Martedì 9 agosto è entrato in vigore il piano per la riduzione dei consumi di gas naturale nell’Unione europea, approvato a fine luglio e pensato in vista di una possibile interruzione delle forniture dalla Russia, già peraltro fortemente limitate. Il razionamento durerà fino al 31 marzo prossimo e prevede – ma su base volontaria – un taglio del 15 per cento dell’utilizzo del combustibile da parte degli stati membri rispetto alla media dei cinque anni precedenti.
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RIDUZIONE DEI CONSUMI E DEROGHE
In caso di emergenza il target di razionamento potrebbe diventare obbligatorio, ma – scrive DW – solo se almeno quindici paesi che rappresentino almeno il 65 per cento della popolazione dell’Unione daranno il loro assenso. L’accordo comunque prevede numerose deroghe per i singoli stati sulla base delle loro situazioni energetiche, infrastrutturali e industriali. Per l’Italia, ricorda Repubblica, basterà ad esempio una riduzione dei consumi del 7 per cento, come dichiarato già dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani.
COSA DICE LA GERMANIA
Attraverso il piano di razionamento, la Commissione europea conta di “risparmiare” in tutto 45 miliardi di metri cubi di gas. La Germania – una grande consumatrice del combustibile – dovrà partecipare al raggiungimento della cifra con circa 10 miliardi di metri cubi.
Klaus Müller, a capo dell’agenzia federale tedesca che si occupa di elettricità e gas, la Bundesnetzagentur, sostiene che una politica comunitaria di razionamento potrebbe permettere di arrestare la salita dei prezzi del gas e forse favorire anche il loro abbassamento.
LA SITUAZIONE NEL REGNO UNITO
Fuori dall’Unione, il Regno Unito sta già pianificando delle interruzioni di corrente per l’inverno, qualora il freddo intenso dovesse combinarsi a una carenza di gas: i blackout riguarderanno, in caso, sia le industrie sia le abitazioni.
Nel reasonable worst-case scenario elaborato dal governo britannico, il paese potrebbe ritrovarsi con una carenza di capacità elettrica pari a un sesto circa della domanda di picco, nonostante la riattivazione delle centrali a carbone pensate per le situazioni di emergenza. Secondo questa previsione – riportata da Bloomberg – le temperature sotto la media stagionale e il calo delle importazioni di elettricità dalla Norvegia e dalla Francia potrebbero mettere a rischio il fabbisogno energetico in quattro giorni a gennaio, quando il Regno Unito potrebbe dover attivare delle misure di emergenza per risparmiare il gas. Il governo ha dichiarato tuttavia che non si tratta di uno scenario probabile.
Se però il prossimo inverno sarà effettivamente molto rigido, il Regno Unito potrebbe dover aumentare le importazioni di gas via tubo dall’Europa continentale, dove la disponibilità del combustibile fossile è però già limitata. A differenza di gran parte dell’Unione europea, Londra non è energeticamente dipendente dalla Russia, ma forse non potrà fare pieno affidamento sui suoi fornitori di elettricità: la Norvegia ha infatti annunciato che potrebbe limitare le esportazioni durante l’inverno per tutelare il fabbisogno domestico; in Francia, invece, circa la metà dei reattori nucleari stanno generando poca energia per via dei lavori di manutenzione, che stanno richiedendo più tempo del previsto.
IL COMMENTO DI TABARELLI (NOMISMA)
Sul Sole 24 Ore Davide Tabarelli – professore di economia all’Università di Bologna e presidente della società di ricerca energetica Nomisma Energia – fa notare come in Italia i consumi energetici “delle famiglie e dei servizi aumentano, contrariamente a quello che ci si poteva aspettare dopo un anno di bollette raddoppiate per i clienti domestici e con fattura quadruplicate per le imprese”.
“Se non ce l’ha fatta il prezzo, il buon senso farà ancora meno e così la misura”, scrive Tabarelli riferendosi al piano di razionamento europeo, “diventa velleitaria e anche dannosa […]. Servirebbero subito dei piani con nome e cognome di quei consumatori che potrebbero essere tagliati, per fare degli esercizi, ovviamente sperando poi che tale evenienza non si verifichi”, riferendosi all’eventuale azzeramento delle forniture russe.
L’economista spiega poi come il buon andamento del processo di riempimento delle scorte, finanziato con circa 4 miliardi di euro, porterà l’Italia “a inizio ottobre ad averle piene al 90%, ma questa è condizione necessaria, ma non sufficiente per evitare problemi. Tutti gli anni si arriva all’inizio di ottobre con scorte piene”.
Secondo Tabarelli Bruxelles dovrebbe “chiedere subito all’Olanda di aumentare la sua produzione dal grande giacimento di Groninga, lasciando perdere per qualche mese i timori di microsismicità che da anni lo stanno portando, sotto pressione degli ambientalisti, alla chiusura”, in modo da garantire all’Unione maggiori forniture di gas.