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Nucle

Macron si pappa Edf. Il passaggio allo Stato costa 10 miliardi

Fatti, numeri, scenari sulla nazionalizzazione di Edf da parte del governo transalpino. L’articolo di Mauro Giansante   Quasi dieci miliardi di euro, per la precisione 9,7. Questa la cifra che il governo parigino sborserà per passare dall’84% al 100% di controllo del colosso energetico transalpino Edf. Questo il valore dell’Offerta pubblica d’acquisto presentata tre giorni fa.…

 

Quasi dieci miliardi di euro, per la precisione 9,7. Questa la cifra che il governo parigino sborserà per passare dall’84% al 100% di controllo del colosso energetico transalpino Edf. Questo il valore dell’Offerta pubblica d’acquisto presentata tre giorni fa. Per acquisire il 15,9%, dunque, il costo per azione sarà di 12 euro.

In questo modo, il prezzo registra un premio del 53% rispetto alla quotazione del titolo rilevata in Borsa il 5 luglio, il giorno prima dell’annuncio della nazionalizzazione totale del gruppo fortemente indebitato.

E, inoltre, un +34% rispetto alla media borsistica dei 12 mesi precedenti. Infatti, dal 13 luglio la quotazione del titolo di Edf era rimasta in sospeso ed è ripresa la mattina di martedì. Il titolo è subito schizzato e ha chiuso a + 14,7% in apertura. Sopra gli 11,7 euro ad azione, vicino ai 12 euro proposti nell’Opa di Stato. La scorsa settimana, fonti di Reuters avevano diffuso la cifra di otto miliardi relativamente al costo della nazionalizzazione.

Eléctricité de France arrivò in Borsa 17 anni fa aprendo con un valore azionario di 32 euro. Alla vigilia della nuova acquisizione da parte dello Stato, il crollo ha portato a far valere il titolo meno di 8 euro.

GLI ULTIMI GIORNI (E CONTI) EUROPEI

La mossa parigina si inserisce nel contesto dell’azione europea e dei paesi membri di accelerare il distacco dalle forniture russe. Salvaguardando la transizione ma pensando con l’altro occhio all’emergenza di questi mesi. Un’emergenza sui prezzi, sulle materie prime, acuita dalla guerra di Putin in Ucraina ma già presente dal 2021.

La gravità della situazione è stata ribadita anche dal Fondo Monetario Internazionale. Che ha diffuso numeri e valutazioni in un’analisi a dir poco preoccupata in ottica europea per una eventuale interruzione dei flussi di gas da Mosca. Per l’Italia il rischio è una crollo del Più del 5,5%, ad esempio.

Certo, il Vecchio Continente non può dirsi immobile. Lunedì, Ursula von der Leyen e Kadri Simson sono volate a Baku per stringere l’accordo che garantirà il raddoppio delle forniture azere all’Unione. Ieri, invece, è stato presentato il documento d’azione contro ogni emergenza scatenata dai ricatti russi sull’export di gas. Con questo, l’Ue vuole mettere al sicuro il prossimo inverno. Ecco perché fissa l’obiettivo per tutti gli Stati membri Ue di ridurre la domanda di gas del 15% tra il 1 agosto 2022 e il 31 marzo 2023.

Anche l’Italia, nel mezzo di una pazza e insensata crisi di governo, ha intensificato la relazione con l’Algeria: Draghi e altri sei ministri hanno ottenuto, sempre lunedì, nuove garanzie di approvvigionamenti.

LA NAZIONALIZZAZIONE DI EDF È SOFFERTA? SÌ

Ma torniamo sul suolo francese. Anche a Parigi non si vive una fase politica propriamente tranquilla, dopo la risicata vittoria di Emmanuel Macron alle legislative di giugno. Ma sul fronte energetico la questione sul banco è quella di Edf.

L’obiettivo di Macron – con la nazionalizzazione del colosso energetico – è avere un maggiore controllo sulle fasi di ristrutturazione dell’azienda e per questo vorrebbe finalizzare il tutto entro ottobre o novembre, ma i tempi sono già stretti.

“Non sarà un’operazione che si compirà in giorni e settimane, ci vorranno mesi. Fornirò tutte le precisazioni necessarie nelle prossime settimane, ma non ora”, aveva affermato nei giorni scorsi il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire.

Quella della nazionalizzazione, però, rimane una mossa “inevitabile” a causa dell’ “enorme quantità di vincoli normativi ed economici” imposti alla società e del nuovo ambizioso programma nucleare francese, secondo Jean-Michel Gauthier, direttore dell’Energy & Finance Chair di HEC Paris.

