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Infrastrutture Digitali

Cdp, Tim e Open Fiber, che cosa pensa il governo sulla rete?

Lo strano caso della bocciatura da parte del governo dell'ordine del giorno a firma Rampelli (Fratelli d'Italia) nel quale si chiedeva l’impegno del governo a favorire l’integrazione delle reti internet di TIM e Open Fiber sotto il controllo pubblico

 

Rete unica tra Tim ed Open Fiber, sotto la guida pubblica? Sì, anzi forse, chissà. Difficile da decifrare quello che il governo giallorosso pensa sulla rete unitaria. Quel che è certo è che per ora è bocciato l’ordine del giorno nel quale il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia) chiedeva un impegno proprio in tal senso. Andiamo per gradi.

L’ORDINE DEL GIORNO

Fabio Rampelli, in occasione della conversione in Legge del ddl sulla sicurezza cibernetica, ha presentato un ordine del giorno in cui impegnava il governo Conte 2 a “favorire l’integrazione delle reti internet di Tim e Open Fiber sotto il controllo pubblico”. Un percorso di fatto avviato sia in Parlamento che nel precedente esecutivo e non accantonato dall’attuale maggioranza di governo.

ORDINE DEL GIORNO BOCCIATO

L’esecutivo giallorosso, però, ha dato parere contrario e l’odg è stato bocciato, anche se l’orientamento di Cassa Depositi e Prestiti – controllata dal Tesoro – fosse proprio quello di crescere in Tim in vista di una successiva fusione con Open Fiber. Una prospettiva auspicata dagli esecutivi.

Peraltro, prima della bocciatura, Rampelli si era detto disponibile anche a togliere i nomi di Tim ed Open.

PREMESSE NON CONDIVISE?

Che cosa dunque non è piaciuto al governo? Le premesse di tale impegno? In realtà, Rampelli non premetteva nulla di così particolare e lo stesso Rampelli si era detto disponibile a modificare il testo delle premesse o al fatto che il governo si dissociasse da tali premesse.

Il vicepresidente della Camera dei deputati così presentava lo scenario: “L’infrastruttura di rete internet in Italia è oggi in mano a due grandi concorrenti, da una parte TIM (alleata con Fastweb) e dall’altra Open Fiber (società partecipata al 50% da Enel e al 50% da Cassa depositi e prestiti e quindi indirettamente controllata dallo Stato, alleata con gli operatori telefonici concorrenti di TIM)”.

Si leggeva nell’ordine del giorno: “Ormai da anni è sul tavolo della politica e dell’economia nazionale la possibilità di una fusione delle reti TIM e Open Fiber. Cassa depositi e prestiti, proprio in questa prospettiva ha annunciato di voler crescere ancora nel capitale sociale di TIM. Pur mediata da una società di diritto privato quale Cassa depositi e prestiti, il controllo pubblico della rete internet italiana sembra una prospettiva realizzabile nel medio periodo”.

UN A RETE PUBBLICA

Sempre nelle premesse, Rampelli faceva  notare che “la rete controllata da Open Fiber è già oggi di proprietà pubblica – a prescindere dall’assetto societario dell’azienda – perché il programma operativo del Piano Banda Ultra Larga, approvato nel 2015, per gli interventi nelle “aree bianche” (a fallimento di mercato), prevede un intervento diretto, cioè non più con contributi a fondo perduto ma con la costruzione di una rete che rimarrà pubblica, di proprietà di Stato e Regioni, che coprirà 7300 Comuni in tutto il territorio nazionale.

“Oltre agli interventi nelle “aree bianche”, – continua Rampelli – da realizzare nell’arco temporale 2016-2020, il piano BUL prevede l’intervento dello Stato anche nelle aree “grigie” utilizzando ulteriori risorse individuate dalla Delibera CIPE e gli ulteriori strumenti finanziari previsti dal Piano BUL quali il credito d’imposta, il fondo di garanzia e i voucher alla domanda. La fase due del piano sarà programmata e realizzata solo dopo il via libera della Commissione europea che per ora ha espresso un parere preliminare favorevole”, spiega il Vicepresidente.

A proposito di aree bianche, Rampelli ricorda che i lotti 1, 2 e 3 del bando “sono stati tutti appaltati da Infratel (società in house del Ministero dello Sviluppo economico) a Oper Fiber che dovrebbe concludere i lavori nel giro di qualche anno” e che “la distinzione tra aree bianche, grigie e nere è fatta in base a degli orientamenti della Commissione europea, le aree bianche sono quelle che non sarebbero mai coperte da banda larga con investimenti privati, le aree grigie devono essere sottoposte ad una valutazione accurata, le aree nere sono già coperte dai servizi di banda larga (qui l’intervento pubblico è tassativamente escluso)”.

STRATEGICO PER IL PAESE

Illustrato il panorama, Rampelli, nelle premesse, ritiene che sia “strategico per il Paese che il controllo delle reti di diffusione del segnale internet possa essere direttamente o indirettamente detenuto dallo Stato anche per prevenire il rischio di ingerenze da parte di Paesi extra-europei” e che “rientra quindi nel perimetro della sicurezza cibernetica favorire l’integrazione delle reti internet esistenti sotto il controllo di un ente terzo partecipato dallo Stato”.

LE MOTIVAZIONI (SECONDO RAMPELLI)

Se dunque le motivazioni di questa bocciatura non si trovano nemmeno nelle premesse, a cosa di deve questa scelta del Governo? Secondo quanto dichiarato da Rampelli a Start Magazine, le motivazioni sarebbero da ricercare nella “volontà di non interferire con il mercato. Infatti avevo proposto di togliere i nomi dei gestori”.

IL COMMENTO DI RAMPELLI

“Il Governo naviga a vista anche sulle reti digitali. Oggi è stata varata la legge sulla sicurezza cibernetica e nessuno poteva nemmeno vagamente immaginare che non sarebbe stato trattato il tema del controllo pubblico delle reti, lasciandole in preda del solo mercato o delle mire egemoniche di potenze straniere intraprendenti che usano le reti digitali globali come strumenti per condizionare gli Stati nazionali”, ha commentato Rampelli. “Sono rimasto sorpreso della bocciatura dell’ordine del giorno che dava al governo il preciso indirizzo di garantire il controllo pubblico delle reti infrastrutturali digitali e quindi di favorire la fusione tra Tim e Open Fiber. Siamo sorpresi anche perché è proprio su questo che sta lavorando Cassa depositi e prestiti, che vorrebbe addirittura arrivare alla fusione tra la società privata Tim e quella semipubblica Open Fiber. Su queste reti viaggiano miliardi di dati sensibili non possiamo consegnarli alla spregiudicatezza del mercato o al controllo di potenze straniere. Sono gli stessi concetti di sovranità e di sicurezza nazionale a essere compromessi, mentre la libertà e l’indipendenza nazionali sono valori non negoziabili che uno Stato degno di questo nome dovrebbe presidiare e difendere a ogni costo”.

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