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Unione

Cosa dice la Commissione Ue sullo stato dell’Unione energetica

Il rapporto della Commissione europea sullo stato dell'Unione europea è pieno di autogol presentati come successi. L'articolo di Sergio Giraldo.

La Commissione europea ha emesso il suo rapporto sullo stato dell’Unione energetica nel 2022. Nelle pagine dell’articolato resoconto, tra una selva di numeri, si legge anche: “L’Ue ha ridotto drasticamente la sua dipendenza dai combustibili fossili russi, eliminando gradualmente le importazioni di carbone, riducendo le importazioni di petrolio del 90%, quelle del gas da 155 miliardi di metri cubi nel 2021 a circa 80 miliardi di metri cubi nel 2022 e a circa 40-45 miliardi di metri cubi nel 2023. Inoltre, l’Ue ha ridotto la domanda di gas di oltre il 18% rispetto ai cinque anni precedenti, risparmiando circa 53 miliardi di metri cubi di gas. Infine, gli impianti di stoccaggio del gas sono stati riempiti al 95% della capacità in vista dell’inverno 2022-2023”

I DATI SULLE EMISSIONI E GLI OBIETTIVI DI EFFICIENZA ENERGETICA

Vi sono anche altri dati che vengono esaltati: “Le emissioni nette di gas serra dell’UE sono diminuite di circa il 3% nel 2022, raggiungendo una riduzione del 32,5% rispetto ai livelli del 1990. Inoltre, sono stati concordati obiettivi legislativi per una quota minima del 42,5% di energia rinnovabile nell’UE entro il 2030 e l’ambizione di raggiungere il 45%. Sono stati inoltre aumentati gli obiettivi di efficienza energetica, per ridurre il consumo di energia finale dell’11,7% entro il 2030”.

TUTTI GLI AUTOGOL DELL’UNIONE EUROPEA SULL’ENERGIA

Mentre vengono spacciati come successi, si tratta in realtà di una serie di clamorosi autogol, costosissimi e assai dolorosi. È vero che ridurre la dipendenza energetica dalla Russia era auspicabile, ma era qualcosa da fare prima in un’ottica di diversificazione delle fonti e bilanciamento del rischio lato offerta. Farlo, come è stato fatto, con una sanzione gestita in emergenza ha portato all’interruzione improvvisa dei flussi sul gasdotto Nordstream, che ha causato una impennata dei prezzi.

Allo stesso modo, le sanzioni su carbone e petrolio russi hanno sì limitato o azzerato le esportazioni di Mosca verso l’Europa, ma questo ha comportato semplicemente un riassetto delle catene di fornitura, che si sono riorganizzate di fatto con triangolazioni con paesi terzi, non limitando granché la produzione russa e causando un danno del tutto relativo.

LA RIDUZIONE DELLA DOMANDA DI GAS

La riduzione del 18% della domanda di gas è poi un punto su cui vale la pena soffermarsi. Nel 2022, infatti, la riduzione dei consumi, che nel rapporto viene segnalata come un successo (“53 miliardi di metri cubi di gas risparmiati”) è in realtà dovuta a due fattori. Il primo è il clima molto mite della scorsa stagione autunno-inverno, che ha ridotto di molto i consumi civili per riscaldamento. Il secondo fattore è la distruzione della domanda industriale, che a fronte dei prezzi impazziti del 2022 ha visto molte aziende manifatturiere chiudere, sospendere o rinviare le produzioni. Di fatto, la produzione industriale è calata drammaticamente, come segnalano gli indicatori economici di Eurostat. Appare davvero bizzarro che si cerchi di far passare la de-industrializzazione del continente come un successo della transizione ecologica. Si tratta di un disastro della Commissione europea, invece, di cui tutti stanno ancora pagando il prezzo. Per non parlare degli stoccaggi, che sì sono stati riempiti, ma a che prezzo? In Italia c’è ancora un conto in sospeso da tre miliardi di euro, che, come al solito, pagheranno i cittadini. Viceversa, chi non paga mai il prezzo politico delle scelte disastrose che compie è proprio la Commissione.

COME PROCEDE LO SVILUPPO DELLE AUTO ELETTRICHE

Nel frattempo, la General Motors ha annunciato che “adatterà la propria produzione di veicoli elettrici alla domanda del mercato”. Nelle parole dell’amministratore delegato Mary Barra, questo significa tagliare in maniera significativa i piani di aumento della produzione di auto elettriche. Dal 2020, Barra aveva iniziato a spingere fortemente sull’auto elettrica, stringendo anche un’alleanza con Honda per cercare di sviluppare modelli di utilitaria, più economici. Tuttavia, l’aumento dei tassi di interesse, il costo dei componenti e delle batterie (che resta alto) e la guerra dei prezzi in corso tra Tesla e i costruttori cinesi stanno frenando le vendite. Con i prezzi in discesa, la grande casa automobilistica americana non riesce ad avere margini adeguati rispetto alla concorrenza, e per questo ha deciso di rinviare investimenti per 1,5 miliardi di dollari, relativi alla riorganizzazione di uno stabilimento per il montaggio di furgoni a Detroit.

Gli sviluppi della produzione di questo tipo di veicoli saranno rallentati, ha detto l’AD di General Motors, per avere il tempo di studiare alternative meno costose sia per ciò che riguarda i materiali sia per ciò che riguarda le catene di assemblaggio. Quindi, GM non parteciperà alla guerra dei prezzi e rimarrà su una fascia alta di mercato, preservando i margini su quel segmento. Il prezzo delle azioni della compagnia americana ha subito un ribasso a seguito della notizia. Mentre è anche in corso uno sciopero dei lavoratori dell’automobile che sta provocando perdite per 200 milioni di dollari a settimana, General Motors manda un chiaro messaggio alla Casa Bianca: l’uscita dal motore a combustione interna significa lacrime e sangue. Può Joe Biden, che si ricandida a guidare gli Stati Uniti, sopportare il costo politico della transizione energetica?  C’è un anno di tempo per scoprirlo.

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