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Francesca Russo Zaia Veneto

Chi e come ha salvato il Veneto dal coronavirus. Parla Zaia

Che cosa ha svelato il governatore Zaia raccontando i metodi della Regione Veneto nella lotta al coronavirus con i tamponi e non solo decisi con la dirigente alla Prevenzione, Russo. Tutti i dettagli (compresa una stilettata indiretta al virologo Crisanti...)

Il Veneto è la regione che meglio ha contenuto l’emergenza coronavirus: a differenza delle altre, fin dal primo contagio, ha azionato la macchina dei tamponi a tappeto. Chi lo ha deciso? Il presidente leghista Luca Zaia, basandosi sul piano della dottoressa Francesca Russo, capo dipartimento della prevenzione del Veneto.

“Il 21 febbraio si scoprono nel pomeriggio i primi due contagiati di Vo’” e la sera “ io ho deciso contro legge di far fare i tamponi a tutti”, ha raccontato e rivendicato ieri Zaia in conferenza stampa. Solo il 3 marzo, dodici giorni dopo la scoperta dei primi casi, il virologo Andrea Crisanti, dell’azienda Ospedaliera di Padova, ha chiamato Zaia offrendo la sua collaborazione. Andiamo per gradi.

PIANO EMERGENZA PRONTO DAL 31 GENNAIO

“Il 21 febbraio si scoprono nel pomeriggio i primi due contagiati di Vo’, alle sei di pomeriggio eravamo già pronti con la task force. Già a gennaio la dottoressa Russo, Capo dipartimento della prevenzione del Veneto, quindi dipendente della Regione del Veneto, aveva presentato un piano in cui si prevedono tamponi, isolamento fiduciario e quanto altro sapete per la prevenzione. Era il 31 gennaio”, ha affermato Zaia in conferenza stampa l’11 maggio (conferenza che tiene quotidianamente dall’inizio della pandemia).

CHI E’ LA DOTTORESSA RUSSO

“La madre di questo piano – sottolinea ancora Zaia – è la dottoressa Francesca Russo”. Esperta di Malattie infettive, come si evince dal curriculum, Russo è stata dal 1997 al 2008 dirigente medico per la prevenzione presso l’Azienda ULSS 4 Alto Vicentino. Sempre lì dal 2008 al 2013 ha ricoperto il ruolo di dirigente di servizio della Sanità Pubblica e Screening.

Presso la l’azienda ULSS 4 Alto Vicentino, per un anno, ha ricoperto il ruolo di dirigente del Settore Promozione e Sviluppo Igiene e Sanità Pubblica. Russo, dal 2015 al 2016, con la stessa qualifica si è trasferita presso l’Azienda ULSS 21 Legnano.

Dal 2016 è al servizio della Regione, alla Direzione Prevenzione, Sicurezza Alimentare, Veterinaria del Veneto. A lei spetta, tra le altre cose, la tutela della collettività dai rischi sanitari.

TASK FORCE PER OGNI PROVINCIA

“Nel piano della dottoressa Russo – ha aggiunto il governatore – era previsto che al momento del riscontro del primo contagio sarebbe intervenuta la task force. Ogni provincia ne aveva una. Scatta (il 21 febbraio, ndr) la task force di Padova alle 6 di sera”.

ZAIA CHIEDE I TAMPONI A TAPPETO

E’ a quel tavolo che si gioca il futuro dell’epidemia in Veneto: bisognava far di tutto per contenere i contagi ed individuare chi fosse infetto. “A quel tavolo, io ho deciso contro legge di far fare i tamponi a tutti. Nessun piano regionale o nazionale prevedeva i tamponi a tappeto, ma solo su sintomatici e persone in isolamento”, ha sottolineato il presidente del Veneto. Significava che dalla sera del 21 febbraio il Veneto avrebbe fatto i tamponi a 3.000 persone.

“Semplicemente mi sono detto che in una stanza buia bisognava accendere la luce, per capire cosa fosse successo”, ha detto Zaia, evidenziando che qualcuno durante la riunione della task force aveva vacillato sulla scelta.

“Nei giorni successivi sono stato attaccato su questo, anche da persone che fanno parte di grandi comunità scientifiche. Mi hanno detto che era assurdo, che era uno spreco, che sarebbe stato un grave danno erariale”, ha biasimato Zaia.

TENDE FUORI GLI OSPEDALI E SGOMBRO DI UN NOSOCOMIO

Non solo tamponi. La strategia di Zaia nel contenimento della pandemia prevedeva anche una nuova organizzazione degli ospedali. “Quella sera sempre il sottoscritto ha deciso di fare altre due cose: mettere le tende riscaldate fuori dagli ospedali (ed anche lì ebbi le critiche perché stavo spettacolarizzando la situazione) e svuotare l’ospedale di Schiavonia”.

“Sono cose che ho detto di fare e sono stato criticato per questo, ora che non critica più nessuno, perché sono tre cose positive, il merito è di tanti. Il merito è mio”, sottolinea Zaia.

6.000 TAMPONI IN 4 GIORNI

Dopo solo 4 giorni dalla scoperta del primo focolaio a Vo’ il Veneto aveva fatto 6.000 tamponi totali. Il 23 febbraio, due giorni dopo la scoperta dei primi casi, Vo’ venne messa in quarantena, mentre si scoprivano nuovi casi a Venezia, Limena e altri comuni.

LA TELEFONATA CON CRISANTI

Quale il ruolo del virologo Andrea Crisanti, in tutta questa storia? Crisanti, che più volte ha sottolineato che il suo team già dal 21 gennaio aveva iniziato a produrre i reagenti in casa per far fronte al grande numero di tamponi che avrebbe dovuto fare la regione, entra in partita, al fianco del presidente Zaia, intorno al 3 marzo, dopo 10-12 giorni dal primo focolaio, secondo il racconto di ieri del presidente della regione Veneto.

“Intorno al 3 marzo mi chiama il professor Crisanti e mi dice “ho letto della sua esperienza di Vo’, le annuncio che in base alla mia conoscenza no c’è una comunità al mondo che ha deciso di fare tamponi in partenza e alla fine di una quarantena, essendo lei l’unico esempio al mondo, io le suggerirei, se mi finanzia altri 3.000 tamponi, di chiudere esperienza di Vo’”, racconta Zaia.

“I primi 3.000 tamponi hanno dato 66 positivi che sono stati isolati come nel piano della Russo, poi i positivi sono scesi a 6”.

“Nessuno si permetta di dire che a Vo’ non ha deciso il sottoscritto di fare 3.000 tamponi”, ha rivendicato Zaia.

LA QUESTIONE REAGENTI

Nel suo discorso, Zaia manda anche una frecciatina al Governo e lamenta la questione reagenti, su cui già si era espresso Crisanti: “Tutte le microbiologie del Veneto hanno le macchine per fare i tamponi, siamo andati in crisi perché non ci hanno dato i reagenti, ma le macchine esistevano già”, afferma Zaia.

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