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Russia

Non solo Iran e Ungheria. Chi putineggia con la Russia sull’energia

Russia a tutto gas (e benzina): espande la collaborazione energetica con l'Iran e l'Ungheria, e tiene stretta a sé l'Unione europea con il Gnl. Tutti i dettagli

 

L’Iran ha iniziato a ricevere benzina e diesel russi via treno. L’Ungheria amplia gli accordi con Gazprom e Rosatom sul gas e sul nucleare. Mentre l’Unione europea, nonostante il distacco dai gasdotti, aumenta le importazioni di GNL dalla Russia.

Tutti i dettagli.

IL NUOVO COMMERCIO PETROLIFERO (SU ROTAIA) TRA RUSSIA E IRAN

Stando alle fonti di Reuters, la Russia ha iniziato a esportare combustibile in Iran tramite le ferrovie, in modo da proteggere il commercio dalle sanzioni che i paesi occidentali hanno imposto su entrambi i paesi.

L’Iran, come la Russia, è un produttore di petrolio e possiede anche delle raffinerie; di recente, però, i livelli di consumo di combustibile hanno superato la capacità produttiva.

Secondo l’agenzia, a febbraio e a marzo Mosca ha fornito a Teheran 30.000 tonnellate di benzina e gasolio. I carichi sono stati trasportati a destinazione via treno, attraversando il Kazakistan e il Turkmenistan. Quantità più piccole sono state trasportate via nave attraverso il mar Caspio, che separa le due nazioni.

Il commercio di prodotti petroliferi su rotaia comporta delle difficoltà logistiche per la Russia, stando alle fonti di Reuters, perché l’infrastruttura non è in grado di sostenere questo aumento dei trasporti. Mosca e Teheran stanno però lavorando alla realizzazione di un corridoio commerciale – che richiederà l’adeguamento delle rotte ferroviarie, marittime e fluviali – proprio per facilitare gli scambi bilaterali e aggirare le sanzioni, emancipandosi dai porti europei e dal canale di Suez.

GLI ACCORDI CON L’UNGHERIA SUL GAS E SUL NUCLEARE

In Ungheria, invece, la Russia ha ottenuto un ampliamento dell’accordo per la fornitura di gas naturale e un rinnovo del patto di finanziamento alle centrali nucleari del paese.

Pur facendo parte dell’Unione europea, che sta lavorando per accelerare il distacco energetico da Mosca, Budapest si sta muovendo in senso contrario, accrescendo la dipendenza da una nazione con la quale intrattiene ottimi rapporti. Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha criticato le sanzioni che l’Unione ha imposto sulla Russia per aver aggredito l’Ucraina, sostenendo che non funzionino.

Gazprom, la società gasifera statale russa, ha dichiarato che, oltre a valutare l’invio all’Ungheria di forniture di gas superiori a quelle contrattualizzate (all’Europa negò volumi aggiuntivi già nell’estate precedente all’invasione dell’Ucraina) nel 2023, potrebbe anche accettare pagamenti in ritardo rispetto alla consegna.

Rosatom, la compagnia nucleare statale russa, si sta invece occupando dell’espansione della centrale nucleare ungherese di Paks.

L’UE NON MOLLA IL GNL DELLA RUSSIA

L’Unione europea ha messo sanzioni sul carbone russo e sul petrolio e i derivati trasportati per via marittima ma non sul gas naturale, dal quale dipendeva pesantemente (per il 40 per cento sul totale delle importazioni, prima della guerra). Nell’ultimo anno il blocco ha sì ridotto drasticamente gli acquisti di gas russo via tubo, ma ha aumentato quelli di gas liquefatto, o GNL, via metaniere. La conseguenza indiretta di queste transazioni è il finanziamento della guerra del Cremlino all’Ucraina, dato che le società energetiche come Gazprom e Novatek sono le principali contribuenti al bilancio russo.

Stando alle analisi della società di ricerca CapraView, quasi la metà del GNL che la Russia ha esportato nei primi dieci mesi successivi all’invasione dell’Ucraina si è diretto in Europa, per un valore di circa 14 miliardi di dollari.

I dati europei dicono che nel 2022 le importazioni di GNL russo a livello comunitario hanno raggiunto i 22 miliardi di metri cubi, rispetto ai 16 miliardi del 2021. È un aumento significativo, pur trattandosi di un volume nettamente inferiore ai 155 miliardi di metri cubi di gas via tubo che l’Unione riceveva ogni anno da Mosca prima dell’inizio della guerra.

Nel 2022 l’Unione europea ha importato 56 miliardi di metri cubi di GNL dagli Stati Uniti, contro i 22 miliardi del 2021, ha detto l’analista di Bruegel Simone Tagliapietra.

I paesi europei che l’anno scorso hanno importato più GNL russo, addirittura raddoppiando i volumi del 2021, sono stati il Belgio e la Spagna.

VIETARE LE IMPORTAZIONI DI GNL RUSSO È LA MOSSA GIUSTA?

Il mese scorso la commissaria all’Energia Kadri Simson ha chiesto agli stati membri di interrompere gli acquisti di GNL dalla Russia, che rappresentano un “danno reputazionale” all’Unione e ne danneggiano gli obiettivi di indipendenza energetica da Mosca e di contrasto al finanziamento dell’invasione.

Il Parlamento europeo vorrebbe imporre un divieto assoluto a tutte le importazioni europee di gas russo, ma difficilmente la proposta verrà accolta dai paesi membri. Sostituire il combustibile liquefatto russo con quello di altra provenienza è difficile, infatti: il mercato è “ristretto” – c’è un equilibrio molto sottile tra i livelli della domanda e la disponibilità di offerta – e le alternative sono scarse; si correrebbe dunque il rischio di restare senza abbastanza gas, dunque.

Inoltre, un ban al GNL russo causerebbe probabilmente un aumento dei prezzi europei del gas senza necessariamente arrecare un danno alle entrate del Cremlino. A differenza del combustibile trasportato dai gasdotti, vincolato a un’infrastruttura fissa, il GNL si muove via nave e può dunque dirigersi con maggiore facilità verso altri mercati in Asia.

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