Per favorire la riduzione delle emissioni degli edifici, che valgono il 36 per cento delle emissioni totali dell’Unione europea, la Commissione sta valutando un divieto di vendita di nuove caldaie a gas dal 1 settembre 2029. Il regolamento è ancora in fase di discussione, ma si pensa possa venire ultimato entro fine anno e pubblicato nel 2024.
I LIMITI DI EFFICIENZA METTERANNO LE CALDAIE FUORI MERCATO?
Come ha spiegato Valentina D’Acunti di Assotermica, l’associazione italiana dei produttori di apparecchi per la climatizzazione, al Sole 24 ore, in realtà il regolamento non vieta espressamente le caldaie alimentate a gas naturale, ma fissa – un po’ come la normativa sulle automobili – dei livelli di emissione che gli impianti tradizionali non sono in grado di rispettare. Il limite minimo di efficienza stagionale proposto per le caldaie è del 115 per cento, che secondo D’Acunti “taglia fuori dal mercato qualsiasi caldaia”, a prescindere dal combustibile che le alimenta: fossile (il gas naturale), rinnovabile (l’idrogeno) o circolare (cioè ricavato da scarti agroalimentari; il biometano).
Le caldaie che utilizzano biometano al 100 per cento (ha la stessa composizione chimica del metano fossile), oppure una miscela di gas e idrogeno al 20 per cento, hanno un impatto emissivo più basso di quelle alimentate solo a metano.
IL CONFRONTO CON LA DIRETTIVA “CASE GREEN”
La questione delle caldaie era già stata affrontata dalla direttiva europea sull’efficienza energetica degli edifici (meglio nota come “Case green“), che vieta l’utilizzo di impianti di riscaldamento a combustibili fossili negli edifici di nuova costruzione e in quelli in fase di ristrutturazione, ammettendo tuttavia le caldaie a biometano e a miscele di idrogeno, così come i sistemi ibridi (caldaia a condensazione più pompa di calore elettrica). A differenza della direttiva, però, il nuovo documento sulle caldaie esclude i combustibili low-carbon e potrebbe prevedere delle limitazioni anche per le soluzioni ibride.
L’UNICA SOLUZIONE SARÀ L’ELETTRICO?
Secondo D’Acunti, visti gli standard sulle emissioni proposti, “non si prospetta alcun futuro per i gas rinnovabili nel settore del riscaldamento residenziale”. Le tecnologie elettriche, dunque le pompe di calore, “saranno le uniche a poter usufruire di incentivi in futuro”.
Per Alberto Montanini, presidente di Assotermica, escludere le caldaie “porterebbe a focalizzare la transizione energetica di fatto su un’unica soluzione: l’elettrificazione” e arrecherebbe un danno alla filiera industriale italiana.
Il principio della neutralità tecnologica – che invita a prendere in considerazione tutte le tecnologie disponibili per la decarbonizzazione, e non solo alcune (l’elettricità da fonti rinnovabili, nello specifico) – viene spesso evocato anche dai sostenitori dei biocarburanti e dei combustibili sintetici che criticano la focalizzazione sulla mobilità elettrica.
LE TECNOLOGIE A CONFRONTO
Rispetto alle caldaie a biometano (l’offerta del combustibile non è ampia) e a idrogeno (che ha prezzi alti), la tecnologia delle pompe di calore è più matura: l’anno scorso in Europa ne sono state vendute 3 milioni, il 37 per cento in più su base annua, portando il totale delle installazioni a 20 milioni circa. Ma le caldaie a gas sono nettamente più diffuse: solo in Italia nel 2022 ne sono state installate 1,1 milioni, su un totale di 19 milioni.
Le caldaie a condensazione, riuscendo a recuperare il calore dei fumi di combustione, sono una tecnologia efficiente e semplice da installare sia nei sistemi di riscaldamento autonomo che in quelli centralizzati; rilasciano emissioni, però, che diminuiscono se si utilizza un combustibile gassoso anziché liquido. Rispetto alle caldaie tradizionali – si legge su Rivista Energia -, quelle a condensazione permettono di abbattere le emissioni fino al 50 per cento e di ridurre i consumi del 15-25 per cento.
Le pompe di calore elettriche sono invece a zero emissioni e particolarmente sicure, ma non è sempre facile installarle negli edifici.
Le soluzioni ibride accoppiano una pompa di calore a una caldaia a condensazione, la quale – come spiega Il Sole 24 Ore – subentra per soddisfare i picchi di richiesta energetica. Il sistema possiede dei vantaggi di utilizzo, perché in un certo senso combina il meglio delle due tecnologie, ma è ingombrante e costoso.