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Petrolio

Petrolio, tutte le crepe dell’accordo Opec sui tagli

Il candidato primo ministro dell'Iraq dice che il paese non può permettersi di rispettare l'accordo dell'Opec+: ha bisogno, al contrario, di produrre e vendere più petrolio. L'Arabia Saudita dovrà farsi carico da sola di buona parte dei tagli, ma rischia di lasciare troppi spazi alla Russia. Tutti i dettagli.

Mohammed al-Sudani, ex-ministro e principale candidato alla carica di capo di governo dell’Iraq, ha detto che il suo paese non può permettersi di ridurre la produzione di petrolio come concordato la settimana scorsa dall’OPEC+. Il cartello, che riunisce alcuni dei principali esportatori di greggio al mondo ed è capeggiato dall’Arabia Saudita e dalla Russia, ha infatti deciso la settimana scorsa di tagliare il proprio output petrolifero di 2 milioni di barili al giorno.

I MALUMORI DELL’IRAQ

Secondo Sudani, si tratta di un livello insostenibile per l’Iraq, che ha bisogno di estrarre e vendere più greggio per rimpinguare le proprie finanze e sostenere la sua popolazione.

Ufficialmente l’Iraq, governato dal primo ministro Mustafa al-Kadhimi, ha appoggiato la decisione dell’OPEC+. Ma in privato – racconta il Wall Street Journal – ha criticato i tagli all’output, molto pesanti, e lo stesso hanno fatto diversi altri paesi del golfo Persico.

L’Iraq è il secondo maggiore produttore di petrolio tra i membri dell’OPEC+, con oltre 4,5 milioni di barili al giorno. Secondo l’accordo sui tagli, dovrebbe ridurre l’output di 220mila barili al giorno fino alla fine dell’anno prossimo. I piani di Baghdad, però, erano tutt’altri: vorrebbe aumentare i livelli produttivi fino a portarli a 6 milioni di barili al giorno entro il 2027.

COSA FARÀ L’ARABIA SAUDITA?

Considerato che una buona parte dei membri dell’OPEC+ aveva difficoltà a raggiungere le già basse quote produttive stabilite in passato, i tagli da 2 milioni di barili al giorno previsti dall’ultimo accordo saranno, nel concreto, meno profondi, da circa 1 milione. Graveranno principalmente sull’Arabia Saudita, che dovrà ridurre il proprio output di circa 500mila barili al giorno.

Rimane da capire su quali acquirenti ricadranno i tagli sauditi. Non su quelli in Asia, sembrerebbe, perché Riad ha deciso di non alzare i prezzi di vendita (con consegna per novembre) del suo greggio Arab Light destinato alla regione, rispetto al benchmark locale. Se lo avesse fatto avrebbe avvantaggiato ulteriormente la Russia, che si sta già prendendo fette di mercato saudita grazie al petrolio scontato che spedisce in India e in Cina, due tradizionali clienti di Riad.

Tra l’Arabia Saudita e la Russia non esiste alcuna alleanza. Esiste sì una collaborazione energetica all’interno dell’OPEC+, ma è un rapporto di convenienza più che un’amicizia vera e prova. Ne è una prova il fatto che a marzo 2020 i due paesi combatterono una “guerra dei prezzi” del petrolio, scoppiata a seguito di una divergenza di vedute sui livelli di produzione da tenere per bilanciare il mercato nelle prime settimane di pandemia: Riad finì col mettere in vendita grandi quantità di barili a basso prezzo con l’obiettivo di danneggiare Mosca e forzarla a negoziare da una posizione di debolezza.

I tagli sauditi – pare – non ricadranno nemmeno sugli europei, perché l’Arabia ha abbassato i prezzi di vendita in Europa nordoccidentale/Mediterraneo, dove le raffinerie sono in cerca di greggio non russo. Riad deve mantenersi competitiva rispetto alla concorrenza proveniente dagli Stati Uniti e dall’Africa.

I tagli, allora, potrebbero ricadere sugli acquirenti americani: l’Arabia Saudita ha in effetti alzato di 20 centesimi i prezzi del greggio destinato agli Stati Uniti, ma le esportazioni nel paese sono già basse (circa 400mila barili al giorno).

Una parte – non troppo rilevante, in realtà – dei tagli all’output potrebbe venire assorbita dalla diminuzione del fabbisogno interno di petrolio, ha spiegato Bloomberg, che viene bruciato per produrre elettricità. Le temperature più fresche dei mesi di ottobre e novembre, infatti, dovrebbero portare a un calo della domanda elettrica e conseguentemente di greggio, stimato sui 75mila barili al giorno.

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