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ArcelorMittal e Thyssenkrupp riusciranno a ridurre le emissioni?

Nonostante i miliardi ricevuti in aiuti di stato, i produttori europei di acciaio non sono sulla buona strada per ridurre le emissioni di gas serra. Per riconvertire la siderurgia non bastano i sussidi, però: servono tecnologie mature ed energia pulita a prezzi accessibili.

Pur avendo ricevuto corposi aiuti di stato, l’industria siderurgica europea rischia di mancare gli obiettivi di riduzione delle emissioni. I produttori di acciaio hanno fissato dei target climatici “piuttosto ambiziosi, ma se guardiamo alle loro prestazioni in questo momento, non riusciranno a raggiungerli”, ha dichiarato al Financial Times World Benchmarking Alliance, un ente che si occupa di misurare i progressi delle aziende rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

TUTTI GLI AIUTI AI GRUPPI EUROPEI DELL’ACCIAIO

Dal 2022, stando ai calcoli di Aria, la Commissione europea ha autorizzato sovvenzioni statali per oltre 8 miliardi di euro ad alcune delle principali compagnie siderurgiche per supportare i loro investimenti nelle tecnologie a basse emissioni. Il gruppo indiano-lussemburghese ArcelorMittal, ad esempio – il più grande produttore di acciaio in Europa e il secondo al mondo -, ha ricevuto 3 miliardi per i suoi progetti di sostituzione del carbone con il gas naturale e l’idrogeno nei processi siderurgici. Il conglomerato tedesco Thyssenkrupp ha ottenuto 2 miliardi, mentre la società indiana Tata Steel 500 milioni di sterline dal governo britannico.

I calcoli di World Benchmarking Alliance dicono che la siderurgia e le altre industrie pesanti europee dovrebbero ridurre la loro intensità carbonica (cioè il rapporto tra la produzione e le emissioni, in breve) tre volte più velocemente del tasso attuale entro i prossimi cinque anni o non riusciranno ad allinearsi all’obiettivo di contenimento del riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi, previsto dall’accordo di Parigi sul clima. Wood Mackenzie sostiene però che “siamo più su una traiettoria di riscaldamento di 2,5 °C”.

QUANTO COSTA DECARBONIZZARE LA SIDERURGIA

Il passaggio alle tecnologie “pulite” per l’acciaio dovrebbe insomma accelerare, anche considerate le previsioni dell’Agenzia internazionale dell’energia, che parlano di un aumento di oltre un terzo della domanda globale di questa lega al 2050 rispetto ai livelli del 2020. Oggi il settore siderurgico è responsabile del 7-9 per cento delle emissioni totali di CO2. Wood Mackenzie stima un costo di 1400 miliardi di dollari al 2050 per la decarbonizzazione delle industrie del ferro e dell’acciaio.

FORNI ELETTRICI E RIDUZIONE DIRETTA DEL FERRO

Molte società siderurgiche europee stanno investendo nei forni elettrici ad arco, meno inquinanti degli altoforni tradizionali perché possono essere alimentato con energia elettrica pulita, non richiedono l’uso di carbone coke e permettono di produrre acciaio a partire dai rottami, eliminando dunque le emissioni connesse alla lavorazione del ferro. L’acciaio da rottami, tuttavia, non ha la stessa qualità dell’acciaio da altoforno e dunque non può sostituirlo in tutti gli utilizzi.

Per abbattere ulteriormente le emissioni del ciclo siderurgico, le aziende dovranno affiancare i forni elettrici a degli impianti di riduzione diretta del ferro. La riduzione diretta è un processo che utilizza il gas naturale – e in prospettiva l’idrogeno da fonti pulite – per far reagire il minerale ferroso e ottenere un materiale chiamato preridotto; il preridotto viene poi passato nel forno elettrico, dove diventa acciaio.

COSA DICONO ARCELORMITTAL, THYSSENKRUPP E LE ALTRE AZIENDE DELL’ACCIAIO

ArcelorMittal ha spiegato di aver bisogno di 10 miliardi di dollari per raggiungere l’obiettivo di ridurre del 25 per cento l’intensità carbonica dell’acciaio prodotto entro il 2030, e stima che la metà di questa cifra proverrà da finanziamenti pubblici. Ha detto anche che i fondi europei sono subordinati all’utilizzo dell’idrogeno verde (cioè ricavato da fonti di energia pulita), che però non è ancora disponibile su larga scala e a prezzi competitivi.

Thyssenkrupp, invece, ha garantito che la sua produzione siderurgica avrà un impatto climatico neutro (le emissioni generate, cioè, saranno compensate o rimosse) entro il 2045. Salzgitter, il secondo maggiore produttore di acciaio in Germania, ha ricevuto contributi pubblici per 1 miliardi di euro e sta investendo 1,3 miliardi per dotarsi di tecnologie per l’acciaio green entro il 2026.

Nel Regno Unito, Tata Steel ha intenzione di costruire un forno elettrico ad arco nell’acciaieria di Port Talbot.

A detta di Adolfo Aiello, vice-direttore generale di Eurofer, l’ente di rappresentanza dell’industria siderurgica europea, i produttori di acciaio nel Vecchio continente hanno stilato piani di riduzione delle emissioni “più ambiziosi” rispetto a quelli negli Stati Uniti e in Asia. Ha aggiunto che la decarbonizzazione del settore dell’acciaio dipende dal prezzo e dalla disponibilità di energia e di idrogeno puliti, ma “in Europa la velocità di disponibilità di questa energia non è rapida e il prezzo di questa energia è molto alto”.

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