Skip to content

Contact Tracing Covid-19

App Immuni molla Pepp-Pt e sceglie Apple-Google

Bending Spoons ha scelto di seguire il modello decentralizzato (più protettivo della privacy) di Apple e Google per l'app Immuni secondo il Sole 24 Ore. Nel frattempo il commissario Ue Breton si è confrontato con il ceo di Apple Tim Cook

Inversione di rotta per Bending Spoons. La società sviluppatrice di Immuni, l’app di contact tracing selezionata dal governo per contenere la diffusione del Covid-19, seguirà l’approccio di Apple e Google. Un modello dunque decentralizzato, più rispettoso della privacy insomma, a differenza di quello centralizzato adottato dal consorzio Pepp-pt (di cui Bending Spoons fa parte).

LA SCELTA DELL’APPROCCIO APPLE-GOOGLE

“Una scelta ormai definitiva”, secondo quanto appreso dal Sole24Ore da tutte le fonti direttamente impegnate sull’app. “E anche obbligata. Per due motivi: per tutelare con maggiore forza la privacy e la sicurezza dei dati; per avere un’app che vada al meglio, dato che non rispettare le indicazioni di Apple-Google significava probabilmente condannarsi a mal funzionamenti”.

Per il modello Apple-Google il processo di corrispondenza dei contatti si svolge sui telefoni anziché a livello centrale. Ciò consentirà a qualcuno di sapere se è a rischio di contagio senza che nessun altro venga avvisato.

COSA SIGNIFICA?

Come spiega Agenda Digitale “la differenza principale rispetto a Pepp-Pt è che la crittografia-generazione delle chiavi avviene direttamente sui dispositivi utente (invece che su server). Così, ogni volta che due cellulari si “incontrano” (ovvero rimangono ad una certa distanza per un certo tempo, due parametri che dovranno definire le autorità sanitarie), si scambiano il proprio identificativo anonimo generato localmente con crittografia. Il cellulare dotato di app porta quindi con sé soltanto una lista di numeri (privi di qualsiasi elemento identificativo della persona). Il server si limita a diramare la lista degli identificativi anonimi tracciati sul dispositivo del paziente. Il cellulare con l’app riceve la lista e se si riconosce in questo identificativo manda la notifica all’utente”.

NESSUNO SERVER GESTISCE I DATI

L’elenco degli identificativi con cui siamo entrati in contatto non lascia mai il nostro smartphone a meno che non scegliamo di condividerlo. Inoltre, il processo di corrispondenza dei contatti si svolgerebbe sui telefoni anziché a livello centrale. Ciò consentirebbe a qualcuno di sapere se è a rischio di contagio senza che nessun altro venga avvisato.

ADDIO AL MODELLO CENTRALIZZATO?

Il consorzio Pepp-pt inizialmente diceva di sostenere sia un approccio centralizzato sia uno più decentralizzato ma ha virato sul centralizzato. Un esempio di sistema centralizzato è quello di TraceTogether, l’app sviluppata da un’agenzia governativa di Singapore. Anche TracetTogether è basata sulla tecnologia bluetooth e il codice sorgente è aperto ma il suo sistema è centralizzato.

In questo caso i codici sono generati dal server, non dai dispositivi. Una delle maggiori preoccupazioni riguardo a un sistema centralizzato è la possibilità che questo possa essere ampliato. Ovvero che gli Stati possono ricostruire un grafico sociale di chi è stato vicino a chi, e quindi espandere la profilazione. Come ha spiega a Techcrunch Michael Veale dell’University College di Londra.

L’APP IMMUNI NON FORNIRÀ DATI AL SSN

Ulteriore conferma dell’approccio decentralizzato ormai adottato dall’app Immuni arriva anche dall’Agi. “I dati che verranno raccolti dalla App non saranno infatti trasmessi al Servizio Sanitario Nazionale per tutelare la privacy degli utenti. La app si limiterà a inviare eventuali notifiche solo ai cellulari che sono entrati in contatto per un certo periodo di tempo con il cellulare della persona che è risultata positiva, ma non è previsto che queste informazioni vengano ulteriormente trasmesse alle Asl di riferimento per il successivo tracciamento dei contatti”.

FORNITI SOLTANTO DATI AGGREGATI

Gli unici dati che verranno trasmessi al Ssn sono quelli raccolti dalla app in forma aggregata e senza geolocalizzazione a soli fini informativi. Daranno cioè conto del numero complessivo di notifiche che sono state inviate, senza alcun riferimento né alle persone che sono proprietarie dei telefonini, né al luogo dove vivono.

L’eventuale notifica all’ufficio di prevenzione della Asl rimane dunque una scelta discrezionale di ciascun utente che riceverà una notifica da parte della App. Solo così si potrà poi dar seguito alla attività di tracciamento dei contatti necessaria per contenere l’insorgenza di eventuali nuovi focolai.

L’API DI APPLE-GOOGLE PRONTA IL 28 APRILE

Nel frattempo, c’è una data per il rilascio dell’Api di Apple e Google. Il numero uno di Apple Tim Cook ha riferito al commissario Ue Thierry Breton che la prima versione dell’Api di contact tracing sarà disponibile il 28 aprile. In anticipo sui tempi.

La dichiarazione originale congiunta dei due colossi della Silicon Valley diceva che sarebbe stata rilasciata a maggio. Questa consentirà l’interoperabilità tra i dispositivi Android e iOS utilizzando le app delle autorità sanitarie pubbliche.

IL CONFRONTO UE-APPLE

Ieri Tim Cook ha avuto infatti un colloquio con Breton proprio in merito al sistema di contact tracing su cui Apple e Google collaborano.

Il commissario europeo ha esortato Apple a collaborare in modo costruttivo con le autorità sanitarie nazionali per garantire che le app di tracciamento dei contatti sviluppate dai governi nazionali funzionino sui suoi dispositivi. Breton ha affermato che le società tecnologiche dovrebbero fare tutto il possibile per sviluppare soluzioni per i casi d’uso nazionali, ma non ha menzionato casi specifici.

Sappiamo però che il riferimento implicito è alla Francia. Il governo di Parigi ha chiesto ad Apple di ridurre le restrizioni di iOS per consentire un accesso più profondo all’hardware, come il pieno accesso al Bluetooth quando l’app è in background.

Il sistema operativo di Apple non consente di eseguire il tracciamento dei contatti basato su Bluetooth in background. Quindi, per funzionare, le app dovrebbero rimanere attive e sullo schermo, limitando ciò che i proprietari potrebbero fare con i loro cellulari e compromettendo la durata della batteria

 

 

Torna su