Pd, Lega e M5s vogliono insistere con la tassa sugli extraprofitti delle società energetiche, mentre Italia Viva chiede un suo ripensamento. Ma è davvero possibile raccogliere gli 11 miliardi stimati dal governo?
Secondo il deputato di Italia Viva Luigi Marattin, “è giusto ed equo trasferire risorse da chi grazie al caro-energia sta realizzando profitti ingentissimi. Tuttavia la strada scelta dal governo Draghi è sbagliata perché ha creato distorsioni e iniquità. Occorre invece puntare su una maggiorazione dell’Ires temporanea per il solo comparto energetico”.
Marattin fa riferimento alla tassa del 25 per cento (inizialmente del 10 per cento) sui cosiddetti “extraprofitti” registrati dalle società energetiche grazie all’aumento del prezzo delle materie prime (in primis il gas naturale) applicata dal governo di Mario Draghi. L’Ires, invece, è l’imposta sul reddito delle società.
COSA PENSA NICITA (PD)
Sugli extraprofitti si è pronunciato, dandone però un giudizio diverso, anche Antonio Nicita, coordinatore del programma del Partito democratico per le elezioni del 25 settembre. Ha detto – come si legge sul Sole 24 Ore – che è necessario “procedere alla proroga e all’estensione del contributo straordinario sugli extra guadagni delle imprese energetiche”, oltre che introdurre “un regime di prezzi amministrati per l’energia elettrica, in via transitoria per 12 mesi”.
COSA PENSA CONTE (M5S)
Favorevole alla tassa sugli extraprofitti è anche il Movimento 5 Stelle. Il cui presidente, Giuseppe Conte, chiede che il governo “recuperi assolutamente i 9 miliardi di extraguadagni di quelle aziende che hanno speculato e si sono arricchite durante l’emergenza”. In aggiunta a questa somma – scrive Il Sole 24 Ore – Conte è favorevole anche a uno scostamento di bilancio “per dare aiuti immediati alle persone e per investimenti che abbiano ampi ritorni economici come il Superbonus”.
COSA PENSA SALVINI (LEGA)
Matteo Salvini, segretario federale della Lega, ha dichiarato recentemente che il governo, per mitigare l’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia, “può agire sui gruppi pubblici o sulle municipalizzate locali imponendo un tetto agli extraprofitti”, riporta l’agenzia Radiocor.
A QUANTO AMMONTANO GLI EXTRAPROFITTI?
Lo scorso maggio la Repubblica faceva notare come il gettito effettivamente recuperabile dalla tassa sugli extraprofitti delle società energetiche sia inferiore rispetto a quello stimato dal governo (circa 11 miliardi di euro).
Enel e Edison – due aziende che, assieme a Eni, valgono più della metà del mercato italiano della produzione e vendita di energia – avevano infatti comunicato che la tassa sugli extraprofitti avrebbe avuto un impatto di 100 milioni per entrambe. Similmente, Eni aveva dichiarato – quando però l’aliquota della tassa era al 10 per cento – che l’impatto sui suoi conti sarebbe stato di “alcune centinaia di milioni”.
IL GOVERNO HA SOVRASTIMATO LE ENTRATE?
In merito alla sovrastima delle entrate della tassa sugli extraprofitti, l’analista economico Giuseppe Liturri aveva scritto su Startmag che “com’è possibile che un’imposta aggiuntiva […] del 25% possa fornire quasi un terzo del gettito totale IRES?”. Finora la misura ha garantito entrate per 900 milioni, molto meno degli 11 miliardi previsti.
“Secondo alcune stime”, scriveva a giugno Sergio Giraldo, esperto di energia – “la tassa frutterebbe al massimo 3 miliardi, cioè 8 miliardi in meno di quanto atteso dal governo”.
LE PERPLESSITA’ DI REPUBBLICA
Ha scritto oggi Repubblica: “Nelle stime del Tesoro quell’acconto doveva portare a giugno 4,2 miliardi: se n’è incassato soltanto uno, ne mancano più di 9 dei 10,5 stimati. Se ora tutte le aziende si ‘ravvedessero’, potrebbero portare allo Stato – sanzioni incluse – oltre 3,5 miliardi. Difficile si arrivi a tanto”.