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Decreto Criptovalute

Cosa pensano del decreto sulle criptovalute le startup del settore

Che cosa cambia per le criptovalute dopo il decreto del Mef secondo Alessandro Ronchi, founder di CryptoSmart

 

Il nuovo decreto sulle criptovalute firmato Mef è già stato bersagliato a più riprese da diversi commentatori. Ma cosa ne pensano, invece, i diretti interessati, ovvero le aziende che lavorano in quel settore?

Anche in Italia stanno comparendo sempre più realtà, per lo più startup innovative, che operano come exchange.

Start Magazine lo ha chiesto ad Alessandro Ronchi, founder di CryptoSmart, piattaforma che permette di comprare e vendere criptomonete (dal Bitcoin in giù), di spiegarci criticità e punti di forza della novella.

Quali sono gli aspetti soddisfacenti del decreto sulle criptovalute?

L’aspetto fondamentale del decreto è che tutti gli exchange, esteri e italiani, dovranno seguire le stesse regole per operare in Italia; e cesseranno i vantaggi per alcune piattaforme straniere che acquisivano utenti in Italia non rispettando le norme antiriciclaggio.

In concreto, cosa cambia?

Al momento dell’iscrizione di un nuovo utente, l’exchange dovrebbe procedere al riconoscimento dell’utente, richiedendo tutti i documenti necessari all’identificazione, ma quelli stranieri, che operano in Italia, spesso non effettuano questo passaggio e dovranno adeguarsi dal momento in cui il decreto sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Cos’altro promuove della norma?

Un altro aspetto molto rilevante del nuovo decreto è che i requisiti per l’iscrizione all’OAM (Organismo per la gestione degli elenchi degli Agenti in attività finanziaria e Mediatori creditizi) non sono complessi ed è sufficiente avere un’organizzazione stabile in Italia per poter operare.

Quali invece i principali limiti?

Il limite principale, invece, è rappresentato dall’obbligo dell’exchange di comunicare periodicamente all’OAM le transazioni in cripto del singolo utente in quanto potrebbe essere un potenziale rischio per la privacy; l’aspetto positivo, però, sta nel fatto che il decreto reprime o, meglio, azzera qualsiasi attività criminosa nell’utilizzo delle cripto, nonostante siano una parte esigua delle transazioni. A nostro avviso, il decreto ha mantenuto un giusto equilibrio tra la necessità di bloccare le attività illecite e mantenere il rispetto della privacy.

L’obiettivo dell’intervento è far cassa, recuperando gettito: temete che questo frenerà le transazioni, almeno a livello nazionale?

Non penso che questo decreto sia rivolto a recuperare gettito fiscale e che freni le transazioni in cripto a livello nazionale. L’attuale normativa fiscale prevede la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di criptovalute quando la giacenza sia superiore a euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continuativi nel periodo d’imposta, individuando una soglia abbastanza elevata di tassazione, anche in considerazione che la maggior parte degli utenti acquista cripto per importi notevolmente inferiore alla soglia fissata.

Più del 90% delle attività di cittadini italiani nel settore cripto si svolge su piattaforme estere: pensi sia credibile credere che si registreranno all’OAM?

Penso che saranno pochi gli exchange che si iscriveranno all’OAM perché molti di essi non seguono ancora le norme antiriciclaggio; oltre al fatto che sarà necessario comunicare periodicamente le transazioni dei loro utenti e quindi avere tutti i documenti di identificazione dell’utente. Infine, sarà necessario che le piattaforme iscritte abbiano un’organizzazione stabile in Italia e del personale che si occupi di gestire le segnalazioni all’OAM.

Quanto è alto, invece, il rischio che i pochi operatori italiani vadano incontro a un aumento di costi per poter adempiere ai loro obblighi nei confronti dell’OAM?

Per gli operatori italiani, e in particolare per Cryptosmart, non rappresenta un grande onere l’adempimento degli obblighi previsti dal decreto, in quanto operiamo fin dall’inizio dell’attività rispettando le regole previste dalla legislazione italiana e quindi siamo già preparati agli adempimenti che ci richiede l’OAM.

Le principali incognite sulle criptovalute riguardano la stabilità: quanto può servire una regolamentazione nazionale, di fronte a uno scenario internazionale?

La principale incognita o meglio rischio del settore delle criptovalute è una cattiva regolamentazione che ne limita l’utilizzo e l’innovazione; a mio avviso il nuovo decreto rappresenta un ottimo traguardo che garantisce la diffusione e l’utilizzo degli asset digitali e, allo stesso tempo, reprime qualsiasi forma riciclaggio di denaro.

Di fatto, cosa cambia per voi con l’entrata in vigore del testo?

Per Cryptosmart l’incremento di attività operativa per gli adempimenti richiesti dal decreto è minima in quanto la nostra azienda fin dall’inizio si è attivata nel rispetto di tutte le norme vigente e in particolare quelle relative all’AML. Sotto il profilo del business, il decreto mette tutti gli operatori di criptovalute che operano in Italia sullo stesso livello, dovendo seguire tutti le stesse regole.

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