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Chip

Chip, cosa cambierà per Stm e Technoprobe dopo le restrizioni Usa

Dopo i nuovi controlli americani all'export di chip in Cina, le aziende cinesi di semiconduttori crollano in borsa. Ma l'impatto viene - e verrà - avvertito anche negli Usa, in Asia e in Italia. Tutti i dettagli e le aziende coinvolte (pessime notizie per Stm e Technoprobe?)

 

Dopo l’annuncio degli Stati Uniti sulle nuove (e pesanti) restrizioni alla vendita di tecnologie avanzate per i semiconduttori in Cina, le principali aziende produttrici di chip cinesi hanno perso 8,6 miliardi di dollari di valore di mercato nella sola giornata di lunedì.

QUANTO PERDONO LE AZIENDE CINESI

Le azioni di SMIC, il più grande produttore di chip del paese, hanno perso infatti il 4 per cento sulla borsa di Hong Kong. Quelle di Hua Hong Semiconductor il 9,4 per cento, e quelle di Shanghai Fudan Microelectronics addirittura il 20,2 per cento.

LE RESTRIZIONI AMERICANE

Gli ultimi controlli sulle esportazioni introdotti da Washington prevedono limitazioni alle vendite in Cina di semiconduttori realizzati con tecnologie americane e di macchinari per la produzione di chip, oltre a vietare ai cittadini e alle entità statunitensi di lavorare con le aziende cinesi del settore se sprovvisti di una licenza specifica.

Il dipartimento del Commercio – che ha emesso il pacchetto di restrizioni – ha anche aggiunto trentuno società cinesi a una sorta di “lista nera”. L’obiettivo è ostacolare i rapporti commerciali e rendere più difficile per Pechino – dipendente dalla tecnologia straniera – approvvigionarsi dei componenti e degli strumenti necessari allo sviluppo digitale delle sue industrie.

L’IMPATTO SULLE AZIENDE STATUNITENSI

Le restrizioni americane hanno causato un calo del mercato azionistico anche in patria: l’indice PHLX Semiconductor Sector della borsa di Philadelphia, che riunisce le trenta società americane di semiconduttori a maggiore capitalizzazione, ha perso oltre il 6 per cento venerdì scorso, il giorno dell’annuncio delle restrizioni.

Il mercato cinese è infatti importante per i produttori di chip americani, e vale da solo quasi un quarto della domanda globale di questi componenti. Difficilmente, comunque, la Casa Bianca farà marcia indietro: il contrasto dell’ascesa tecnologica, economica e politica della Cina è la priorità strategica degli Stati Uniti.

ASIA E NON SOLO

Le limitazioni del dipartimento del Commercio non riguardano solo le aziende che hanno sede negli Stati Uniti ma tutte quelle che – a prescindere dalla posizione nel mondo – vendono chip contenenti tecnologie americane oppure realizzati con software e strumenti americani.

L’impatto, dunque, sarà avvertito in Giappone, Corea del sud e Taiwan, dove hanno sede grosse società di semiconduttori (i mercati borsistici di questi paesi riapriranno oggi). Ma anche in Italia, e nello specifico da STMicroelectronics e da Technoprobe.

GLI EFFETTI SU STM E TECHNOPROBE

Secondo gli analisti di Equita – come riportato da MF-Milano Finanza -, le implicazioni delle restrizioni americane su STMicroelectronics saranno “limitate in quanto le loro produzioni riguardano principalmente prodotti analogici su nodi produttivi superiori a quelli indicati”, cioè chip logici con nodi inferiori a 16 nanometri e chip di memoria con nodi inferiori a 18 nanometri.

L’impatto, secondo il report, potrebbe invece essere maggiore su Technoprobe “visto che le probe card high-end [o schede sonda: dispositivi che permettono di verificare il funzionamento del chip durante la sua costruzione; Technoprobe ne produce di fascia alta, ndr] sono principalmente usate per test su wafer legati a nodi produttivi inferiori a quelli indicati nel provvedimento”.

Lunedì sull’indice FTSE MIB della borsa italiana STMicroelectronics ha perso l’1,3 per cento, a 33,2 euro; Technoprobe, invece, è cresciuta dello 0,9 per cento a 7,4 euro.

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