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Governo Libico

Tutti gli schizzi fra Russia e Turchia in Libia su petrolio e Noc

Che cosa succede in Libia. Le ultime novità su Russia, Turchia e non solo

 

Non si sa se la Guerra per Sirte, nei cui pressi sono schierate le opposte forze del GNA di Tripoli e del LNA del generale Khalifa Haftar con i relativi alleati, scatterà nelle prossime ore o se si approfitterà di questo periodo di tregua per far avanzare le trattative di pace.

Certo è che c’è un gran fermento in questo periodo intorno ai pozzi petroliferi che sorgono nelle zone circostanti e che sono oggetto degli opposti appetiti.

Clamorosa ad esempio è stata la visita giovedì scorso al campo di Shahara, il più grande di tutti, da parte dei mercenari russi del Wagner Group, che si sono soffermati a parlare con le forze di sicurezza del campo.

Un passaggio non annunciato e dal chiaro sapore intimidatorio nei confronti di chi, ossia la NOC, è chiamata allo stato attuale a gestire i proventi di quei pozzi – che sono comunque bloccati da gennaio per volontà di Haftar – e distribuirli alle banche centrali dei governi rivali di Tripoli e Tobruk.

Dal capo della Noc, Mustafah Sanalla, è partito non a caso un comunicato preoccupato che accusa alcune parti coinvolte nel conflitto di “lavorare in background per supportare le forze che vogliono” continuare il blocco dei pozzi deciso da Haftar durante l’offensiva condotta contro Tripoli.

I sospetti di Sanalla intorno a quel passaggio devono essersi però trasformati in incubo ieri quando l’agenzia di stampa russa Ria Novosti ha pubblicato un’intervista al vicepresidente del Consiglio supremo degli sceicchi e dei notabili delle tribù libiche Sheikh Senussi al Haleeq  – entità, precisa Agenzia Nova che ha rilanciato l’intervista, che non nasconde le proprie simpatie per Haftar – che ha dichiarato che i pozzi della Mezzaluna petrolifera e anche quelli situati nella regione sud-occidentale del Fezzan “sono sotto il nostro controllo”, vale a dire il controllo congiunto delle tribù e e delle forze del LNA.

Fatta questa premessa, al Haleeq ha fatto quindi partire la sua bordata: il Consiglio intende aprire un conto bancario in Russia per “la distribuzione equa degli utili dalle vendite di petrolio tra tutti i libici”.

“Abbiamo invitato la comunità internazionale – sono le parole di al Haleeq – ad aprire un nuovo conto bancario, che raccoglierà tutti i profitti dalla vendita del petrolio libico. Si auspica che questo conto sia aperto in Russia, in modo che tutti i proventi della vendita di petrolio vengano da lì distribuiti equamente tra le tre regioni della Libia2.

Secondo il vicepresidente, la questione sarebbe attualmente oggetto di negoziati con le Nazioni Unite e la comunità internazionale, ha osservato l’esponente tribali libico. “Tuttavia”, ha precisato il vicepresidente parlando ad un altro organo di informazione russo come “Sputnik”,  “vogliamo che la Federazione Russa svolga un ruolo più importante in questa materia”

Guai a venire attendono dunque la NOC, considerando anche le mire del campo avversario. Sembra tutto fuorché una coincidenza infatti che domenica il ministro dell’Energia turco Fatih Donmez abbia dichiarato che Ankara ha seriamente intenzione di lavorare in sinergia con la NOC e con le principali compagnie petrolifere internazionali per sfruttare quei giacimenti.

Stretta nella morsa mortale tra i due contendenti, la NOC non può far altro in questo momento che tentare di salvare il salvabile diffondendo comunicati rassicuranti.

Ieri ad esempio ha diffuso una nota in cui ha fatto sapere che sono in corso negoziati sotto la supervisione di Onu e Usa e con il sostegno di alcuni non meglio precisati “paesi della regione” per la ripresa della produzione petrolifera.

Nell’esprimere la speranza che “i paesi regionali dietro al blocco” delle esportazioni di greggio possano “permetterci la ripresa delle operazioni nell’interesse di tutti i libici”, la Noc ha assicurato anche di essere  “determinata” perché un eventuale accordo – che dovrebbe includere, ha aggiunto, ” soluzioni per proteggere le installazioni petrolifere, assicurando che non siano mai usate come obiettivo militare o di nuovo come merce di scambio politico” – “garantisca la trasparenza e che le entrate petrolifere portino giustizia sociale e tutti i libici”.

Sullo sfondo di questo braccio di ferro per il controllo dei pozzi e dei relativi proventi, si alzano però di nuovo i venti della guerra.

Ieri al Jazeera ha riferito che migliaia di mercenari dal Ciad e dal Sudan stanno accorrendo a Sirte per dar man forte alle truppe di Haftar intenzionate a respingere indietro i rivali del GNA.

Sempre ieri, inoltre, al Monitor pubblicava un lungo articolo che si soffermava su quella che è ritenuta la sempre più probabile offensiva congiunta delle forze di Tripoli e Ankara contro Sirte e al-Jufra, sottolineando come ad Ankara siano più che determinati a far infuriare i cannoni (e i droni) per dare l’ultima lezione ad Haftar.

Nel bel mezzo di questa nebbia della guerra si trovano le immense risorse petrolifere della Libia ed un ente, la NOC, che non sa che pesci pigliare fino a quando le acque non si saranno chetate.

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