech si muovono anche i regolatori nazionali. Nuove leggi in Corea del Sud e il Digital Markets Act dell’Ue obbligheranno infatti Apple a consentire sistemi di pagamento in-app rivali.

LA CONCORRENZA NEL MERCATO DEGLI AUDIOLIBRI

Spotify ha lanciato la sua attività di audiolibri solo il mese scorso con 300.000 titoli. La società svedese sta accusando Apple di comportamenti “anticoncorrenziali” che stanno ostacolando la nuova attività, ha scritto Spotify in un post sul blog.

In particolare, il gigante dell’audio svedese sostiene che Apple non consentirebbe a un pulsante nella sua app di permettere agli utenti di ricevere un’e-mail con dettagli specifici su come acquistare un particolare audiolibro al di fuori dell’app, perché ciò costituirebbe una violazione dei termini di Apple.

TUTTE LE ACCUSE MOSSE DA SPOTIFY

Inoltre, Apple non consentirebbe a Spotify di includere un URL per acquistare direttamente un audiolibro.

La società ha anche affermato che Apple ha rifiutato tre volte il suo sistema di acquisto di audiolibri a causa di una violazione delle sue regole. Per conformarsi, ha dovuto nascondere il prezzo degli audiolibri e fare vendite al di fuori dell’app principale tramite un collegamento e-mail.

Spotify avrebbe anche potuto vendere i suoi audiolibri attraverso il sistema di acquisto dell’App Store, ma Apple avrebbe poi tagliato il 30%, mettendo gli audiolibri di Spotify in notevole svantaggio rispetto ad Apple Books. “Con il lancio dei nostri Audiolibri, Apple ha dimostrato ancora una volta quanto sia sfacciata con le regole dell’App Store, spostando costantemente i pali per svantaggiare i suoi concorrenti”, ha dichiarato Daniel Ek, ceo di Spotify.

Quanto alla casa di Cupertino in California, un portavoce ha affermato che Apple non ha nulla contro il nuovo servizio di audiolibri di Spotify, ma ha pure sottolineato che quest’ultima non può farlo eludendo le regole contro la fornitura di indirizzi web che incoraggia i clienti a effettuare acquisti fuori della sua app.

IN ATTESA DEL VERDETTO DELL’ANTITRUST UE

E con l’occasione la società svedese ricorda la battaglia legale in sospeso con Apple sugli abbonamenti musicali.

Nel 2019 Spotify ha presentato reclamo contro Apple per pratiche anticoncorrenziali nell’Ue. Nello specifico la società svedese accusa il gigante tech di aver creato una situazione “insostenibile” imponendo regole in continua evoluzione e una “tassa” del 30% per le applicazioni che competono con Apple Music. E nel 2021 la Commissione europea ha concluso che l’azienda di Cupertino sta violando i principi di concorrenza europei, abusando del proprio potere di mercato. Tuttavia, non c’è ancora rivelato un verdetto finale. “Quasi quattro anni. È quanto tempo è passato da quando Spotify ha presentato una denuncia contro Apple alla Commissione europea e stiamo ancora aspettando una decisione”, ha affermato Ek.

ANCHE META (SOCIETÀ MADRE DI FACEBOOK) POLEMICA

Ma in settimana lamentele contro il colosso della Mela morsicata si sono levate anche da parte di un altro gigante tech.

Lunedì Apple ha aggiornato le regole dell’App Store per richiedere che le app offerte lì utilizzino il suo sistema di pagamento per la vendita di post “potenziati”, che sono essenzialmente messaggi pubblicitari promossi in cima ai feed dei social media a un prezzo.

L’App Store è l’unico gateway per i contenuti digitali su iPhone o iPad. Tale cambiamento significa che Apple sarà in grado di riscuotere la sua commissione del 30% su quel tipo di pubblicità su Facebook e Instagram, dove tutti i soldi guadagnati in precedenza erano andati a Meta perché utilizzavano il proprio sistema di pagamento.

Un portavoce di Meta si è opposto alle nuove linee guida dell’App Store in una dichiarazione: “Apple continua ad evolvere le sue politiche per far crescere la propria attività mentre mina gli altri nell’economia digitale”. “Apple in precedenza aveva affermato di non aver preso una quota delle entrate pubblicitarie degli sviluppatori e ora apparentemente ha cambiato idea. Rimaniamo impegnati a offrire alle piccole imprese modi semplici per pubblicare annunci e far crescere le loro attività sulle nostre app”, ha detto il portavoce di Meta alla Cnbc.

E non è la prima volta che Meta critica le mosse di Apple. Dall’anno scorso Meta ha condotto una massiccia campagna di lobbying contro le modifiche alle politiche di tracciamento delle app di Apple che rendono più difficile per gli inserzionisti raccogliere i dati degli utenti per il targeting degli annunci.

LA DIFESA DI APPLE

Apple, da parte sua, sostiene di essere solo più esplicita sulla sua politica esistente. “Da molti anni ormai, le linee guida dell’App Store sono state chiare sul fatto che la vendita di beni e servizi digitali all’interno di un’app deve utilizzare l’acquisto in-app”, ha affermato il portavoce di Apple. “Il potenziamento, che consente a un individuo o un’organizzazione di pagare per aumentare la portata di un post o di un profilo, è un servizio digitale, quindi ovviamente è necessario l’acquisto in-app” ha aggiunto.

IL COMMENTO DEGLI ESPERTI

“Apple ha davvero raddoppiato il suo ruolo di villain Big Tech questa settimana”, ha commentato ad Axios Rick VanMeter, direttore esecutivo della Coalition for App Fairness, un gruppo che spinge per regole più inclusive dei negozi Apple e Google. “L’introduzione degli annunci sull’App Store conferma ciò che abbiamo sempre sostenuto: le pratiche anticoncorrenziali di Apple non hanno lo scopo di promuovere la privacy, la sicurezza o l’esperienza dell’utente, ma piuttosto di aumentare i profitti di Apple”.

Infine, sempre Axios ricorda che quando Epic Games ha citato in giudizio Apple per il suo App Store restrittivo nel 2020, un giudice ha stabilito che Apple consentisse a Epic e ad altri sviluppatori di parlare agli utenti di meccanismi di pagamento alternativi e di collegarsi ai propri sistemi di transazione. Apple ha contrastato l’ingiunzione e ha impugnato la sentenza, con una decisione finale prevista non prima del 2023.

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