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Perché l’Europa si gasa contro la Turchia per le esplorazioni di gas e petrolio vicino Cipro

L'articolo di Alessandro Sperandio

Non sono piaciute all’Unione europea le perforazioni offshore avviate dalla Turchia nel Mediterraneo orientale. Per questo Bruxelles ha intenzione di congelare parte dei contatti ad alto livello con Ankara e ridurre il flusso di fondi verso il paese. Per il momento, però, niente sanzioni nei confronti delle società turche coinvolte nelle esplorazioni.

PRONTA UNA BOZZA DI ACCORDO EUROPEA SULLA TURCHIA

I diplomatici europei, ha evidenziato Bloomberg, hanno acconsentito a formulare una bozza di decisione che avrebbe dovuto essere approvata oggi dai ministri degli Affari esteri del Vecchio Continente. Tuttavia, ha poi chiarito Agenzia Nova, la situazione tra Turchia e Cipro “non è nell’agenda di Bruxelles, ma si parlerà di come dare seguito alle decisioni prese nel Consiglio europeo di giugno in merito”. A sotttolinearlo è stato l’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, entrando al Consiglio Affari esteri dopo aver parlato con il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, in merito all’attività turca nel Mediterraneo est. In ogni caso, il testo, anticipato da Bloomberg stesso, chiede la sospensione dei negoziati sugli accordi riguardanti l’aviazione con Ankara, la sospensione delle riunioni ministeriali programmate, la riduzione degli aiuti e l’invito alla Banca europea per gli investimenti a rivedere i prestiti alla Turchia. L’Ue dovrebbe ribadire, inoltre, di essere al lavoro sulle sanzioni alla luce della decisione turca di avviare trivellazioni vicino le coste cipriote. Turchia e Cipro, infatti, sono in totale disaccordo sullo sfruttamento delle riserve di gas offshore nel Mediterraneo orientale, rivendicate dai ciprioti e contestate da Ankara. La Turchia ha inviato navi da esplorazione nella zona, una mossa che Cipro ha definito come una violazione della sua sovranità.

ESCALATION UE-TURCHIA, RELAZIONI A LIVELLO MINIMO

I leader europei si sono schierati apertamente dalla parte di Cipro nella disputa, dichiarando il mese scorso che erano pronti a prendere in considerazione sanzioni vere e proprie se la Turchia avesse continuato a perforare in mare aperto. Queste potrebbero colpire aziende, privati e settori di esplorazione e produzione di idrocarburi offshore della Turchia, anche se tali misure non erano ufficialmente sul menu delle opzioni discusse questa settimana. Questa escalation, tuttavia, segna un nuovo minimo nelle relazioni tra Ue e Turchia, in costante peggioramento da quando il presidente Recep Tayyip Erdogan ha portato avanti una serie di riforme costituzionali che Bruxelles, sostiene, indebolirebbero le salvaguardie democratiche del paese. Per la Commissione europea, Ankara si sta allontanando ulteriormente dalla prospettiva di un’eventuale adesione all’Ue, e alcuni Stati membri, come la Germania e la Francia, hanno preso in considerazione la possibilità di accantonare formalmente i lunghi negoziati. Inoltre, la Turchia stessa sta vivendo una fase di incertezza dopo l’allontanamento del governatore della banca centrale turca e la prospettiva di sanzioni statunitensi originate dalla decisione di Erdogan di acquistare missili russi.

UE CAUTA, IN BALLO C’È L’ACCORDO SUI FLUSSI MIGRATORI

Nonostante le nuove tensioni nel Mediterraneo, prosegue Bloomberg, l’Ue cerca di frenare per evitare l’acuirsi dei rapporti che rischierebbe di mettere una pietra sopra l’accordo migratorio del 2016, in base al quale la Turchia gestisce la maggior parte dei flussi di rifugiati verso l’Europa in cambio di assistenza finanziaria. Tant’è vero che il mese scorso i leader europei hanno imposto alcune sanzioni mirate che in questa fase non sono state attivate. Un diplomatico europeo ha riferito a Bloomberg che l’Ue cercherà un equilibrio tra l’invio di un chiaro messaggio ad Ankara e un accordo su misure che non danneggeranno gli interessi europei un taglio completo dei legami con Ankara. L’Unione europea vuole mantenere aperte alcune linee di comunicazione in settori come la migrazione e il terrorismo, ha detto il diplomatico.

LA DIFFICILE SITUAZIONE FINANZIARIA DI ANKARA

Come racconta il Sole 24 Ore, in tutta questa vicenda, la Turchia deve affrontare anche una difficile situazione a livello finanziario: “L’agenzia Fitch Ratings, ad esempio, ha abbassato la valutazione del debito a lungo termine in valuta straniera a BB-, portando allo stesso livello della Grecia, ossia tre scalini sotto l’investment grade”. Ciò, ha spiegato l’agenzia, è dovuto al “’processo politico decisionale meno prevedibile in un contesto in cui i bilanciamenti istituzionali sono stati erosi, con la concentrazione di poteri nella presidenza’, in riferimento generale a quanto accaduto dopo il tentato golpe del 2016 e in modo specifico alla inattesa rimozione del capo della banca centrale Murat Cetinkaya la scorsa settimana. Un evento che ha contribuito a indebolire la lira, andata sotto forte pressione anche venerdì (perdendo fino all’1,9%, dopo il circa 3% di calo accusato lunedì dopo la notizia della ennesima interferenza presidenziale nella politica monetaria) sulla scia dei primi arrivi di componenti del sistema per la difesa aereo russo S-400” che “avvicina la possibilità di sanzioni americane”. Senza dimenticare che “le scelte per Erdogan diventano sempre più complicate: se pure desidera che i tassi siano abbassati per supportare la crescita, una loro diminuzione potrebbe provocare fughe di investitori. Negli ultimi due anni la lira ha perso circa il 40% del suo valore sul dollaro: attirarsi sanzioni Usa in questo momento non sembra certo la politica più saggia. Ma forse Erdogan – indurito da 16 anni di potere sempre più ferreo – conta sul fatto che, dopotutto, all’Occidente non convenga tirare troppo la corda, per cercare di evitare di spingerlo ancora di più verso un abbraccio con Mosca e verso orientamenti ancora più spiccatamente contrari agli interessi e alle politiche occidentali”.

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