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Fusione Nucleare

Eni, chi sono i miliardari che finanziano la società col Mit per la fusione nucleare

L'articolo di Giusy Caretto

Alla ricerca della fusione nucleare perfetta: pulita e sicura. Negli ultimi 25 anni, i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology hanno creato e studiato un pezzo di sole, provando a replicare e padroneggiare la fusione nucleare, il processo che dà al sole tutta la sua energia.

Anche Eni ha scelto di entrare in partita: a marzo, infatti, il Cane a Sei Zampe ha sottoscritto un accordo col Mit che consentirà alla società di svolgere “congiuntamente programmi di ricerca sulla fisica del plasma, sulle tecnologie dei reattori a fusione, e sulle tecnologie degli elettromagneti di nuova generazione”. E a dire il vero, il suo interesse in questo processo innovativo non resta certo destinato ad esaurirsi nei confini a stelle e strisce. Anche in Italia è pronta nella ricerca per l’innovativa soluzione. (qui fatti e indiscrezioni nell’articolo di Start Magazine)

I VANTAGGI

Prima di addentrarci nei dettagli del progetto Mit-Eni, parliamo dei vantaggi del progetto di ricerca. Meglio, del suo risultato (se arriverà). Come si legge su Quartz, sfruttare la potenza di una stella artificiale sulla Terra per generare elettricità non produce emissioni di carbonio, di zolfo o di azoto. Il processo può essere attivato ogni volta che è necessaria energia (le energie rinnovabili sono intermittenti) ed è sicuro: non c’è il rischio che avvenga quanto successo a Fukushima ne 2011.

E GLI SVANTAGGI

Bisogna ammettere che ci sono anche svantaggi: produrrà rifiuti radioattivi (si tratta di rifiuti a bassa pericolosità, ben diversi dai rifiuti delle attuali centrali nucleari) e richiede lo sfruttamento dell’acqua, una risorsa che nell’ultimo periodo tende a scarseggiare.

IN ATTESA (E ALLA RICERCA) DELLA RIVOLUZIONE ENERGETICA

I vantaggi superano di gran lunga i (piccoli) svantaggi. E i ricercatori lo sanno bene. Gli scienziati del Mit, infatti, sono gli ultimi di una lunga serie: è dagli anni ’30 che si lavora a progetti simili. Negli ultimi 10 anni, però (complice anche il riscaldamento climatico e le nuove normi sulle emissioni) il settore è tornato ad essere vivace: sono numerose le startup che lavorano alla fusione nucleare per la produzione di energia pulita e sicura.

Ci sono investimenti pubblici (si guardi al progetto Iter che ha raccolto ben 22 miliardi di dollari) e privati (Tae Technologies è riuscita a racimolare, privatamente, fino ad 800 milioni di dollari).

Tra queste startup c’è anche Commonwealth Fusion Systems (CFS),  nata come spin-out del Massachusetts Institute of Technology, con sede a Boston e partecipata dall’italiana Eni, che sul progetto ha investito 50 milioni di dollari. I ricercatori, grazie al lavoro congiunto, sono convinti di poter portare sul mercato l’energia da fusione entro i prossimi 15 anni.

I FINANZIATORI DI CFS

Non solo competenza. A far credere che la startup Cfs possa realmente farcela sono anche i cospicui finanziamenti: secondo indiscrezioni di Quartz, infatti, la società è finanziata da Breakthrough Energy Ventures, un fondo finanziato da un gruppo di miliardari, inclusi Bill Gates, Jeff Bezos, Jack Ma, Mukesh Ambani e Richard Branson.

ENI IN ITALIA

Eni guarda anche all’Italia: altri due centri di ricerca per la fusione nucleare avranno sede proprio nel Bel Paese. Uno a Gela e uno a Venezia-Marghera, secondo le indiscrezioni di Start Magazine.

A maggio, infatti, Eni e Cnr hanno siglato una “partnership per l’avvio di attività di ricerca congiunte nell’ambito di aree tecnologiche e scientifiche strategiche per Eni e di potenziale grande impatto per il Paese come l’economia circolare, le energie alternative e la tutela ambientale”. Allo studio ci sarà anche la fusione magnetica.

Niente di concreto, invece, per quello che riguarda Porto Marghera, dove si vocifera di una possibile collaborazione Comune-università-Eni. Il Comune già aveva candidato la città come sede Enea per la fusione nucleare ma poi il bando è stato vinto da Frascati. A Venezia, come spiega Michele Arnese, si pensa in particolare ad aree che rientrano nell’accordo di scambio di terreni tra il Comune e l’Eni: saranno ceduti diversi lotti, come quelli dentro la zona del Petrolchimico.

E ancora. Sembra anche che un ruolo nella ricerca nel settore sarà appannaggio del centro Eni a Novara, che si occupa tra l’altro di rinnovabili.

(CHE COSA FARA’ ENI IN ITALIA SULLA FUSIONE NUCLEARE)

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