(Una mosca si posa sui muri delle stanze dove i potenti decidono i destini dei popoli… House of zar è la raccolta dei racconti di questo insetto ficcanaso, che origlia e studia le mosse degli strongman o dei siloviki, se preferiamo l’antico nome russo, nella contesa più importante della modernità, quella dell’energia, che si tratti di gas naturale o petrolio. Sempre e solo su Start una sua ennesima puntata)
Le fasi finali della realizzazione del North stream 2, la pipeline che porterà il gas russo fino in Germania – e quindi in tutta Europa – potrebbe essere l’ultimo tassello della inimitabile vicenda politica di Angela Merkel, la cancelliera che ha tenuto in mano le sorti del proprio paese e del continente per 16 anni. Un periodo infinito per i tempi odierni, in cui le carriere bruciano come fuochi fatui. E un periodo in cui la sua ‘visione’ ha permesso alla Germania di consolidare il proprio ruolo nell’Ue ma anche di fondare e consolidare il sincretismo tedesco all’inizio del nuovo millennio, come ho cercato di spiegare in un volume (edizioni goWare) che uscirà fra poco e che avrà come protagonista proprio das Madchen, come la chiamava il suo padrino politico Helmut Kohl.
In merito al flusso di gas russo che permetterà di produrre l’elettricità che l’industria tedesca brama come l’aria, il passo decisivo per sbloccare una situazione di stallo che durava da molto tempo è stata la decisione del nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden di non applicare sanzioni alla società controllata dalla Russia che sta dietro il progetto. Un via libera stelle e strisce che è anche il sintomo di un cambiamento nei rapporti tra Usa ed Europa, intesa come Unione. Già il 19 maggio il segretario di stato USA Antony J. Blinken aveva infatti dichiarato che è interesse nazionale degli Stati Uniti rinunciare all’applicazione di sanzioni nei confronti di Nord Stream 2, delle navi coinvolte nelle operazioni di completamento e dei funzionari aziendali di Nord Stream 2 AG e del suo ceo, Matthias Warnig. Un junker della Germania orientale che i siloviki russi considerano uno di loro, visto anche la lunga conoscenza e frequentazione con lo Zio Vlad fin dai tempi di Dresda 1989. Nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza l’attentissima regia di frau Merkel che ha posto l’ennesimo sigillo di un grande successo personale in chiusura della sua esperienza alla guida del governo tedesco. A riprova della sua sensibilità diplomatica, dopo avere incassato il via libera al completamento dell’opera, ha comunque continuato a mantenere un basso profilo in materia di approvvigionamento energetico, riconoscendo però a Biden di avere riaperto quel dialogo con l’Europa che si era arenato, per usare un eufemismo, durante il quadriennio di Donald Trump.
La lotta contro il Nord Stream 2 si è spostata dal Mar Baltico agli uffici di funzionari diplomatici e politici, non solo in Europa ma anche a Washington ed è anche per questo che la cancelliera il 15 luglio andrà in visita ufficiale alla Casa Bianca, sancendo con un atto fortemente simbolico il proprio successo personale. Il cui risultato più importante dal punto di vista della geopolitica energetica è il ruolo della Germania come porta di ingresso dell’oro blu verso i consumatori europei. E di tutta la sua filiera manufatturiera, di servizi di manutenzione e di digitalizzazione che ne consegue.
Ora la finalizzazione del progetto North stream 2 sarà vista da qualcuno come una vittoria di Putin, che in questo modo si è accreditato come il fornitore quasi esclusivo di gas all’Europa e delle possibili sinergie e sviluppi dell’idrogeno alle sue industrie energivore. Una vittoria doppia, visto che grazie alle vie alternative costituite dal Turk Stream (rotta sud) e appunto il North Stream 2 (rotta nord) il flusso di gas non dovrà transitare (solo) per l’Ucraina. Sergey Nechayev, ambasciatore russo in Germania, ha affermato di essere fiducioso che il gasdotto possa essere completato prima delle elezioni tedesche del 7 settembre, anche grazie al miglioramento delle condizioni meteo marine che dal mese di giugno consentono lavori di posa più celeri.
Lo stato dei lavori vede attualmente due navi russe operano nelle acque danesi: la Fortuna (nome in codice anti sanzioni Fiona) alla quale, per la posa delle condotte a sud dell’isola danese di Bornholm nella Zona economica esclusiva (ZEE) del paese, il 27 aprile si è unita l’Akademik Cherskiy (Anja, sempre in codice). Il 10 giugno la società Nord Stream 2 AG ha annunciato di avere completato la cosiddetta “Golden Weld” sulla linea B del gasdotto: significa che 1.234 km di una delle stringhe del tubo costituiscono ora un insieme integrale. Il 15 giugno fonti dell’Akademik Cherskiy riportavano che mancavano solo 60 km al completamento della linea A del Progetto. Se entrambe le posatubi fossero in grado di posare il tubo a un chilometro combinato al giorno e supponendo che le condizioni meteorologiche non rallentino le operazioni, il segmento di gasdotto rimanente verrebbe posato entro 65 giorni.
Tutto a posto quindi? Ovviamente no, una operazione di “Golden Weld” condotta con successo non è bastante a garantire che il gas possa fluire attraverso i tubi. Infatti, il tubo deve essere certificato da un ente terzo: dal momento che le sanzioni statunitensi sono tuttora imposte a tutte le società di certificazione potrebbe succedere che nonostante il gasdotto sia completato non si trovi un ente abilitato disponibile ad eseguire la certificazione. È probabile che sia questo l’argomento su cui le diplomazie tedesche e americane si confronteranno a breve: e Angela Merkel sarà chiamata a rimettere in gioco la sua abilità di negoziatrice e di nocchiera non solo della Germania ma di un’Europa che probabilmente avrebbe ancora bisogno di das Madchen.