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Gli Stati Uniti stanno rovinando i piani dell’Opec sul petrolio

L'Agenzia internazionale dell'energia prevede un aumento della domanda di petrolio nel 2024. I prezzi sono aumentati leggermente. Ma l'influenza dell'Opec su questo mercato è minacciata dai produttori esterni al cartello, in particolare dagli Stati Uniti

Giovedì, dopo la pubblicazione delle nuove previsioni dell’Agenzia internazionale dell’energia, si è verificato un aumento dei prezzi del petrolio: i contratti (futures) del Brent, il riferimento internazionale basato sul mare del Nord, sono cresciuti dell’1,6 per cento a 79,1 dollari al barile; quelli del West Texas Intermediate, il riferimento statunitense, del 2 per cento a 74 dollari.

Nel 2023 il Brent ha perso circa il 10 per cento nel 2023, chiudendo l’anno a un prezzo di 77 dollari al barile.

COSA DICONO LE PREVISIONI DELL’AIE E DELL’OPEC SULLA DOMANDA DI PETROLIO

Le previsioni dell’Agenzia internazionale dell’energia concordano grossomodo con le valutazioni dell’OPEC (il cartello dei paesi esportatori) circa un aumento della domanda petrolifera mondiale, anche per via del freddo estremo che sta interessando gli Stati Uniti – i maggiori consumatori di greggio del pianeta – e che ha indotto il governo ad attingere alle scorte di combustibile.

Secondo l’ultimo rapporto mensile dell’Agenzia, nel 2024 la domanda di petrolio crescerà di 1,24 milioni di barili al giorno, 180.000 in più di quanto precedentemente stimato. I volumi previsti dell’OPEC sono però molto maggiori: 2,25 milioni di barili al giorno in più nell’anno in corso e 1,85 milioni di barili in più nel 2025, arrivando così a 106,2 milioni.

UN MERCATO “BILANCIATO”, SECONDO BIROL

Il direttore dell’Agenzia, Fatih Birol, ha detto a Reuters di aspettarsi comunque un mercato petrolifero “bilanciato” tra domanda e offerta, nonostante le tensioni in Medioriente. Tensioni che al momento, comunque, non hanno stravolto il commercio di energia attraverso il mar Rosso: le navi petroliere continuano infatti ad attraversare lo stretto di Bab el-Mandeb nonostante gli attacchi degli houthi alle imbarcazioni portacontainer.

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, l’aumento della domanda di petrolio è dovuto al miglioramento dell’economia globale ma anche all’espansione del settore petrolchimico in Cina. Quanto al bilanciamento tra domanda e offerta, l’organizzazione fa notare la notevole crescita dell’output da produttori esterni all’OPEC, come il Canada, il Brasile, la Guyana e soprattutto gli Stati Uniti.

SURPLUS DI PETROLIO IN VISTA?

L’Agenzia ritiene che, qualora l’OPEC+ (la versione allargata del cartello degli esportatori, capeggiata da Arabia Saudita e Russia) dovesse sospendere la politica di tagli alla produzione introdotta verso la fine del 2022 per sostenere i prezzi del greggio, potrebbe verificarsi un surplus di offerta petrolifera sul mercato.

Nel secondo trimestre del 2024 i tagli alla produzione dei paesi OPEC dovrebbero concludersi.

L’IEA pensa anche che la domanda di petrolio raggiungerà il picco nel 2030 per effetto della transizione alle energie pulite; l’OPEC non concorda con questa visione.

INTANTO, GLI STATI UNITI…

Gli Stati Uniti sono i maggiori produttori di petrolio al mondo e la scorsa settimana hanno estratto la quantità record di 13,3 milioni di barili al giorno. Come ha scritto Quartz, l’America sta producendo più greggio di qualsiasi altro paese nella storia.

Per effetto della potenza fossile statunitense e dell’incremento della produzione anche in Brasile e in Guyana, la quota  di mercato dell’OPEC+ è scesa al 48 per cento, il minimo dal 2016, cioè dall’allargamento del cartello ad altri esportatori. Se l’OPEC+ dovesse decidere di agire per recuperare il market share perduto, rimuovendo i tagli e mettendosi a estrarre greggio in grandi quantità, i prezzi internazionale del petrolio potrebbero calare parecchio per effetto del surplus, danneggiando le economie di questi paesi molto dipendenti dalla materia prima.

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