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Gas

Il Sole 24 Ore folgora l’Europa per la mossa anti Italia sul gas

Nella bozza della Commissione europea sulla tassonomia, le centrali a gas sono considerate sostenibili ma a precise condizioni. L'Italia ne esce danneggiata, scrive il Sole 24 Ore. Ecco perché.

 

Sul Sole 24 Ore Jacopo Giliberto, giornalista esperto di energia, ha scritto che, considerate le condizioni tecniche previste nella bozza della Commissione europea, gli investimenti italiani nelle centrali alimentate a gas naturale non rientrerebbero nella tassonomia per la finanza sostenibile, cioè le regole stabilite da Bruxelles per indirizzare i flussi degli investimenti verso destinazioni dall’impatto ambientale positivo.

LA BOZZA DELLA COMMISSIONE

Nella bozza della Commissione, gli impianti a gas sono considerati sostenibili, ma non tutti: solo quelli che produrranno quantità di emissioni inferiori ai 270 grammi di CO2 equivalente per kilowattora, che serviranno a sostituire impianti alimentati con combustibili fossili più inquinanti (come il carbone), che riceveranno i permessi di costruzione prima del 31 dicembre 2030 e che saranno dotati di un piano di transizione ai gas low-carbon entro la fine del 2035.

Considerati i requisiti, scrive Giliberto, “nell’elenco europeo dei progetti verdi finanziabili potrà rientrare qualche impianto marginale” italiano, che però “oggi non è previsto”.

I PROGETTI ITALIANI SUL GAS

In Italia ci sono quarantotto progetti di centrali a gas, che – pur rilasciando gas serra – potranno servire a dare sostegno alla rete elettrica del futuro. Per rispettare i target climatici dell’Unione, infatti, il mix elettrico italiano dovrà dare sempre più spazio alle fonti rinnovabili come l’eolico e il solare, che sono però intermittenti: producono energia, cioè, solo in determinate condizioni metereologiche. Circostanze avverse – come l’assenza di sole e vento – potrebbero complicare il soddisfacimento della domanda energetica.

Tra i progetti a gas più importanti citati dal Sole 24 Ore ci sono le centrali di Brindisi Sud Cerano, La Spezia, Civitavecchia e Monfalcone. In totale, i quarantotto impianti avranno una capacità di 20mila megawatt e richiederanno una spese di circa 10 miliardi di euro. Ma, viste le loro caratteristiche, potrebbero non rientrare nella tassonomia europea e quindi non potranno accedere a investimenti e finanziamenti “verdi”.

REQUISITI EMISSIVI E FATTIBILITÀ TECNICA

“La bozza europea”, scrive il Sole 24 Ore, “pare disegnata invece per rendere più sostenibile la transizione energetica di Paesi oggi molto esposti verso il carbone, come la Polonia, la Repubblica ceca o la Germania”.

Come accennato, per definirsi verdi e rientrare nella tassonomia, le centrali a gas dovranno produrre delle quantità di emissioni inferiori ai 270 grammi di CO2 equivalente per kilowattora; dal 2030, però, il valore si abbassa a 100 grammi per KWh. “Obiettivi simili non sono conseguibili nemmeno con le nuove turbine di classe H ad altissima efficienza”, scrive Giliberto.

COSA PUÒ FARE L’ITALIA

Per accedere ai finanziamenti verdi, i progetti a gas previsti in Italia dovrebbero venire integrati con impianti a idrogeno (potrebbe essere il caso della centrale a carbone di Enel a Marghera, in fase di dismissione, vicina a quella a idrogeno di Fusina). Oppure si potrebbero abbassare i livelli di emissione attraverso l’utilizzo di tecnologie per la cattura del carbonio: Eni ha un progetto di questo tipo nel mare Adriatico, a Ravenna, che però non ha ricevuto fondi dal PNRR. O ancora, l’Italia potrebbe puntare sul biometano, ottenuto da residui organici e rimuovendo l’anidride carbonica.

“Ma per ora”, ricorda Giliberto, “in Italia progetti come questi non sono ancora stati affinati e messi a punto”.

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