L’Ufficio di controllo dei beni stranieri del dipartimento del Tesoro deli Stati Uniti ha imposto sanzioni economiche a una società indiana, la Tibalaji Petrochem, per aver acquistati prodotti petroliferi iraniani che successivamente sono stati rivenduti in Cina.
Oltre a Tibalaji, Washington ha sanzionato anche aziende emiratine e hongkonghesi.
LA PRIMA AZIENDA AMERICANA A SUBIRE LE SANZIONI
Il quotidiano indiano The Hindu ha scritto che Tibalaji “è la prima entità indiana a subire” le sanzioni unilaterali imposte dagli Stati Uniti contro l’Iran “nel 2018-19, dopo la decisione dell’amministrazione Trump di uscire dall’accordo sul nucleare, o Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), con l’Iran”.
COSA HA FATTO L’INDIA FINORA
Sebbene l’India non abbia formalmente aderito alle sanzioni americane, nei fatti l’amministrazione di Narendra Modi ha deciso di azzerare le importazioni petrolifere dall’Iran nel 2019 – rappresentavano l’11 per cento circa del consumo indiano di greggio – per non incappare in penalità: le sanzioni americane si applicano infatti a tutti quei soggetti che utilizzano il dollaro per effettuare le loro transazioni, anche se non hanno sede negli Stati Uniti.
IL CONTESTO POLITICO
Le sanzioni a Tibalaji sono state comunicate il giorno successivo al rientro in patria del ministro degli Esteri indiano S. Jaishankar, in visita negli Stati Uniti. Nuova Delhi – un tassello fondamentale nei piani di Washington per il contenimento dell’ascesa cinese in Asia – sta peraltro acquistando grandi quantità di greggio da un altro paese sanzionato dall’America: la Russia di Vladimir Putin.
IL TRIANGOLO IRAN-INDIA-CINA
Tibalaji avrebbe acquistato prodotti petroliferi dal valore di milioni di dollari, come il metanolo e l’olio base, da Triliance per poi spedirli in Cina. Triliance è una società iraniana che agisce da intermediaria per la vendita di prodotti iraniani ad acquirenti stranieri.