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Gardini

Raul Gardini e la bioeconomia

Conversazione con Mario Bonaccorso, giornalista e blogger de "Il bioeconomista", autore del libro “L'uomo che inventò la bioeconomia – Raul Gardini e la nascita della chimica verde in Italia” (Edizioni Ambiente).

 

Raul Gardini, oltre trent’anni fa, ha avuto la lungimiranza di tracciare la strada per l’integrazione tra chimica e agricoltura. Concetti che oggi chiameremmo chimica verde, bioeconomia ed economia circolare. In una parola ecostenibilità. Era infatti il 1987 quando Gardini, con le sue intuizioni, anticipò di qualche decennio la svolta green dell’economia.

Per dirla con le parole dell’imprenditore: “Come dimostra il meraviglioso processo della fotosintesi, l’agricoltura è chimica e la chimica verde è la prossima rivoluzione che si svilupperà in modo esponenziale”. Di questo tratta il libro di Mario Bonaccorso dal titolo “L’uomo che inventò la bioeconomia – Raul Gardini e la nascita della chimica verde in Italia” (Edizioni Ambiente).

GARDINI È STATO UN PRECURSORE

“Gardini nel campo della biochimica è stato un precursore. Nel testo ho cercato di ripercorrere la sua visione e nello specifico, oltre ai suoi pensieri, ciò che poi ha messo in pratica – dice Bonaccorso, giornalista e blogger de ‘Il bioeconomista‘, a Start Magazine -. Quando ti occupi di bioeconomia la figura di Gardini emerge perché è stato lui a creare il centro di ricerche Fertec, il nucleo da cui si è poi sviluppata Novamont. Per questo volevo illuminare la figura di un imprenditore che è stata così importante negli anni ’80 nel nostro paese, osservandola sotto la luce dell’innovazione che ha portato nella bioeconomia circolare. Un pioniere che si occupava di chimica verde prima che Anastas e Warner pubblicassero i dodici principi basilari della materia nel 1991 – ha aggiunto l’autore -, che parlava non solo di bioetanolo ma anche di bioplastica e dell’utilizzo di materie prime biologiche anche nel campo della farmaceutica”.

A distanza di trent’anni, infatti, la bioeconomia rappresenta oggi un tassello fondamentale degli indirizzi economici europei e un’opportunità straordinaria per superare il modello lineare di sviluppo e per porre rimedio al riscaldamento climatico e alla degradazione ambientale. Con questo libro Bonaccorso ha voluto, dunque, non solo ricostruire un pezzo importante di storia industriale del nostro paese, ma anche ricordare l’eredità di Raul Gardini che oggi è rappresentata da Novamont, la Nuova Montedison di cui è amministratore delegato Catia Bastioli, che ha scritto la prefazione del libro.

IL CASO GARDINI COME MONITO PER NON RIPETERE GLI ERRORI

“Ma non so se può definire un’opera storiografica anche se assolve alle due delle funzioni che Cicerone assegna alla storia: da un lato illuminare la figura di Gardini dal punto di vista di Gardini innovatore, su temi all’ordine del giorno dell’agenda politica di 60 paesi del mondo. E dall’altro dare un insegnamento: abbiamo perso la grande opportunità di avere un grande gruppo chimico in grado di competere nel mondo sui principi della sostenibilità – ha spiegato Bonaccorso -. Oggi questa opportunità ci si ripresenta anche per via della crisi Covid che stiamo attraversando e per la necessità di conciliare l’economia con l’ambiente. Il caso Gardini, il caso Montedison, devono essere da monito affinché non si commettano più gli errori fatti in passato, questo paese non può più permetterselo”.

L’autore ha ricostruito le gesta del celebre imprenditore romagnolo attraverso articoli di giornale dell’epoca, suoi interventi scritti e orali in occasione di evento pubblici e una serie di appunti scritti a mano e custoditi dalla Fondazione che porta il suo nome. Bonaccorso ha messo costantemente in parallelo la storia con le evoluzioni attuali, a riprova di quanto concrete e lungimiranti fossero le idee dell’imprenditore ravennate. La bioeconomia circolare e sostenibile è infatti uno dei pilastri del Green New Deal europeo e italiano e una delle chiavi a livello mondiale per riconnettere l’economia con l’ambiente. Come sottolinea lo stesso autore nel testo, “è necessario un cambiamento di sistema, per smaterializzare il nostro modello economico e aggiornare la logica dell’efficienza delle risorse a quella della sufficienza delle risorse, sulla base del disaccoppiamento della crescita economica, o di un migliore benessere, dall’uso delle risorse e dagli impatti ambientali”.

IL FUTURO DELLA BIOECONOMIA

Ma quale futuro attende il settore? “È tempo di passare dalle parole ai fatti. Ci sono tutta una serie di misure che sono necessarie per consentire una transizione reale per passare a una società post-petrolifera – ha precisato Bonaccorso -. Non bisogna inventare l’acqua calda: occorre solo portare avanti una serie di azioni per arrivare a una end of waste in tutti i settori produttivi, potenziare il green procurment con sistemi di etichettatura e assicurare maggiore supporto a ricerca e innovazione per farle diventare applicazioni industriali”.

Per fare ciò, però, ci sarà bisogno di tempo. “Dal mio punto di vista è un processo graduale sul quale abbiamo già perso 30 anni in Italia: potevamo essere leader mondiali a tutti gli effetti. È comunque evidente che nessuno pensa di poter sostituire le fonti fossili dall’oggi al domani. Bisogna tenere a mente, tuttavia, che abbiamo da una parte un obiettivo di decarbonizzazione al 2050 e dall’altra sappiamo di dover assolutamente agire sulle emissioni di Co2. Oggi ragioniamo sul Covid-19 ma quello che abbiamo davanti è una crisi recessiva tremenda, un debito pubblico spaventoso, la cancellazione di posti di lavoro e una crisi dettata dai cambiamenti climatici potenzialmente più devastante di quella del Covid. Quello che forse dobbiamo imparare è a fidarci della scienza e non dare per scontato questo pianeta. Anche la crisi di Covid-19 ha dimostrato che fenomeni come deforestazione e urbanizzazione incidono sull’habitat in cui viviamo mettendoci a stretto contatto con patogeni mortali”, ha concluso Bonaccorso.

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