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Turchia Siria

Poseidon-Eastmed, le cose turche di Erdogan in Libia e le mosse di Italia, Grecia e Cipro

Quale sarà il futuro di Eastmed? L'approfondimento di Giusy Caretto con le ultime notizie su parole e azioni di Turchia, Italia, Grecia e Cipro

La situazione si complica nel Mediterraneo orientale. Tutto è intrecciato: il dossier Libia e le mosse della Turchia non possono scindere dal futuro di Eastmed (e dalla possibile diversificazione delle fonti per l’Italia). E così, mentre in Libia la tregua raggiunta a Berlino non è mai iniziata con Haftar che continua a bloccare la produzione di petrolio, la Turchia fornisce armamenti a Tripoli, seguita a perforare in acque cipriote e prova a imporre le nuove Zee, ridefinite tra le sole Turchia e Libia (in funzione anche anti Eastmed).

Intanto arrivano le prime reazioni italiane, con Di Maio che incontra il suo collega cipriota e condanna le mosse di Ankara. Andiamo per gradi.

DI MAIO CONDANNA MOSSE TURCHIA

Partiamo dalle reazioni. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha avuto un colloquio con il suo omologo turco, Mevlut Cavusoglu, durante il quale ha condannato le mosse della Turchia nel mediterraneo orientale. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, Di Maio avrebbe espresso “la preoccupazione dell’Italia per la presenza di navi turche impegnate in attività di perforazioni non autorizzate a sud della Zona economica esclusiva di Cipro”.

ITALIA PRONTA A COLLABORAZIONE

Durante il colloquio, l’Italia avrebbe anche teso la mano ad Ankara, per cercare una soluzione pacifica in “un’area di importanza strategica Per la ricchezza di popoli della regione”.

“Relazioni amichevoli tra i paesi vicini sono fondamentali per sfruttare appieno il potenziale”, ha detto il ministro italiano al collega turco: “Come paese amico della Turchia, l’Italia è pronta a lavorare insieme per abbassare i toni della contesa e favorire un ritorno al dialogo”.

L’INCONTRO TRA DI MAIO E IL COLLEGA CIPRIOTA

La preoccupazione di Di Maio per gli atteggiamenti di Ankara è stata ribadita anche in occasione dell’incontro tenutosi a Roma, il 29 gennaio, tra il titolare della Farnesina e il ministro degli esteri cipriota, Nikos Christodoulides.

I due Paesi, come si legge sul sito della Farnesina, “hanno convenuto che la delimitazione delle zone economiche esclusive e della piattaforma continentale dovrebbero essere affrontate attraverso il dialogo e i negoziati in buona fede, nel pieno rispetto del diritto internazionale e conformemente al principio delle relazioni di buon vicinato”.

 

ZEE: NUOVA DELIMITAZIONE INACCETTABILE

Dunque, la nuova delimitazione delle Zone Economiche del Mediterraneo fatta da Tripoli e Ankara (Erdogan rivendica parte delle Zone economiche esclusive di Grecia, Cipro, Egitto e Siria, mentre alla Libia spetterebbe parte della Zee greca e parte della Zee egiziana) è definita dai due ministri “inaccettabile” poiché “viola i diritti sovrani dei paesi terzi, non rispetta la legge del mare e non può produrre conseguenze giuridiche per i paesi terzi . [Dic, 2019 EC] È solo attraverso una cooperazione autentica e in buona fede che le risorse naturali nel Mediterraneo andranno a beneficio di tutti i popoli che vivono nella regione”, sostengono Di Maio e Christodoulides.

La Zee turco-libica. In blu la Zee pretesa dalla Turchia nel Mar di Levante e nell’Egeo. Fonte https://www.keeptalkinggreece.com

TURCHIA ARMA TRIPOLI

In barba a colloqui, telefonate, preoccupazioni e sostegni vari, la Turchia prosegue per la sua strada. Ieri, sono state avvistate nel porto di Tripoli due navi da guerra turche che scortavano mercenari siriani.

Le navi avrebbero fatto sbarcare mezzi militari destinati ad armare l’esercito di Tripoli.

L’ACCUSA DI MACRON

La mossa non è certo passata inosservata: dura la reazione del presidente francese Emmanuel Macron che per la prima volta ha accusato direttamente e pubblicamente il presidente turco Erdogan: “Navi turche hanno fatto sbarcare mercenari siriani sul suolo libico, il presidente turco non mantiene la parola data (a Berlino, ndr)”.

LIBIA, TREGUA MAI INIZIATA

A Berlino, infatti, il 19 gennaio è stata firmata la dichiarazione comune sulla Libia tra alcuni leader politici, tra cui il presidente turco Erdoğan, e ovviamente i protagonisti dello scontro Haftar e Al-Serraj (riconosciuto dall’Onu). Ma la tregua non è mai iniziata: mentre il generale Haftar continua a ordinare ai suoi miliziani di bombardare la periferia Sud di Tripoli e continua anche a stringere l’assedio sulla città di Misurata, permane il blocco petrolifero (qui i dettagli).

A RISCHIO EASTMED

Tutto questo si interseca con il futuro di Eastmed, un gasdotto di circa 1.900 chilometri che nel giro di tre anni – in teoria – dovrebbe collegare i giacimenti ricchissimi di gas nel mare di Israele e di Cipro con l’Italia, passando per la Grecia. Ankara è esclusa dal sistema Eastmed, ma con la ridefinizione delle Zone Economiche taglia il quadrante del Mediterraneo orientale, crea nuovi spazi per possibili esplorazioni e soprattutto diventa il Paese a cui proprio Cipro, Israele e Grecia dovrebbero chiedere il nullaosta per far approdare il gasdotto Eastmed prima sulle coste greche.

LA GRECIA CHIEDE CANCELLAZIONE MEMORANDUM

Che l’accordo con la Libia sui nuovi confini marittimi sia un modo per intralciare il gasdotto su cui hanno già trovato un accordo Atene, Nicosia e Gerusalemme lo testimonia anche la richiesta della Grecia a Bruxelles. Non invitata a Berlino per l’accordo sulla tregua in Libia, scrive Formiche.net, la Grecia ha fatto sapere che porrà il veto a qualsiasi iniziativa di pace sottoscritta da Bruxelles in mancanza della cancellazione del memorandum Tripoli-Ankara.

https://www.twitter.com/MarcoFlorianMED/status/1222589947259052033

IL MISTERO DI POSEIDON

E a proposito di Eastmed, l’Italia, nella versione definitiva del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec) presentato alla Commissione Europea, non ritiene Poseidon (il gasdotto che dovrebbe collegare all’Italia EastMed) una priorità, cancellandone la realizzazione per il momento, come fa notare Energia Oltre. “Il progetto – è scritto nel Pniec – pur potendo consentire dal 2025 una ulteriore diversificazione delle rotte attuali (l’Italia è il Paese che più di ogni altro all’interno dell’UE diversifica le proprie fonti), potrebbe non rappresentare una priorità visto che gli scenari di decarbonizzazione possono essere attuati tramite le infrastrutture esistenti e il summenzionato Tap”.

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