Il cessate il fuoco tra azeri e armeni in Nagorno-Karabakh è durato lo spazio di un mattino.
Già il giorno dopo la firma degli accordi presi il 10 ottobre a Mosca e valevoli tanto per il cessate il fuoco quanto per lo scambio di prigionieri entrambe le parti si attaccavano a vicenda in vari punti.
I COMBATTIMENTI SONO RIPRESI SUBITO DOPO IL CESSATE IL FUOCO
L’Azerbaijan domenica ha annunciato di aver bombardato un reggimento armeno a seguito di quello che viene reputato un attacco armeno con razzi in un appartamento nella città di Ganja. L’Armenia ha negato ogni accusa.
Ieri,, il ministero della Difesa azero ha comunicato che le forze armene hanno tentato di attaccare le loro posizioni nelle regioni di Aghdere-Aghdam Fizuli-Jabrail regions, e avrebbero scaricato la loro artiglieria nelle regioni di Goranboy e Terter,
COSA SUCCEDE IN NAGORNO-KARABAKH
Dal canto suo, il Nagorno-Karabakh sostiene di aver inflitto parecchie perdite tra i nemici azeri, e di portare avanti operazioni militari di larga scala nell’area di Hadrut.
In questa situazione, il Cremlino, che aveva mediato il cessate il fuoco del 10 ottobre, appare impotente. Il portavoce Dmitry Peskov si è limitato a esortare le parti a rispettare il cessate il fuoco e a dichiarare di stare monitorando gli eventi.
In un comunicato, il ministro della difesa turco Hulusi Akar sostiene di aver parlato al telefono con il suo omologo russo Sergei Shoigu e di avergli detto che le forze armene devono abbandonare quanto prima le loro posizioni.
PREOCCUPAZIONI PER IL GAS E IL PETROLIO
Per quanto l’approvvigionamento azero risulta piuttosto marginale (3% del totale), nel Vecchio Continente si scrutano con preoccupazione eventi bellici che si consumano a pochi passi da due infrastrutture chiave come il Corridoio Meridionale del Gas, di cui il TAP è la parte finale, e l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan.
La compagnia energetica azera, la SOCAR, ha recentemente confermato che le infrastrutture nazionali che trasportano gas e petrolio stanno operando normalmente, anche grazie alle misure difensive adottate dalle forze armate dell’Azerbaijan. A ciò si aggiunga che, per il momento, gli scontri armati si stanno svolgendo in una zona non eccessivamente vicina alle infrastrutture energetiche.
Ma non è escluso che un estendersi del conflitto, magari con la partecipazione di attori esterni come Russia e Turchia, possa minacciare proprio le preziose infrastrutture azere.
SOUTH CAUCASUS PIPELINE E TAP
Come ricorda l’analista Fabrizio Anselmo in un focus per l’Ispi, il South Caucasus Pipeline (SCP) rappresenta il primo anello di congiunzione del Corridoio Meridionale del Gas, l’infrastruttura supportata dall’Unione europea e che trasporta il gas azero dal giacimento caspico di Shah Deniz sino alle coste pugliesi, dove sorge l’ultimo anello di congiunzione del Corridoio, il TAP; che è destinato a portare in Italia (e in Europa) fino a 10 miliardi di metri cubi all’anno.
Lungo 691 km, attraversa per 443 km l’Azerbaijan e per 248 km la Georgia, sino al confine con la Turchia dove si aggancia, proseguendo la sua corsa verso ovest, al Trans-Anatolic Pipeline (TANAP).
E qui l’Ispi rileva un primo problema perché un eventuale attacco al gasdotto da parte delle forze armene potrebbe bloccare le esportazioni del gas azero verso la Georgia e, in particolare, verso la Turchia e, di conseguenza, verso la Grecia. Con potenziali ripercussioni anche per l’Italia
L’OLEODOTTO BAKU-TBLISISI-CEYHAN
Parallelo al South Caucasus Pipeline, ricorda ancora l’Ispi, si dirama l’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyhan (BTC), attraverso il quale passa circa l’80% del petrolio esportato dall’Azerbaijan e diretto verso le coste turche sul Mediterraneo. L’oleodotto ha una capacità di circa 1,2 milioni di barili al giorno e viene prevalentemente alimentato dal greggio estratto nei due giacimenti azeri di Chirag e Gunashli, al quale si aggiungono le piccole quantità importate da Turkmenistan e Kazakistan.
A beneficiare dell’oleodotto è anche l’Italia, dato che una parte importante del petrolio diretto verso il nostro Paese attraversa il corridoio Azerbaijan-Georgia-Turchia.
Anche in questo caso, un eventuale bombardamento dell’oleodotto andrebbe a bloccare la quasi totalità delle esportazioni di greggio dell’Azerbaijan, con possibili danni anche sul piano dell’inquinamento ambientale.
MISSILI SULLE PIPELINE?
La compagnia petrolifera statale dell’Azerbaigian Socar ha poco da stare tranquilla perché durante le recenti ostilità sarebbero stati lanciati dei missili dalle forze armene che sono atterrati vicino alla linea petrolifera e al gasdotto, che scorrono uno vicino all’altro.
Il portavoce di Socar Ibrahim Ahmadov ha affermato che nessuno delle due infrastrutture è stata danneggiata e che pertanto i flussi sono regolari. Tuttavia ha avvertito che la minaccia per le infrastrutture rimane costante.