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Tutte le potenzialità della bioeconomia. Report Intesa Sanpaolo

Dati e analisi sull’insieme dei settori che trattano materie prime rinnovabili di origine biologica in Italia e in Europa nel Rapporto dell'ufficio studi di Intesa Sanpaolo

 

In Italia nel 2017 l’insieme delle attività connesse alla bioeconomia ha generato un output pari a circa 328 miliardi di euro, occupando oltre due milioni di persone.

È quanto emerge dal V rapporto realizzato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo e Assobiotec-Federchimica, presentato la scorsa settimana a Bari in occasione del convegno sulla Bioeconomia in Europa.

CHE COSA E’ LA BIOECONOMIA

La bioeconomia può essere definita come un’economia basata sull’utilizzazione sostenibile di risorse naturali rinnovabili e sulla loro trasformazione in beni e servizi finali o intermedi. La bioeconomia comprende non solo settori tradizionali come l’agricoltura, la pesca, l’acquacoltura e la selvicoltura, ma anche settori economici più moderni come quelli delle biotecnologie e delle bioenergie.

I NUMERI DELLA BIOECONOMICA

La bioeconomia rappresenta il 10,1% in termini di produzione e il 7,7% in termini di occupati sul totale dell’economia del nostro Paese nel 2017. Secondo queste stime, il valore della produzione della bioeconomia nel 2017 è cresciuto di oltre 6 miliardi rispetto al 2016 (+1,9%), grazie al contributo positivo della maggioranza dei settori considerati e, in particolare, dei comparti di agricoltura e industria alimentare.

IL CONFRONTO CON L’EUROPA

Il confronto europeo evidenzia, in termini assoluti, il ruolo della Germania, con un valore della produzione della bioeconomia stimato pari a 402,8 miliardi di euro, seguita dalla Francia con un valore pari a 357,7 miliardi. L’Italia si posiziona al terzo posto, con un output pari a 328 miliardi di euro, prima di Spagna (220,6 miliardi) e Regno Unito (189,8 miliardi).

In termini occupazionali la bioeconomia registra valori compresi tra gli 1,2 milioni di addetti del Regno Unito e i 2,1 milioni di occupati tedeschi. L’Italia, con poco più di 2 milioni di addetti, si posiziona subito dopo la Germania, prima di Francia (1,7 milioni) e Spagna (1,5 milioni). In termini relativi, si osserva la maggiore rilevanza della bioeconomia in Spagna e Italia che registrano un peso sul totale delle attività economiche pari rispettivamente a 10,3% e 10,1% in termini di produzione e 7,7% e 8% se consideriamo l’occupazione.

I DETTAGLI DEL RAPPORTO

La percentuale di rifiuti avviati al riciclo in Italia è pari al 77%, ben superiore rispetto a tutti gli altri grandi Paesi europei: la Francia è al 53%, il Regno Unito al 59%, la Germania al 53% (dati 2014). La media europea è pari al 55%. Con riferimento ai rifiuti biocompatibili, l’incidenza del riciclo in Italia è superiore alla media europea e prossima al 91%, solo il 6% dei rifiuti trattati viene termovalorizzato e il 3% finisce in discarica. Questo dato conferma la forte specializzazione nel riciclo del nostro Paese.

LE FILIERE

Nelle filiere della carta e del legno, i rifiuti sono in larga parte recuperati per consentire il ritorno in circolo del materiale. Attraverso la chiusura del cerchio non solo si riduce il consumo di materia prima (alberi e cellulosa), ma si risparmiano anche energia e acqua, si riducono le emissioni e si diminuisce la quantità di materiali destinati alle discariche, risparmiando così preziose risorse che andrebbero altrimenti distrutte.

IL RICICLO

Per il riciclo della carta cruciale è il tema della diffusione della raccolta differenziata e della qualità del rifiuto raccolto. Nell’attuale situazione la sostenibilità dell’intera filiera del riciclo della carta è legata ai flussi di esportazione della carta da macero, in particolare di bassa qualità. L’introduzione da parte della Cina, principale area di sbocco per le nostre esportazioni di rifiuti cartacei, di nuovi e rigidi standard qualitativi sulle importazioni sta determinando una redistribuzione dei mercati di sbocco e sta ponendo rilevanti difficoltà alla filiera del riciclo della carta e del cartone a livello mondiale.

OPPORTUNITA’ PER IL MEZZOGIORNO

Lo sviluppo della bioeconomia nel Mezzogiorno assume una particolare rilevanza. L’adesione ai modelli dell’economia circolare e della bioeconomia possono infatti accompagnare il Sud verso un nuovo catching-up con le economie più avanzate.

Ci sono, infatti, grandi potenzialità, sulla base delle quali negli ultimi anni si è assistito allo sviluppo di alcune specifiche filiere e settori di eccellenza, che hanno già avviato un processo di riconversione non solo in termini di sostenibilità della produzione, ma anche di riorganizzazione industriale nell’ottica della bioeconomia. Si intravedono, dunque, segnali di interesse e convergenza con le restanti aree del Paese maggiormente orientate al nuovo paradigma dell’economia circolare.

La firma del Manifesto della Bioeconomia in Puglia avvenuta in occasione del convegno da parte del Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, Confindustria e Università degli Studi di Bari rappresenta un’ulteriore passo in quella direzione.

CHE COSA HA DETTO INTESA SAN PAOLO

“Le stime – ha commentato Stefania Trenti, responsabile Industry Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo –confermano la rilevanza della bioeconomia nel nostro paese con un trend di crescita nel lungo periodo. In particolare, nel Rapporto, quest’anno approfondiamo la filiera del legno e della carta, dove l’Italia, pur in assenza di una significativa dotazione di materia prima, è stata in grado di ritagliarsi un ruolo di leader nel contesto europeo, puntando sull’innovazione tecnologica e la sostenibilità ambientale”.
“L’Italia si caratterizza per una forte propensione al riciclo e al riuso dei rifiuti – ha aggiunto Laura Campanini responsabile Local Public Finance Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo – e le filiere della carta e del legno rappresentano dei punti di eccellenza. Per gli imballaggi in carta e in legno, l’Italia ha già superato i target al 2025. Tuttavia esistono spazi di miglioramento che riguardano la diffusione della raccolta differenziata, interventi che favoriscano e aumentino la qualità e omogeneità del rifiuto (tema importante per la carta) e l’adeguamento della dotazione di impianti sia privati sia pubblici. Le regioni del Mezzogiorno presentano potenzialità interessanti”.

CHE COSA HA DETTO ASSOBIOTEC-FEDERCHIMICA

“I dati della V edizione del Rapporto confermano la leadership italiana nella bioeconomia”, ha dichiarato Giulia Gregori, segretario generale del Cluster Spring e componente il Consiglio di Presidenza di Assobiotec-Federchimica. “La Bioeconomia – ha affermato Gregori – è crescita economica sostenibile e nuova occupazione, che passa dall’impiego di risorse rinnovabili locali e dalla creazione di innovazione anche nei siti deindustrializzati”.

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