Da un lato, infatti, ha tenuto banco la questione debitoria del gruppo. Secondo la legge francese, Edf deve vendere parte della sua elettricità nucleare alla concorrenza a un prezzo fisso (€42/MWh) e riacquistarla sul mercato come qualsiasi altro fornitore. A causa della pandemia e della guerra in Ucraina, però, l’attuale prezzo di mercato è superiore a 200 €/MWh, secondo l’operatore francese del sistema di trasmissione dell’elettricità RTE. Edf sta quindi vendendo in perdita per alimentare la concorrenza. Da qui, le denunce di “saccheggio” avanzate da parte di sindacati e non solo nei confronti di Eléctricité de France.

Inoltre, lo Stato ha anche chiesto a Edf di erogare 8 miliardi di euro per il cosiddetto “scudo tariffario” per limitare i prezzi del gas in tempi di crisi.

Negli ultimi anni, la capitalizzazione di mercato del gigante dell’elettricità è passata da 150 miliardi di euro nel 2007 a meno di 40 miliardi di euro oggi. Il debito stimato è di oltre 43 miliardi di euro, principalmente a causa dei ritardi nella costruzione dei suoi nuovi reattori di quarta generazione.

LE INTENZIONI DI EDF E MACRON SUL NUCLEARE

Ma da Gauthier la questione del debito è stata definita come “irrilevante”. Le sfide principali risiedono nel vasto programma nucleare dell’azienda. In primo luogo, Edf dovrà spendere più di 50 miliardi di euro entro il 2030 per prolungare la vita delle centrali nucleari esistenti. “Questi sono i problemi principali: cosa si deve fare con l’EPR 2, i reattori di terza generazione, il progetto ASTRID e i piccoli reattori modulari (SMR)”, ha affermato.

D’altronde, tutta Europa sta pensando a diverse soluzioni per affrancarsi dal gas russo. E le centrali, a carbone e nucleari, rientrano nel ventaglio delle opzioni. Macron a febbraio lanciò un piano di sei nuovi reattori nucleari di tipo EPR 2 “entro il 2028, con il primo reattore che sarà messo in servizio entro il 2035”. In più, occorrerà estendere il ciclo vita di quelli esistenti. “Spero che nessun reattore nucleare in uno stato di produzione venga chiuso in futuro, dato l’aumento molto significativo del nostro fabbisogno di elettricità. A meno che, ovviamente, non ci siano ragioni di sicurezza per farlo”, era stato l’invito di Macron.

Anche perché, scrivevamo qualche giorno fa su Energia Oltre, Parigi fa i conti con quella che possiamo definire “la tempesta perfetta”, con la produzione nucleare più bassa da oltre 10 anni, poiché metà dei 56 reattori del paese, a maggio erano spenti. Le difficoltà in Francia hanno spinto i prezzi dell’elettricità nel paese a livelli record. E questo “ha portato al regolare verificarsi di esportazioni (della Gran Bretagna) in Francia”, ha affermato Joe Camish, analista principale della società di consulenza Cornwall Insight.

LE POLEMICHE POLITICHE

Infine, come ciliegina sulla torta della complessa vicenda, non sono mancate le polemiche politiche. “Credo profondamente nel futuro di Edf”, ha detto il Ministro dell’economia e delle finanze Bruno Le Maire in risposta agli attacchi. Secondo le voci contrarie, infatti, il governo sta nazionalizzando la società in un momento in cui è probabile che subisca perdite massicce, colpite da tetti ai prezzi dell’energia e anni di ritardi sulle nuove centrali nucleari in Francia e Gran Bretagna con sforamenti di bilancio per miliardi di euro.

Non poteva mancare la dichiarazione della radicale di destra Marine Le Pen, fresca di doppia sconfitta alle elezioni francesi. Infatti, secondo la leader di RN, questo intervento ha come unico obiettivo “smantellare Edf, come esige l’Unione europea”. “Sarà una perdita molto importante sia dal punto di vista dell’indipendenza sia dal punto di vista finanziario per i francesi”, aveva aggiunto due settimane fa.

L’eco dei no alla mossa francese su Edf è arrivata in Spagna. Dove la vicepresidente del governo e ministra dell’Economia, Nadia Calvino, in alcune dichiarazioni ad “Onda Cero” aveva detto che la decisione del governo francese di nazionalizzare Edf risponde alle “difficoltà” che la Francia ha nel campo del nucleare, una situazione che non è paragonabile a quella della Spagna dove esiste una “diversificazione delle fonti energetiche”. Calvino aveva, inoltre, bollato la decisione di Parigi come “interessante” per chi sostiene che l’energia nucleare sia la soluzione. Citofonare Macron.

 

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