La Cina ha avviato oggi un’indagine su Nvidia, la più grande società di semiconduttori al mondo, per una presunta violazione della legge antimonopolistica nazionale. L’azienda – statunitense, con sede a Santa Clara, in California – controlla da sola circa l’80 per cento del mercato mondiale dei microchip per l’intelligenza artificiale e il 90 per cento di quello cinese.
A causa dell’apertura delle indagini, le azioni di Nvidia hanno perso il 3,2 per cento in borsa. La capitalizzazione di mercato della società ammonta a circa 3400 miliardi di dollari.
L’INDAGINE SU NVIDIA È UNA RITORSIONE PER I CONTROLLI STATUNITENSI SUI CHIP?
Non è chiaro in che modo Nvidia abbia violato la legge antimonopolistica cinese: l’annuncio è stato allora interpretato come una reazione da parte di Pechino ai sempre più stringenti controlli americani sull’esportazione di chip e macchinari avanzati nel paese.
Poco dopo l’introduzione – la prima settimana di dicembre – delle nuove limitazioni commerciali da parte degli Stati Uniti, la Cina ha vietato l’esportazione in America di alcuni elementi utilizzati nella fabbricazione di circuiti elettronici e di dispositivi per la difesa (il gallio, il germanio e l’antimonio).
L’ACQUISIZIONE DI MELLANOX
Le autorità cinesi hanno detto inoltre che Nvidia è sospettata di aver violato alcuni impegni assunti durante l’acquisizione (nel 2020) di Mellanox Technologies, azienda israeliana specializzata nella progettazione di microchip.
L’INVITO A COMPRARE CHIP LOCALI
Nello stesso giorno dell’annuncio su Nvidia, quattro delle più importanti associazioni industriali cinesi hanno invitato le aziende a non acquistare microchip statunitensi – non sarebbero “sicuri” – e a rifornirsi piuttosto da soggetti locali. La Cina, però, non possiede le capacità e i mezzi per realizzare microchip avanzati come quelli di Nvidia.
Attualmente la Cina vale il 17 per cento delle entrate di Nvidia; due anni fa il valore era molto più alto, del 26 per cento.