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Le mosse di Lockheed Martin e Mp Materials sui minerali rari per la difesa

Grandi movimenti in America nel settore dei metalli critici: il gruppo della difesa Lockheed Martin è in trattativa con alcune compagnie minerarie per l'estrazione dai fondali oceanici, mentre Mp Materials - che gestisce l'unica miniera di terre rare del paese - ha ricevuto un grosso investimento dal Pentagono, che ne diventa l'azionista principale. Tutti i dettagli.

Lockheed Martin, azienda statunitense dell’aerospazio e della difesa nota principalmente per i caccia F-35, ha avviato delle trattative con delle compagnie minerarie per l’estrazione di minerali critici dal fondale dell’oceano Pacifico.

Negli anni Ottanta, infatti, l’azienda aveva ottenuto dalle autorità americane due licenze esplorative nelle acque internazionali del Pacifico orientale, senza però mai avviarle a sfruttamento. Le cose, però, potrebbero cambiare ora per effetto sia delle tensioni con la Cina sulle forniture delle materie prime critiche per la difesa, l’energia, l’elettronica e l’automotive (come le terre rare, ma non solo), sia del rinnovato interesse verso il deep-sea mining.

LE PAROLE DI FRANK ST. JOHN (COO DI LOCKHEED MARTIN) AL FINANCIAL TIMES

Frank St. John, direttore operativo di Lockheed Martin, ha detto appunto che le compagnie minerarie hanno mostrato un “grande interesse” per i depositi minerari sottomarini dell’azienda. “Siamo nelle fasi iniziali di discussione con diverse società per dare loro accesso alle nostre licenze e consentire loro di lavorare questi materiali”, ha spiegato al Financial Times.

St. John non ha voluto fornire una stima del valore economico dei depositi minerari contenuti nelle licenze di Lockheed Martin, limitandosi a dire che le compagnie minerarie “hanno fatto i compiti e stabilito che c’è del valore”.

L’ORDINE ESECUTIVO DI TRUMP

Lo scorso aprile il presidente Donald Trump, per favorire lo sviluppo di filiere domestiche dei minerali critici e permettere di conseguenza una riduzione della dipendenza dalla Cina, ha firmato un ordine esecutivo per affermare il diritto degli Stati Uniti di emettere licenze estrattive nelle acque internazionali. Così, negli ultimi mesi diverse startup minerarie con sede negli Stati Uniti o comunque attive nel paese – come la canadese The Metals Company – hanno presentato richiesta al governo americano per ottenere delle licenze per l’estrazione di noduli metallici dai fondali. Questi noduli possono contenere nichel, cobalto, rame e manganese, tutti elementi necessari alla produzione di batterie per i veicoli elettrici, tra gli altri usi.

MA IL DEEP-SEA MINING È CONVENIENTE?

Quella del deep-sea mining, cioè dell’estrazione mineraria dai fondali profondi, è un’industria che di fatto non esiste ancora: non è chiaro, quindi, se avrà costi competitivi rispetto all’attività tradizionali a terra. Sappiamo però che solo due anni fa proprio Lockheed Martin dimostrò di non avere una grande fiducia nel settore perché vendette due licenze esplorative – legate, in quel caso, alle autorità britanniche – sempre nell’oceano Pacifico.

St. John ha spiegato al Financial Times che Lockheed Martin ha definito un piano per l’approvvigionamento da fonti alternative di germanio (la Cina vale da sola il 60 per cento della produzione globale) e di titanio, entrambi necessari per la produzione di sistemi di difesa.

CHI CRITICA IL PENTAGONO PER L’ACCORDO “CINESE” SULLE TERRE RARE

Sempre a proposito di difesa e minerali critici, il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (anche noto come Pentagono) è stato criticato per essere diventato il maggiore azionista di Mp Materials, società americana che gestisce l’unica miniera di terre rare della nazione: quella di Mountain Pass, in California, che però dipende parzialmente dalla Cina per la lavorazione della materia grezza (ha intenzione, tuttavia, di aprire un impianto per la produzione di magneti).

Mp Materials ha ricevuto dal Pentagono un investimento di 400 milioni di dollari e un ordine decennale di terre rare a un prezzo quasi doppio rispetto all’attuale valore di mercato: 110 dollari al chilo anziché 60 dollari. È raro, per il governo americano, investire direttamente in un’azienda, ma le terre rare – di cui la Cina controlla l’80-90 per cento del mercato mondiale – sono considerate critiche per la sicurezza nazionale ed economica.

Altre aziende del settore, però, hanno criticato l’investimento governativo perché troppo costoso e perché, se ripetuto, rischia di replicare in America il “modello cinese” di società sovvenzionate dallo stato. Queste aziende hanno parlato con il Financial Times ma non hanno voluto divulgare le loro identità per timore di venire penalizzate dalla Casa Bianca.

Per Mp Materials, invece, l’accordo con il Pentagono è un passaggio necessario per espandere le proprie capacità industriali e sviluppare un’economia di scala tale da permettergli di competere con i gruppi cinesi delle terre rare. L’azienda, peraltro, è sostenuta anche da Apple, che ha detto che destinerà 200 milioni di dollari per acquistarne i magneti – al momento, comunque, una loro produzione su scala commerciale non c’è -, che verranno poi impiegati nella manifattura degli iPhone e dei Mac.

Mp Materials, inoltre, interromperà le vendite di terre rare grezze alla compagnia parastatale cinese Shenghe, che si occupava della loro lavorazione. Ma Shenghe resterà azionista della società.

Il prezzo minimo, che il governo americano ha garantito a Mp Materials per gli ossidi di terre rare (neodimio e praseodimio, nello specifico), “è il livello di intervento statale che normalmente si vede in Cina”, ha dichiarato Gracelin Baskaran del think tank Center for Strategic and International Studies. Secondo Benchmark Mineral Intelligence, però, i bassi prezzi di mercato delle terre rare hanno finora impedito lo sviluppo di progetti in Occidente.

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