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Petrolio

Perché il petrolio schizza ai massimi da 7 anni?

Ecco cause e conseguenze del nuovo rialzo del petrolio

 

Oggi i prezzi del petrolio sono cresciuti fino a raggiungere i massimi in oltre sette anni. Il greggio Brent, basato sull’Europa nordoccidentale, si è avvicinato agli 88 dollari al barile: 87,5 dollari, per la precisione. Il West Texas Intermediate, riferimento per il mercato americano, ha invece sfiorato gli 85 dollari. Il rialzo della materia prima andrà a complicare il quadro di inflazione alta, che sta preoccupando banchieri e politici e che si tradurrà in un costo maggiore dei prodotti finiti per i consumatori.

LE CAUSE

L’aumento del prezzo del petrolio è dovuto alle preoccupazioni dei mercati per una possibile riduzione dell’offerta dopo che i ribelli houthi, un gruppo yemenita vicino all’Iran, hanno compiuto un attacco con missili e droni ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti: sono morte tre persone.

Gli Emirati Arabi Uniti sono alleati dell’Arabia Saudita nella guerra in Yemen, in corso dal 2015. Sul fronte opposto ci sono gli houthi, che combattono contro il presidente yemenita ‘Abd Rabbih Mansur Hadi (sunnita) e contro la coalizione saudita che lo sostiene; gli houthi, sciiti, sono appoggiati dall’Iran.

LE CONSEGUENZE

L’attacco ad Abu Dhabi potrebbe creare una crisi profonda tra l’Arabia Saudita e l’Iran, rivali regionali, e creare perturbazioni in Medioriente, una regione cruciale per l’equilibrio dei mercati petroliferi: molti dei maggiori produttori di greggio si trovano infatti qui. L’Arabia Saudita è peraltro a capo dell’OPEC, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio di cui fanno parte gli Emirati Arabi Uniti (un membro di primo piano) e anche l’Iran (le cui possibilità di export sono però ristrette dalle sanzioni americane).

Gli houthi hanno mandato un avvertimento agli Emirati Arabi Uniti, dicendo che potrebbero compiere nuovi attacchi contro altri bersagli (hanno colpito dei camion cisterna vicino all’aeroporto di Abu Dhabi); gli Emirati, di contro, hanno detto che si riservano il diritto di rispondere. ADNOC, la compagnia petrolifera emiratina, ha attivato un piano speciale per garantire la continuità delle forniture dei suoi prodotti ai clienti sia nazionali che stranieri.

LE RIPERCUSSIONI SUL PETROLIO

Le tensioni in Medioriente non stanno facendo bene al mercato petrolifero, già innervosito per quello che giudica un bilanciamento insoddisfacente tra la domanda di barili e la loro disponibilità: l’OPEC+ sta limitando l’offerta proveniente dai suoi membri, anche se le restrizioni alla produzione sono state decisamente allentate rispetto ai livelli decisi nel 2020. Tuttavia, diversi membri del gruppo – come Russia, Nigeria e Libia – stanno avendo problemi di produzione e non riescono a rispettare gli obiettivi fissati.

A detta dell’OPEC+, l’impatto della variante omicron del coronavirus sulla domanda petrolifera sarà “lieve e di breve durata”, e non stravolgerà quindi il contesto economico internazionale.

Ash Glover, analista a CMC Markets, ha detto a Reuters che se le tensioni in Medioriente dovessero proseguire e l’OPEC+ non dovesse riuscire a rispettare il target di 400mila barili al giorno in più, allora i prezzi del petrolio potrebbero dirigersi ancora più in alto, verso i 100 dollari al barile.

A dicembre la società di servizi finanziari JPMorgan stimò che nel 2022 i prezzi del petrolio arriveranno a 125 dollari al barile e che raggiungeranno i 150 dollari nel 2023 a causa del calo della capacità produttiva dell’OPEC+.

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