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Haftar

Eni, che cosa cela la mossa di Haftar sui pozzi in Libia

Fatti, numeri e conseguenze delle mosse di Haftar sui pozzi della Libia

Mentre a Berlino si sventolava la bandiera della pace per la Libia, in Libia continuava la guerra del petrolio. E prosegue ancora nonostante la tregua promessa: i terminal petroliferi della Libia sono ancora chiusi, dopo che milizie tribali fedeli ad Haftar hanno preso possesso e chiuso alcuni oleodotti del Paese, costringendo al fermo delle attività e alla riduzione della produzione.

COSA E’ ACCADUTO

Torniamo ai fatti. Una milizia vicina ad Haftar ha bloccato l’oleodotto che trasporta il greggio dal giacimento alla raffineria di Zawiya, sulla costa del Mediterraneo, e la valvola di arrivo dell’oleodotto che rifornisce la raffineria di Melliath, gestita dalla “MOG”, Mellitah Oil & Gas, la società in joint venture fra Noc (compagnia petrolifera nazionale della Libia) e l’italiana Eni.

Sono ferme tutte le esportazioni di petrolio dai porti di Brega, Ras Lanuf, Hariga, Zueitina e Sidra.

RIDUZIONE DELLA PRODUZIONE

La chiusura, sabato scorso, dei terminal petroliferi nella cosiddetta “mezzaluna del petrolio”, ha costretto la Libia aduna riduzione della produzione. Rallentano anche le attività nei campi di Shahara (dove Noc lavora con anche con Total e Repsol) e El-Feel, nel Fezzan. Ridotta anche la produzione del giacimento offshore di Al-Wafa.

LA STIMA DEI DANNI

Tutto questo, in numeri, si traduce in un taglio di circa 800 barili di petrolio al giorno, oltre due terzi dell’export libico, per un valore stimato, scrive Noc, di 55 milioni di dollari che ogni giorno non finiranno nelle casse dello Stato.

LA REAZIONE DELLA NOC

La National Oil Corporation ha ha condannato le mosse di Haftar, “Il settore petrolifero e del gas è la linfa vitale dell’economia libica e l’unica fonte di reddito per il popolo libico. Il petrolio e le strutture petrolifere appartengono al popolo libico. Non sono carte da giocare per risolvere questioni politiche “, ha detto il presidente della Noc Moustafa Sanalla, “La chiusura delle esportazioni e della produzione di petrolio avrà conseguenze di vasta portata e prevedibili. Se la chiusura è prolungata, dovremo affrontare il crollo del tasso di cambio, un aumento enorme e insostenibile del disavanzo nazionale, la partenza di appaltatori stranieri e la perdita della produzione futura che potrebbe richiedere anni per il ripristino. I principali beneficiari di questo atto saranno altri gli stati produttori di petrolio, a danno dei libici. È come dare fuoco a casa tua”.

PROBLEMI TECNICI

Il blocco, scrive Repubblica, potrebbe far degradare rapidamente gli oleodotti. “Per farli ripartire bisogna fare alcune manovre di manutenzione, magari sparare una grande palla di caucciù nei tubi, un proiettile che deve viaggiare per chilometri. Un’operazione fattibile ma da affidare a tecnici che adesso potrebbero non essere qui”, ha detto un ingegnere libico.

UNA RISPOSTA ALLA TURCHIA?

Che tutto questo sia una risposta alle mosse della Turchia? Forse. Il generale Haftar voleva mandare un messaggio a Erdogan, che ha iniziato il dispiegamento di proprie truppe a sostegno del governo guidato da Fayez el-Serraj e ha annunciato anche l’avvio di trivellazioni nelle acque libiche controllate da Serraj.

ENI SOTTO “ATTACCO”

Mittente del messaggio a parte, a pagare i danni per ora è Eni. “La produzione libica di Eni si aggira sulle 260 kboed (chilo barili di olio equivalente) su un totale di circa 1.9 milioni di kboed. Le strutture bloccate riguardano la produzione di greggio onshore mentre quelle offshore e di gas sarebbero ancora in produzione. Al momento riteniamo che il blocco produttivo abbia risvolti negativi ma temporanei per Eni. Solitamente i blocchi produttivi hanno breve durata e date le risoluzioni del summit di Berlino riteniamo che anche questa volta possano durare pochi giorni. L’impatto sulle stime 2020 dovrebbe essere quindi di modesta entità”, spiega Equita Sim.

LA PRESENZA DI ENI IN LIBIA

Le attività di Eni in Libia:

Area A, comprendente l’ex Concessione 82 (Eni 50%);
Area B, ex Concessione 100 (Bu-Attifel) e il Blocco NC 125 (Eni 50%);
Area E, con il giacimento El Feel (Eni 33,3%);
Area F, con il Blocco 118 (Eni 50%)
Area D, con il Blocco NC 169, nell’ambito del Western Libyan Gas Project (Eni 50%);
Area C, con il giacimento a olio di Bouri (Eni 50%);
Area D, con il Blocco NC 41, parte del Western Libyan Gas Project.

CONSEGUENZE PER L’ITALIA?

Nel 2019 la Libia ha fornito all’Italia 7 milioni di tonnellate di petrolio. È il nostro quarto esportatore, con una quota del 12,1 per cento sul totale.

TORNA LA PACE

Per avere un’idea più concreta delle conseguenze, comunque, bisognerà attendere le prossime ore. Haftar avrà la possibilità di dimostrare che la pace sbandierata in occasione della Conferenza di Berlino appena conclusa sia un obiettivo realmente perseguibile. Riaprirà i pozzi?

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